ARTICOLI CONTRO L'ABORTO-ARTICOLI CHE DICHIARANO L'ABORTO UN CRIMINE CONTRO L'UMANITA'-ARTICOLI CHE SPIEGANO CHE IL FETO E' UNA PERSONA DOTATA DI UN'ANIMA SPIRITUALE.

martedì 26 febbraio 2008

DAL CAMMINO CRISTIANO-TESTIMONIANZA SULL'ABORTO

Testimonianze sull'aborto
conseguenze dell'aborto sulla famiglia e sulla nostra generazione

Testimonianza di Catherine e Michel Hermenjat(traduzione dalla rivista francese "Aimer & Servir" della Union Evangélique Médicale e Parmédicale, 48 rue d'Elbeuf ­ 76410 Freneuse - Numero 132, Dicembre 2002)
[Catherine] Ho incontrato Michel all'età di 17 anni ed essendo nata in una famiglia "moderna", mia madre mi ha sempre detto: "Fai le tue esperienze sessuali, gira il mondo prima di sposarti". Già all'età di 16 anni mi ha accompagnata da un ginecologo, affinché potessi prendere la pillola. Malgrado ciò, a 18 anni mi sono ritrovata incinta. Quando i miei genitori lo hanno saputo, per loro era subito chiaro che non avrei potuto tenere il bambino. Erano molto delusi. C'era una sola soluzione, l'aborto.Sono stata messa di fronte a tutti gli argomenti che le persone evocano in casi del genere: "Sei troppo giovane. Non sei in grado di occuparti di un bebè. Non hai ancora finito gli studi. Un bambino ora ti farebbe cominciare la vita con un handicap. Cosa potreste offrire a questo bambino, ora? Come farete a vivere? Se vi sposate a causa di questa gravidanza, non date nessuna chance alla vostra coppia." Quest'ultimo argomento ha avuto un peso enorme nella bilancia dei pro e dei contro.Michel non ha osato dire la sua opinione, sua madre gli ha consigliato di non immischiarsi: "È una cosa da donne". Allora si è limitato ad accompagnarmi per fare tutte le pratiche necessarie. Siamo andati in un consultorio e da quel momento si è aperta un'autostrada davanti a noi. Secondo il loro punto di vista, dal momento che eravamo andati a consultarli, era chiaro che avevamo optato per l'aborto. Allora ci hanno dato una lista di medici favorevoli all'aborto e che lo praticavano. Nessuno ci ha parlato delle conseguenze. Nessuno ci ha chiesto se quella era veramente la nostra decisione o se subivamo pressioni esterne. Quello fu il periodo più tormentato di tutta la mia vita.Mi sono sentita abbandonata, sola. Così ho pensato che l'unica cosa da fare, come mi avevano detto al consultorio, era quella di abortire. Qualcuno mi ha detto che quella era la cosa migliore per il bambino, perché nascere in un contesto del genere non era bello per lui. Allora ho fatto quella scelta dolorosa, pensando che fosse la cosa migliore per tutti, anche per il bebè.Mi ricordo esattamente del giorno, della stagione, del tempo che faceva, mentre entravo nella clinica a Losanna. Mi ricordo l'anestesia. Michel era lì al mio risveglio. Non avevamo il coraggio di guardarci o di dirci qualcosa. I mesi seguenti sono stati molto delicati per la nostra coppia. Ancora oggi mi stupisco che la nostra coppia abbia sopravvissuto a quella prova.Otto mesi dopo ci siamo sposati, con l'idea di partire all'estero per dimenticare. Ma il progetto sfumò. In Svizzera è tradizione che il pastore, durante la cerimonia religiosa per il matrimonio, regali alla coppia una Bibbia. Così abbiamo cominciato a leggerla insieme e tre mesi dopo abbiamo deciso di seguire Gesù insieme.È stato durante la seconda gravidanza, sentendo il bambino muoversi dentro di me e, soprattutto, dopo il parto, prendendo quel piccolo essere nelle mie braccia, che ho potuto misurare l'impatto dell'aborto. Prima di tutto, le conseguenze a livello fisico: la placenta non si staccò in modo naturale. Difficoltà che si ripresentò nel parto successivo. Il medico mi spiegò che si trattava di una conseguenza del raschiamento abortivo. Così ho dovuto subire un intervento artificiale per liberarmi della placenta. Ogni volta persi molto sangue e mi fu praticata una trasfusione. Ma le conseguenze psicologiche furono ancora più dure. Tutto è cominciato quando, per la prima volta, ho tenuto tra le braccia il mio primo bebè. Ho capito quanto la vita di un bambino è preziosa, è fragile, indifesa, ma così determinata a vivere. Questo mi ha buttata in un profondo senso di colpa.Durante la quarta gravidanza, cioè per il nostro terzo figlio nato vivo, il dottore mi ha preparata all'eventualità dell'ablazione dell'utero, subito dopo il parto. L'ecografia mostrava che il problema dell'aderenza della placenta all'utero si stava aggravando. Questo ci ha fatto molto riflettere in coppia. Ci siamo umiliati davanti a Dio e gli abbiamo sinceramente chiesto perdono e abbiamo chiesto la preghiera di guarigione. Il pastore ha praticato l'unzione d'olio, come indica la Bibbia, e il Signore mi ha perfettamente guarita. Una settimana più tardi ho partorito e la placente si è staccata senza problema, lasciando l'equipe medica, riunita alle 3 del mattino, a bocca aperta. Per me, fu la sicurezza del pieno perdono di Dio. I due parti successivi si sono svolti senza problemi.Ma parliamo delle conseguenze psichiche: il senso di colpa è immenso e non c'è bisogno di essere credenti per provarlo: "Merito di avere altri bambini, dopo quello che ho fatto?" Alcune donne non sopportano di incrociare una donna con la carrozzina, cambiano marciapiede. Alcune donne non riescono a toccare il loro bambino. Altre hanno difficoltà ad allattare. Ci sono incubi notturni, tristezza improvvisa, senza ragione apparente, uno stato depressivo e soprattutto perdita dell'autostima: "Sarò veramente una buona madre?" L'inizio di una nuova gravidanza è più difficile. C'è anche molta collera e questo ha delle conseguenze sul rapporto con gli altri figli.Per quel che mi riguarda, ho vissuto diversi anni di depressione. Tre o quattro anni dopo la nascita del mio ultimo figlio, ho incontrato una donna che mi ha detto che i miei cicli di depressione potevano essere causati dal fatto di non aver fatto il lutto del bambino abortito. E infatti ho potuto constatare che i miei stati depressivi si producevano regolarmente alla data d'anniversario dell'aborto. Ogni anno, facevo una depressione di tre o quattro settimane, sempre nello stesso periodo. Michel ed io abbiamo così deciso di partecipare ad una terapia di gruppo per persone ferite dall'aborto, che permetta loro di ri-umanizzarsi. In effetti, riflettendoci, per arrivare all'aborto, occorre disumanizzare il bambino e, nello stesso tempo, se stessi. Così, ci è stato permesso di ri-umanizzarci e di ri-umanizzare anche il bebè. E questo è indispensabile per fare il lutto di un bambino che non abbiamo mai visto. Bisogna togliere il divieto di pensare a questo bambino. È permesso immaginarlo. Così sia Michel che io abbiamo avuto un'intuizione comune riguardante il sesso del bambino. Entrambi pensavamo che fosse stato un maschietto. E abbiamo voluto dargli un nome. Tutto questo fu determinante per entrambi per il processo di lutto. È stato un cammino difficile, che ha sconvolto la nostra coppia. Ma la verità ci libera. Durante questa terapia ho potuto capire anche l'impatto dell'aborto sugli altri figli. Quando abbiamo cominciato a discutere di questo con i nostri figli, non ho dovuto nemmeno mettermi al posto loro, per immaginare ciò che provavano.Anche i miei genitori avevano abortito il loro primo figlio, poco prima del loro matrimonio e, più ci pensavo, più mi rendevo conto del mio malessere, perché mi sentivo come la sopravvissuta ad un aborto. Nel fare tutto questo percorso, sono stata spinta da una doppia motivazione: guarire io stessa dal mio male e capire questa tragedia per evitare il più possibile che uno dei miei figli potesse seguire la stessa strada. La storia si ripeteva, eravamo di fronte ad un vero e proprio circolo vizioso e bisognava uscirne a tutti i costi. Ho capito anche quanto il mio atteggiamento di sopravvissuta, avesse ferito e destabilizzato i miei figli. Utilizzavo molta energia per giustificarmi e proteggere la mia esistenza. D'altro canto pensavo che, avendo eliminato il mio primo figlio, dovevo essere punita in qualche modo e che uno di loro avrebbe potuto morire. Così, non osavo affezionarmi a nessuno di loro. Spesso non ho saputo sostenerli, quando ne avevano bisogno, perché mi sentivo sommersa dai loro problemi e non ho saputo difenderli, cosa che anche una gatta sa fare con i suoi piccoli. So che i miei figli hanno sofferto per questo.Abbiamo realizzato che li avevamo privati di un fratello maggiore. Con la convinzione che si trattava di un maschietto, abbiamo detto ai nostri cinque figli, uno alla volta, che non abbiamo saputo accogliere il nostro primo figlio, il loro fratello maggiore. Il bilancio era pesante, occorreva riconciliarci con i nostri figli. Abbiamo chiesto loro perdono e li abbiamo rassicurati. Io mi sono impegnata verso i miei figli a cambiare e ad imparare a proteggerli.Mia figlia maggiore ha avuto una reazione che ci ha molto stupiti, dicendo: "Adesso capisco perché ho sempre saputo che io non dovevo essere la maggiore della famiglia! Ho vissuto fino ad ora con questa sensazione di malessere, per aver preso il posto di qualcun altro!"Nelle settimane seguenti i suoi risultati scolastici sono migliorati sensibilmente.Abbiamo anche capito la necessità di riconciliarci in coppia. Volevamo assolutamente rompere questo circolo vizioso. In effetti durante questo cammino di guarigione, Michel ed io abbiamo scoperto che entrambi provenivamo da famiglie che avevano fatto ricorso all'aborto. Senza minimizzare la nostra responsabilità, penso che questo abbia influito molto nelle nostre vite e nella nostra coppia. Ora volevamo che questo circolo vizioso trans-generazionale fosse interrotto.Il Signore ci ha guidati, attualmente viviamo delle belle cose in famiglia. Egli ha rialzato il nostro capo.
Testimonianza post-aborto di Michel Hermenjat
In passato ero favorevole all'aborto, ma ho cambiato idea. Mia moglie ed io abbiamo fatto ricorso all'aborto, circa vent'anni fa, pensando di risolvere una situazione e di fare la scelta giusta. Molti ci hanno incoraggiati, ma le conseguenze fisiche e psicologiche furono molto grandi. Tutta la nostra vita di coppia ed anche la relazione con i nostri figli nati vivi, sono stato sconvolte dall'aborto.Avevamo pensato che la nostra vita sarebbe continuata come prima, ma ci sbagliavamo. Restava una traccia, come un'assenza. Abbiamo avuto bisogno di molto tempo, prima di poterne parlare in coppia e poi con i nostri figli. Da cinque anni abbiamo deciso di parlarne con altri e spesso incrociamo la strada di coppie che condividono con noi la loro sofferenza, per aver fatto ricorso all'aborto.Spesso oggi si tende a minimizzare le conseguenze psicologiche derivanti da un aborto. Ed è anche vero che vent'anni fa nessuno ci ha proposto un'alternativa. Come uomo, l'aborto mi ha ferito. È il mio più grande fallimento: ho accettato la peggiore delle soluzioni. E soprattutto, non ho realizzato l'angoscia della mia compagna. Però, ho avuto anche il sentimento di essere stato tradito. Mi avevano assicurato che l'aborto avrebbe risolto un problema momentaneo. Invece è stato proprio l'opposto. La vera felicità per un padre è imparare a dare la sua vita per i suo figli. È una trappola per un uomo pensare che può sganciarsi dalla sua responsabilità o può disporre impunemente di un diritto sulla vita dei suoi figli.Oggi testimonio per evitare che altri vivano tutto questo dolore. È molto difficile per un padre fare il lutto di un bambino abortito. Ma nella mia esperienza la Grazia chiesta e ricevuta, dal Risorto, ha guarito la mia famiglia e le ha dato sicurezza e speranza.
http://camcris.altervista.org/aborto.html

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