ARTICOLI CONTRO L'ABORTO-ARTICOLI CHE DICHIARANO L'ABORTO UN CRIMINE CONTRO L'UMANITA'-ARTICOLI CHE SPIEGANO CHE IL FETO E' UNA PERSONA DOTATA DI UN'ANIMA SPIRITUALE.

venerdì 29 febbraio 2008

EBRAISMO ED ETICA MEDICA

Kesher - Ebraismo ed etica medicaDare la vita, togliere la vitaKesher, in collaborazione con l’AME ha organizzato tre incontri sul rapporto tra etica medica e tradizione ebraica. Nel primo incontro, rav Colombo e Gemma Martino, medico chirurgo e psicoterapeuta, hanno trattato il tema dell’eutanasia. Per la Martino vi è la necessità di promulgare una legge che, come in Olanda e Belgio, regoli le modalità di un intervento medico per aiutare il sofferente che lo desideri a morire con dignità anticipando il momento del decesso. Per rav Colombo, la tradizione ebraica è assolutamente contraria all’eutanasia attiva. Il medico non è il padrone della vita ma il suo fedele custode pertanto a lui è dato il compito di curare ma mai di accorciare, anche se di un solo istante, la vita di una persona. Citando una testimonianza di Francesco D’Agostino, presidente del Comitato nazionale di Bioetica, rav Colombo ha fatto notare che in Inghilterra, Paese in cui gli ammalati terminali vengono realmente assistiti dal punto di vista medico e psicologico, i casi di richiesta di eutanasia sono tutt’oggi assai rari.Diversa, invece, è l’opinione della tradizione ebraica nei confronti dell’accanimento terapeutico. La Halakhà, infatti, permette al medico di non somministrare inutili farmaci che non servono ad alleviare il dolore o quelli che impediscono la morte naturale di un paziente in fase terminale. Nel secondo incontro, Mauro Buscagli, primario ginecologo dell’ospedale S. Carlo e rav Colombo hanno trattato i temi dell’inseminazione artificiale e dell’aborto. Buscagli ha spiegato con grande chiarezza le diverse possibilità di inseminazione artificiale e i problemi etici e legali che potrebbero sorgere a riguardo. L’ebraismo, non è contrario all’inseminazione artificiale, a patto che il marito e la moglie siano realmente impossibilitati ad avere figli in modo naturale. In casi estremi, la Halakhà permette che l’inseminazione avvenga anche adoperando il seme di un donatore ma in tal caso è necessario considerare la questione in profondità ascoltando il parere di un rabbino competente. Per quanto riguarda l’aborto, Mauro Buscagli ha spiegato le varie fasi della gestazione e gli atteggiamenti che le diverse culture ed etnie hanno nei confronti delle interruzione della gravidanza.L’ebraismo vieta l’aborto, a meno che questo non serva a salvare la vita della madre, che può, tuttavia, decidere di portare avanti una gravidanza a rischio.Secondo alcuni Maestri, l’aborto è permesso anche per evitare alla madre delle depressioni che potrebbero causare gravi problemi neurologici.Nel terzo incontro, Elena Assi, medico estetista e rav Colombo hanno trattato il tema dei trapianti di organi. La dottoressa ha spiegato che nei casi di trapianti di organi vitali come fegato e cuore, l’espianto va effettuato quando il donatore è in stato di morte clinica da almeno sei ore, durante le quali viene tenuto in stretta osservazione medica. Trapianti di organi non vitali, come la cornea o la pelle, posso essere prelevati anche dopo il decesso.Rav Colombo, che ha dedicato la sua lezione alla memoria dell’amico Itzchk Siegelman deceduto poco tempo dopo un trapianto di rene, ha trattato il precetto di aiutare chi si trova in pericolo secondo le varie opinioni rabbiniche. Per il rabbinato centrale dello Stato d’Israele, al fine di salvare vite umane, è permessa la donazione di organi vitali ma solo nei casi in cui il donatore sia affetto da un grave trauma cranico con conseguente morte cerebrale che gli impedisce una naturale respirazione. Rav Colombo ha però riportato diverse opinioni riguardo all’argomento. Ovviamente in questo contesto abbiamo considerato solo le conclusioni delle tre serate di studio che sono state ricche di spunti di discussioni e di dibattito. I programmi dei prossimi incontri saranno comunicati quanto prima.L’ebraismo vieta l’aborto, a meno che questo non serva a salvare la vita della madre
http://www.mosaico-cem.it/mostra_bollettino_com2.php?id=4

EBREI ED ABORTO

Nel dibattito sulla 194, poco rilievo è stato dato a posizioni diverse da quella della Chiesa? Anche se le norme della legge ebraica si applicano solo a una piccola minoranza, può esser interessante descrivere le linee essenziali sia del comportamento cui dovrebbe conformarsi un ebreo, sia più in generale delle implicazioni del concetto di diritto alla vita del feto.
Innanzitutto, il ricorso all'aborto può essere circoscritto se la donna fa uso, secondo norme precise, dei metodi contraccettivi consentiti dalla legge ebraica (per esempio la pillola). Se la prosecuzione della gravidanza mette in pericolo la vita della madre, è doveroso intervenire per salvarla; infatti, a differenza di quella della madre, la vita del feto è ancora da ritenersi dubbia. L'uomo non è padrone del suo corpo: quindi "Io sono mia" non è un'affermazione compatibile con il pensiero e la legge ebraica. Da qui la necessità per la donna di interpellare un'autorità rabbinica competente che, dopo averla ascoltata ed essersi consultata con un medico, deciderà caso per caso. L'autorità interpellata ha il dovere di salvaguardare la vita del feto, ma compatibilmente con la salute psicofisica della madre.
Ma il potere morale, per parlare di diritto alla vita del feto, si acquisisce dimostrando di rispettare in concreto la vita dell'uomo; il diritto alla vita del feto potrà essere meglio salvaguardato se prima si saranno create le condizioni per salvaguardare il diritto alla vita di quanti sono già nati.
Non mi sembra abbiano questo potere coloro che hanno ispirato la propria azione a ideologie idolatrie totalitarie che sono state la causa prima delle camere a gas e dei gulag: il Fascismo, il Nazismo e il Comunismo di Stato. Prima di parlare di diritto alla vita, gli eredi di quelle ideologie aberranti devono fare un esame di coscienza e rinnegare il proprio passato, per poter poi iniziare una seria autoeducazione al rispetto della vita di ogni uomo, indipendentemente dalla religione che professa, dalle idee che ha e dal colore della sua pelle. Secondo l'Ebraismo, questo scopo si raggiunge attenendosi a procedure precise che non consentono scorciatoie e che hanno bisogno di tempi lunghi e di una continua verifica.
Ma il concetto di diritto alla vita ha altre importanti implicazioni. Nel corso dei secoli la Chiesa e molte fra le culture che si sono ispirate all’insegnamento cristiano, hanno negato il valore alla vita umana in quanto espressione di modi diversi di esprimere la propria umanità; superati e condannati i metodi dell’Inquisizione rimane irrisolto il nodo dell’evangelizzazione e della politica conversionistica, che rappresenta la negazione totale del concetto del diritto ad esprimere il proprio senso della vita, dell’accettazione dell’altro, del diverso, così com’è senza malcelati rimpianti per la sua mancata conversione.
È pur vero che con il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha iniziato un processo di revisione nei confronti del popolo ebraico; tuttavia, le vicende degli ultimi tempi sembrano chiaramente dimostrare che sarà necessario ancora molto tempo perché le nuove idee possano veramente trovare applicazione nella quotidianità e radicarsi nei cuori cristiani.
Il problema non riguarda tanto il popolo ebraico che ha alle spalle secoli di resistenze alle lusinghe conversionistiche. La Chiesa si prepara infatti ad aprire il terzo millennio con un ampio programma di evangelizzazione di popoli che esprimono antiche civiltà, diverse da quella cristiana, spingerli alla conversione, spesso mascherata o edulcorata con il mantenimento di alcuni usi locali, espropriarli della propria cultura per colonizzarli, non è un’azione che va nel senso del riconoscimento del diritto ad esprimere il proprio senso della vita, ma piuttosto nella direzione opposta.
La molteplicità delle culture e la diversità sono un segno di ricchezza.
All’uomo moderno spetta il compito di combattere le politiche espansionistiche che tendono a cancellare le caratteristiche peculiari di importanti civiltà, per imporre modelli culturali dell’Occidente cristiano: la sopravvivenza dei Vatussi o delle tribù dell’Amazzonia è forse obiettivo meno importante della salvaguardia del panda?
La Repubblica 1995
http://www.morasha.it/zehut/sb01_aborto.html

IL DOTTOR N.NATHANSON DA ABORTISTA AD ANTI-ABORTISTA

La testimonianza del dott. Bernard Nathanson
Uno dei fondatori del movimento abortista negli Stati Uniti, il dott. Bernard Nathanson, famoso ginecologo di New York, dichiarandosi responsabile di 75.000 aborti, oggi si prodiga in tutto il mondo, con il Movimento per la vita, affinché sia rispettato il diritto alla vita di ogni uomo sin dal suo concepimento.In Irlanda a Dublino, durante la campagna per il referendum del 7 settembre 1983 sul "Pro‑Life Amendment", vinto con una maggioranza di due terzi dal Movimento per la vita, Nathanson ha pronunciato un discorso che tutti devono conoscere.Eccone la traduzione.
Dopo la pubblicazione in America del mio libro, tre anni fa, sono stato spesso invitato a tenere conferenze con il deputato Henry Hyde, eminente rappresentante del movimento per la vita nel Congresso degli Stati Uniti. La stampa, a proposito di queste conferenze, ha coniato l'espressione "Hyde Show"; in effetti il deputato Hyde è alto un metro e 70 cm, pesa 125 kg, assomiglia ad un giocatore di rugby o di calcio. Oratore brillante ed agile, con una folta chioma argentea, si presenta così: "Sono un feto, vecchio di 660 mesi...".
Parlerò oggi di politica e di chirurgia abortiva in generale, accennando specialmente agli emendamenti "pro‑life", alla Costituzione. Ci battiamo per una penalizzazione definitiva ed irrevocabile dell'aborto. A quelli, che pur essendo contrari all'aborto, giudicano l'emendamento della Costituzione una misura inutile e troppo drastica, rispondo menzionando elementi di storia americana per convincerli dell’utilità di questa mossa tattica.
Molti hanno sentito parlare di me come del "direttore della più grande clinica abortiva del mondo", il "Centro per la salute sessuale e riproduttiva" (Crash), di New York. In dieci anni, come fondatore e direttore di questa clinica, ho effettuato numerosissimi aborti: 60.000 dal febbraio 1972 al settembre 1973, vale a dire dalla liberalizzazione dell'aborto. Avevo 35 medici alle mie dipendenze. La clinica operava dalle 8 del mattino a mezzanotte dei giorni feriali e festivi, escluso solo il giorno di Natale. lo stesso ho effettuato privatamente circa 15.000 altri aborti e così sono responsabile in tutto di circa 75.000 aborti. Non sono fiero di questi dati statistici, ma è necessario tenerli presenti. Il mio discorso ne guadagnerà in credibilità e autorità.
Sono stato uno dei fondatori della Naral (National association for repeal of abortion law), l'unione nazionale per l'abrogazione della legge sull'aborto, chiamata più tardi "Lega d'azione per il diritto all'aborto" (Abortion rights action league). Quest’ultima fu il primo gruppo politico attivo per la legalizzazione dell'aborto negli Stati Uniti, fondato da Laurence Lader, Betty Freedan, nota femminista, Carol Brightcer, attiva nella politica a New York City, e da me, nel 1968. A quell'epoca era temerario fondare un movimento simile.
Eravamo in pochi, i nostri mezzi limitati (7.500 dollari il primo anno) ed era audace l'idea di voler cambiare le leggi sull'aborto. Secondo sondaggi non ufficiali, il 99,5% dell'opinione pubblica a New York City era contro una legalizzazione dell'aborto. Noi quattro fondatori, riuscimmo però in due anni a rovesciare a New York la legge contro l'aborto in vigore da 140 anni. Questa città divenne così la capitale dell'aborto in America. Tre anni più tardi, su nostra richiesta, la Corte Suprema legalizzò l'aborto nei 50 Stati dell'Unione. La nostra tattica, per realizzare il nostro scopo, è stata con piccole varianti, la stessa di quella usata in tutto il mondo occidentale. Per chi mi ascolta, è importante saperlo. Vale per tutti: per l'Italia, per il Canada, come per la Gran Bretagna. In questo momento la lotta infuria nella cattolicissima Spagna. Non c'è società occidentale che venga risparmiata. Tutte ne subiscono il contagio.
Nel 1968, il nostro gruppo, la Naral, era consapevole di andare incontro ad una sconfitta nel caso di un sondaggio serio ed onesto. Indicammo così ai mass‑media e al pubblico i risultati di un sondaggio fittizio, nel quale, secondo noi un 50‑60% degli americani erano favorevoli alla liberalizzazione dell'aborto. La nostra tattica consisteva nell'invenzione di dati frutto di consultazioni popolari inesistenti. Il nostro obiettivo divenne presto realtà. Il pubblico, al quale dicevamo che tanti erano per l'aborto, mutò opinione e diventò davvero favorevole all'aborto. Vorrei dunque consigliare di essere molto critici e guardinghi di fronte a informazioni, diffuse dalla stampa e da notiziari della radio e della televisione: purtroppo l'informazione inesatta e tendenziosa rimane per gli abortisti il metodo migliore di propaganda.
Drammatizzando la situazione, trovammo appoggi nella popolazione. Falsificammo i dati sugli aborti clandestini (sapevamo che il loro numero si aggirava intorno ai 100.000) dando ripetutamente al pubblico e alla stampa la cifra di un milione. Così anche HitIer, ripetendo il falso, riuscì a convincere tutta la Germania della veridicità di quanto asseriva. Sapevamo che la mortalità annuale negli aborti clandestini era di circa 200‑250 donne. Noi invece dicevamo che ogni anno morivano circa 10.000 donne per aborto clandestino. Questi dati fittizi influenzarono l'opinione pubblica americana che si convinse della necessità di cambiare la legge.
Il primo anno dopo la liberalizzazione, il numero degli aborti conosciuti salì ad almeno 750.000. Questa cifra, salì nel 1980 a 1,55 milioni, secondo i dati ufficiali. L'aumento degli aborti, dalla loro legalizzazione, si è dunque moltiplicato per 15 (dai 100.000 di prima si è passati infatti a 1,55 milioni nel 1980). Questa constatazione basta a dimostrare quanto fosse nefasta la nostra propaganda.
Una delle nostre tattiche consisteva nel convincere la gente che la penalizzazione dell'aborto avrebbe aumentato considerevolmente il numero degli aborti clandestini. Invece dai dati qui sopra elencati, risulta il contrario: è lecito pensare, che nel caso di una penalizzazione torneremmo ad una cifra vicina a quella anteriore, cioè a circa 100.000.
L'aumento degli aborti dopo la loro liberalizzazione sta anche a dimostrare la diminuzione nella popolazione del senso di responsabilità in materia sessuale. Attualmente l'aborto viene considerato da molti alla stregua di un controllo delle nascite e non c'è la possibilità di fermarne la valanga.
Ci siamo pure serviti della cosiddetta "carta cattolica", rivelatasi molto proficua per la nostra propaganda. Nel 1968 l'opinione pubblica da noi si schierava contro la guerra del Vietnam. Tutti, giovani, studenti ed intellettuali compresi, erano contrari a questa guerra. La gerarchia cattolica invece la appoggiava ancora. Noi, alludendo a questo suo atteggiamento, ed evocando quello da lei adottato di fronte all'aborto, tirandone conseguenze a nostro profitto, guadagnavamo alle nostre idee, quelli che erano contrari a questa guerra (e dunque, secondo noi, favorevoli all'aborto... ). Confidando nell'appoggio dei cattolici, cosiddetti intellettuali e liberali, evitando di attaccare il Papa, per non alienarci simpatie, combattevamo invece la gerarchia cattolica, convincendo i mass‑media della sua influenza negativa in merito al problema della liberalizzazione dell'aborto.
Ho conservato alcuni documenti inerenti alla mia attività di allora. Si tratta di circolari, mandate ai nostri gruppi d'azione, con le quali denunciavamo l'atteggiamento della Chiesa cattolica in materia. I mass‑media se ne impadronirono ed ebbero così un grande impatto sull'opinione pubblica. Ecco alcuni esempi di questa propaganda. Circolare dei 12 maggio 1972 della Naral: parlando dei presidente Níxon, «gli si rimproverava di essersi messo d'accordo con la gerarchia cattolica ed ì] cardinale Cooke, nella campagna contro l'aborto a New York, per ottenere voti». Anche nel Michigan, continua il documento, Nixon «militò contro l'aborto assieme alla gerarchia cattolica, rischiando di far degenerare la questione in una guerra di religione». «La gerarchia cattolica è decisa ad imporre le sue opinioni in materia d'aborto, e presto sarà in pericolo la Carta dei diritti, perché il cardinale Cooke farà legge anche nelle nostre camere da letto. Inammissibile che la Chiesa, legiferando imponga ad una donna di avere un figlio contro la sua volontà. L'esperienza di New York ha dimostrato l'inesorabilità della gerarchia cattolica, la sua totale mancanza di rispetto dell'opinione della maggioranza dei cattolici». In questo modo siamo riusciti a dividere i cosiddetti cattolici liberali dalla loro gerarchia e a infrangere la loro resistenza all'aborto.
Ancora un estratto della circolare: «Sondaggi d'opinione confermano nuovamente che la maggioranza dei cattolici desidera una riforma della legge. Lo dimostra il numero delle donne cattoliche che hanno praticato l'aborto: corrisponde alla loro percentuale nella popolazione totale».
Quanti inganni, quante bugie!
Altro argomento in nostro favore: cercare di stigmatizzare una Chiesa gerarchica e reazionaria, spingendo i cattolici liberali a cambiar campo, schierandosi con noi in favore di una revisione della legge: «molti cattolici, pur non essendo personalmente per l'aborto, pensano che le donne debbano scegliere loro stesse la via da seguire in un campo tanto privato. Per sostenerle, consigliamo l'organizzazione in gruppi dei cattolici in favore di un cambiamento della legge».
Citiamo un altro documento estratto dal Protocollo di un incontro al vertice avvenuto a Chicago il 9 gennaio 1971, presente l'elite dei nostro movimento: politici, deputati, senatori ed alti funzionari. «La maggior opposizione alla revisione della legge sull'aborto viene dalla Chiesa cattolica e dalle organizzazioni da lei appoggiate e finanziate come il "movimento per il diritto alla vita" (Right to life movement). Tutti i presenti sono al corrente della loro propaganda in questo senso. Sarà dunque importante sostenere movimenti di cattolici in favore della liberalizzazione dell'aborto, come quello di personalità attorno a Robert Dyman, deputato, e al cardinale Cushing». Quest'ultimo non era mai stato fautore di una revisione della legge. Diffondendone però la falsa notizia, siamo riusciti a convincere una certa quantità di cattolici indecisi e ad attirarli dalla nostra parte.
In un altro documento, sotto il titolo "Profilo dell'opposizione" la Naral afferma: «L'opposizione (cioè la Chiesa cattolica) rappresenta una minaccia, dispone di mezzi finanziari importanti, è ben organizzata e possiede una rete funzionale di comunicazioni. I suoi argomenti polarizzano l'attenzione su certi valori religiosi, a danno di una società democratica». Chi invece predicava e con grande successo una polarizzazione religiosa, eravamo noi!
Questa nostra campagna di propaganda serviva:
a) a convincere i mass‑media che gli antiabortisti erano tutti cattolici o cripto‑cattolici, sottomessi alla gerarchia;b) che i difensori dell'aborto erano invece colti, liberali, intellettuali, progressisti;c) che a parte i cattolici, nessuno era antiabortista.
Invece le Chiese ortodosse orientali, le "Churches of Christ", I'"American Baptist Association" la Chiesa luterana, le Chiese metodiste, l'Islam, l'Ebraismo ortodosso, i Mormoni, le "Assemblies of God" (la più grande comunità ‑ 15 milioni ‑ di Pentecostali negli Stati Uniti) erano all'unanimità contro l'aborto.
Diverse comunità religiose avevano una posizione più mitigata senza però ammettere la liberalizzazione dell'aborto: la "Lutheran Baptist Convention", la Chiesa americana luterana, la Chiesa presbiteriana, e le Chiese battiste.
Questa lista impressionante di Chiese non fu però mai pubblicata, e la nostra propaganda si limitò a denunciare la Chiesa cattolica.
Ho sotto gli occhi una notizia del "Religions news service" apparsa due settimane fa in Giappone, Paese nel quale il cattolicesimo è ben poco diffuso. Ora un movimento importante nel Parlamento chiede l'abrogazione della legge dei 1949, che aveva autorizzato l'aborto; ciò per le catastrofiche conseguenze socio‑economiche.
I documenti da me citati, asseriscono che è anticostituzionale, da parte di gruppi religiosi, combattere l'aborto in violazione della legge che sancisce la separazione tra Stato e Chiesa. Tacciono invece sul fatto che nel 1850 e nel 1860 furono pastori protestanti i promotori del movimento contro la schiavitù, che Martin Luther King, il difensore dei diritti civili per tutti era anche lui pastore e che preti cattolici come i Barrigan furono attivi nella campagna contro la guerra del Vietnam, al punto di essere perfino incarcerati per parecchi anni.
Questo fu il nostro modo tendenzioso di presentare le cose. Quando, da noi, la Conferenza episcopale si pronunciò per la sospensione delle armi atomiche, fu lodata dalla stampa per le sue idee progressiste. Nessuno criticò questa "ingerenza" negli affari dello Stato. Questa stessa Conferenza episcopale fu però aspramente criticata e attaccata quando appoggiò una mozione parlamentare che chiedeva la revoca della legge permissiva sull'aborto. Sfortunatamente sarà molto difficile ottenere questa revoca. Si tratta non solo di reprimere la tendenza attuale e di modificare un articolo della Costituzione, ma anche di annullare una sentenza della Corte Suprema.
Consiglio ai gruppi "Pro Life'' della vostra Repubblica di tirare le dovute conseguenze dalla nostra esperienza, prima che la vostra Corte Suprema vi imponga una legge simile alla nostra.
A parte la "carta cattolica" due altri metodi ci guidavano nella nostra propaganda.
Il primo consisteva nel negare, malgrado le prove scientifiche attuali, che la vita ha inizio con il concepimento, che dunque nell'utero esiste già una persona, e che quest'ultima pretende protezione e sicurezza come noi.
Il secondo metodo consisteva nell'influenzare i mass‑media, ed era senz'altro il più efficiente.
Spesso mi si domanda: dottore, come è possibile che lei abbia cambiato così radicalmente strada e quali ne sono i motivi?
Ecco: la risposta.
Quando lasciai la clinica, diventai direttore della divisione maternità di un grande ospedale di New York, la Columbia University Medical School. Ero responsabile del servizio prenatale. Nel 1973, quando assunsi questa carica, erano appena state scoperte e usate nuove tecnologie, come ultrasuoni, amniocentesi, cardiotopografia, per appurare la salute del feto.
La seconda tattica (giocando la "carta cattolica") consisteva nel negare la prova scientifica - ora irrefutabile ‑ dell'inizio della vita già a partire dal concepimento. Insistiamo sul fatto che questo problema non deriva dalla scienza ma dalla teologia, dal diritto, dall'etica, e dalla filosofia. I gruppi favorevoli all'aborto ribadiscono il fatto che è impossibile stabilire scientificamente l'inizio della vita.
A dimostrazione della futilità di questa asserzione, cambiamo la parola “vita” con la parola “morte”. Se, come lo vorrebbero i gruppi abortisti, quest'ultima derivasse da un concetto morale, giuridico o teologico, ma non scientifico, sarebbe impossibile certificare la morte di qualcuno e i morti dei nostri cimiteri avrebbero diritto di voto. La mancanza di una definizione per la morte, in contrapposizione alla vita, creerebbe un caos totale.
Difatti nel 1976 il presidente Carter incaricò una commissione di trovare una definizione della morte e di presentarla al Congresso, in modo che medici, avvocati, giudici ed altri potessero servirsene per dichiarare morta una persona. Da una parte tanti sforzi per definire la morte, dall'altra la dichiarazione dei gruppi abortisti, secondo i quali non si può definire la vita...
Dobbiamo invece definirla. E’ una esigenza non solo scientifica, ma anche giuridica e morale. La vita si può definire: inizia dal concepimento, dalla fecondazione, e a partire da questo momento, l’essere concepito è un essere umano. Non esiste un altro momento nell'utero materno, nel quale da una "non‑persona" un essere diventa "persona", Non esiste nessuna mutazione subitanea durante la gravidanza e la vita è un filo continuo, dall'inizio alla fine.
Credo quindi che l'aborto sia un atto di violenza inammissibile e che rappresenti la distruzione sistematica della vita umana. Pur ammettendo il fatto che una gravidanza non desiderata può creare gravi problemi, non è con la distruzione della vita che se ne troverà la soluzione, ma nella ricchezza dell'ingegno umano. L'aborto è una capitolazione di fronte a problemi sociali spiacevoli, una accettazione della violenza.
Come scienziato so ‑ non credo, ma so ‑ che la vita ha inizio con il concepimento. Benché io non sia praticante, credo con tutto il cuore ad una esistenza divina che ci impone di mettere irrevocabilmente un termine ad un tale delitto.
La storia non ci perdonerebbe una mancanza di coraggio, un fallimento.
Vi ringrazio.
Nota: il sito del dr. Nathanson è www.silentscream.org - da qui si possono scaricare filmati video di aborti. Data la crudezza delle scene, la visione è raccomandata esclusivamente a un pubblico adulto.


http://camcris.altervista.org/aborto.html

ROBERTA TESTIMONIA SUL VIDEO "IL GRIDO SILENZIOSO"

Testimonianza relativa al video: "Il Grido silenzioso"

Un saluto affettuoso a tutte e tutti quelli che leggeranno questo messaggio.
Il mio nome è Roberta e come potete immaginare, non è per caso che scrivo sull’argomento, ebbene sì, anche se mi fa male solo ripeterlo, io ho abortito ed è stata l’esperienza peggiore della mia vita.
Il fatto stesso che sia qui ora a parlarne su questo sito può farvi comprendere che me ne sono amaramente pentita, pur non riuscendo a rimuovere il costante dolore che provo.
Perciò cari amici, in qualsiasi condizione vi troviate, sappiate che non ne vale mai la pena, una vita è impagabile, soprattutto quella di vostro figlio!
Ripetetelo in continuazione a voce alta: "è mio figlio, è mio figlio, è mio figlio!". E’ un modo per prendere coscienza di quello che vi sta accadendo, io non mi sono resa conto di quale prezioso dono avessi dentro me, e me ne pento e me ne vergogno ogni istante da quel giorno.
Non avevo capito, anche se può sembrarvi stupido, che cosa stessi facendo. Sono arrivata a prendere quella maledetta decisione troppo velocemente e troppo superficialmente, per paura di affrontare quello che sarebbe avvenuto, ma vi assicuro che se ora potessi avere con me la mia creatura, non me ne fregherebbe di niente e di nessuno, ma solo di lui o lei.
Che importa di quello che dicono gli altri, le chiacchiere passano e dopo poco, la notizia non fa più scalpore a nessuno, mentre convivere tutta la vita con il rimorso e sentendo immensamente la mancanza di vostro figlio, quello sì che è un supplizio, ed è solo vostro.
Vi ripeto, niente vale quanto la vita di vostro figlio!
Il mio messaggio, però, non si conclude qui.Come potete vedere, è collocato nella pagina del famoso "video" in cui è mostrato un aborto in diretta.
Ora, con profonda umiltà confesso la mia debolezza ed ammetto di averlo visto "dopo" il fatto, anche se mi era stato vietato.
Ma adesso, posso dirvi: NON VEDETELO DOPO!
Questo video è un forte monito contro l’aborto, perché penso che nessuna futura madre sarebbe in grado di farlo, dopo aver visionato un video del genere. Ma ATTENZIONE, è UNA PESSIMA CURA per il post-trauma……avete capito?
Vi supplico, con tutto il cuore, di non vederlo per curiosità o per qualsiasi altro motivo, se avete già abortito, io ci sono passata e posso assicurarvi che è crudele, nel vero senso della parola.
Vi farà un male indicibile prendere coscienza di come è realmente avvenuto. Adesso ho capito che è anche una mancanza di rispetto nei confronti di quella piccola creatura poiché avrebbe una forte componente masochista. Dunque non aggiungete male al male, e non cercate di farvi più male di quanto già non proviate, se siete arrivate a questo sito "dopo", significa che ve ne siete pentite, perciò non c’è motivo di rendere più doloroso il vostro cammino verso la grazia e il perdono di Dio.
Nessuno come chi ci è già passato, può dirvi cosa si prova, quindi ancora una volta vi supplico di non lasciarvi prendere dalla tentazione di vederlo se avete già perso il vostro bambino, niente purtroppo ve lo renderà e questo acuirebbe solo il vostro dolore. Pensate a vostro figlio e per rispetto verso di lui non guardatelo, almeno questo potete farlo per lui.
Scusate la mia prolissità, ma il problema mi tocca in prima persona e ne soffro tantissimo, per questo non voglio che anche voi commettiate lo stesso errore!
Che il Signore ci accompagni sempre e guidi i nostri passi…..

Roberta

http://www.adorto.com/

AVVERTENZE PE LA VISIONE DEL VIDEO "IL GRIDO SILENZIOSO"

Essendo un professore di Religione, nel passato mi sono trovato a dover insegnare per vari anni in un Istituto Tecnico Femminile, ove la richiesta della trattazione dell’argomento dell’aborto era continua. E fu proprio per l’insistenza di tali richieste delle alunne, che volevano assolutamente vedere il filmato del Dott. Nathanson “IL GRIDO SILENZIOSO”, che mi decisi ad acquistare la videocassetta (conosciuta solo attraverso articoli di giornali) e a prenderne visione e sincerarmi della sua reale efficacia pedagogica. Nelle mie classi una notevole percentuale delle ragazze non si rendevano assolutamente conto della natura umana del concepito ed erano favorevoli all’aborto per sola ignoranza.
Avendo le mie alunne un’età dai 14 ai 18 anni mi sono poi preoccupato di far vedere quelle parti del filmato che di volta in volta ritenevo adatte alla specifica maturazione delle singole classi. A tale scopo avevo pensato di realizzare vari montaggi di sequenze ed insegnamenti tratti da filmati biblici o documentaristici per accompagnare psicologicamente, in modo graduale, alla visione di quelle parti del filmato del Dott. Nathanson che erano più crude e realiste. Per certe alunne molto giovani (14-15 anni) era opportuno, ad esempio, non mostrare tutte le immagini in movimento, ma renderle fisse - a modo di diapositive - con l’identica spiegazione a voce. Tale modo rende meno drammatiche le sequenze, pur mostrate sempre nel loro crudo realismo.
Ho ritenuto assai efficace il presentare in modo specifico - nei miei montaggi – la figura di Maria Santissima, dal concepimento in lei di Gesù alla sua nascita, fino alla strage degli innocenti, per incrementare da un lato il naturale interiore apprezzamento della bellezza e della gioia del Dono della Vita e della Maternità e, per contrasto, suscitare la repulsa verso la distruzione della vita, attuata con l’aborto prima della nascita, come Erode lo fece (dopo la nascita) a riguardo dei SS. Innocenti di Betlemme (in una Chiesa, proprio in Italia, ad Ancona, dai primissimi secoli si conservano le piccole ossa di alcuni dei bambini uccisi da Erode).
Preparate psicologicamente all’accoglimento dell’aspetto positivo della vita e a respingere quello negativo, le parti selezionate del drammatico documentario del Dott. Nathanson ha prodotto in pressocché tutte le alunne che lo hanno visto un mutamento radicale del loro giudizio sull’aborto, accettando tutte di giudicarlo per quello che esso è realmente: l’omicidio di un essere umano innocente ed indifeso, che vanamente e disperatamente si autodifende nel grembo materno prima di essere fatto a pezzi. In proposito, ho anche preventivamente esigito dalle alunne – prima della visione – il grave rispetto della piccola vittima del Dott. Nathanson, per togliere ogni aspetto di vana curiosità o spettacolarizzazione, e accentuare ancor più in loro la coscientizzazione della inequivocabile natura umana di “quel” bambino ucciso nel grembo materno dal Dott. Nathanson.
Sapendo, poi, per vie indirette, di qualche alunna che poteva aver praticato l’aborto, per aiutarle a rendersi coscienti di quanto intuivo avevano fatto, senza farle cadere nella disperazione, ho poi aggiunto altri strumenti didattici per suscitare in loro il senso del pentimento e la fiducia nella misericordia di Dio, utilizzando a tale scopo opportuni insegnamenti di Madre Teresa di Calcutta, oltre agli ordinari princìpi del Magistero della Chiesa al riguardo.
Quel filmato – opportunamente adattato a seconda dell’età e della maturità dell’uditorio – dalla mia esperienza di insegnante ho constatato che ha prodotto tanto bene e può persino aver salvato delle vite umane. Tante ragazze, infatti, convintesi ormai della natura umana del concepito, hanno poi fatto il sincero e fermo proposito: “Io non abortirò mai”.
Ritengo che ancor oggi il filmato “IL GRIDO SILENZIOSO” sia uno strumento provvidenziale ed eccezionale per salvare altre vite umane, come nella realtà è anche avvenuto, anche attraverso la visione in Internet del sottostante filmato, come attestatoci da corrispondenze pervenuteci.


Prof. GIORGIO NICOLINI
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L'ABORTO E' UN OMICIDIO PER L'ATEO DOTTORE PARDI GIORGIO

Tempi num.38 del 05/10/2006 Primalinea Giorgio Pardi: «L'aborto è un omicidio» Difendo ancora la 194, ma è soprattutto nella parte a tutela della vita che andrebbe applicata. Perché l'interruzionedi gravidanza è una ferita che non si cicatrizza di Boffi Emanuele«Sono ateo, l'ho già detto?». A Giorgio Pardi preme molto che ai suoi interlocutori sia ben chiaro «che io non credo in Dio, non ho la grazia della fede, che vuole che le dica? Quindi scriva scriva scriva che il dottor Pardi Giorgio è ateo o, se preferisce, è un laico. E aggiunga anche che per ritenere l'aborto un omicidio non serve la fede. Basta l'osservazione. Quello è un bambino. L'aborto è un omicidio. Fatto per legittima difesa della donna». A parlare è il medico che, assieme al suo maestro Giovanbattista Candiani, fu il primo a eseguire un'interruzione di gravidanza in Italia con l'introduzione della legge 194.Le pareti del suo ufficio nella clinica Mangiagalli di Milano sono una sorta di curriculum murale, professionale e caratteriale, del professore. Accanto a tre file di libroni in cui il titolo è scritto in caratteri più minuti del maiuscolo nome del loro autore (GIORGIO PARDI), stanno accatastate le più insigni riviste mediche moderne come Lancet, England Journal of medicine, British Medical Journal, sulle quali il dottore pubblica regolarmente. Poi, da altri indizi, si desume che Pardi, oltre a essere stato presidente della Società italiana di medicina perinatale e presidente dell'Associazione ginecologi universitari italiani, gode di una fama che oltrepassa l'oceano. Nell'ottobre scorso è stato nominato membro onorario della Società americana di ginecologia e ostetricia. Primo italiano, da cent'anni a questa parte, a ricevere tale riconoscimento. Professore ordinario all'Università statale di Milano, attualmente dirige il reparto Donna e bambino della Mangiagalli, la clinica ginecologica più grande e importante di tutto il Nord Italia. Ma al curriculum professionale rivelato da una parete, va aggiunto ciò che racconta il muro che sta di fronte, dove sono incorniciate e appese una ventina di vignette di Altan. Ritagli di giornale ingialliti messi sotto vetro che fan quasi da cornice alla locandina di un vecchio film con Gregory Peck e Ingrid Bergman: Io ti salverò.E se il sarcasmo ferino del vignettista di sinistra può quasi far da simbolo all'atteggiamento sardonico di questo gran barone della medicina, il titolo della pellicola sembra quasi lo slogan di quel che Pardi sta cercando di fare oggi: salvare i figli non ancora nati ma forse già rifiutati di chi viene in Mangiagalli per abortire. Naturalmente, l'interessato glissa. Ma Paola Marozzi, direttrice del Centro aiuto alla vita (Cav) dell'ospedale spiega a Tempi la sua mirabolante stima per «il professore, persona di eccezionale onestà intellettuale». Questo perché, «pur non essendo ancora partito per meri problemi logistici», è intenzione di Pardi trasferire gli uffici del Cav proprio a fianco di quelli del Consultorio. Sarebbe il primo caso in Italia e la direttrice spera «che così poi ne possano seguire altri». «Alle donne che si rivolgeranno al Consultorio - continua Marozzi - verrà consegnato un foglietto informativo per metterle a conoscenza delle nostre iniziative. La donna, se vorrà, potrà rivolgersi a noi e godere, se necessario, dei sussidi che mettiamo a disposizione delle madri in difficoltà economica». «Perché, vede, Pardi, come noi, sa bene che chi ricorre all'aborto comunque, poi, ne soffre. Dunque, come noi, cerca in tutti i modi di evitare che si arrivi a tale scelta. Certo, poi ci sono anche delle differenze, perché noi siamo cattolici e lui, non so se si sa, è ateo».Non può essere un dirittoLa clinica in cui Pardi lavora ha compiuto da poco cent'anni. Nata il 26 settembre 1906 per opera dell'ostetrico e sindaco Luigi Mangiagalli, sorse con lo scopo di dare alle milanesi meno abbienti la possibilità di partorire senza rischi. Da sempre la Mangiagalli ha come suo obiettivo l'assistenza globale del paziente; la stessa struttura rispecchia tale intento ed è questo uno dei motivi per cui è sorta accanto all'ex convento di Santa Caterina dove c'è la ruota per i bambini abbandonati. Ma la Mangiagalli non è stata solo questo; negli anni Settanta divenne il simbolo della battaglia in favore della regolamentazione dell'aborto. In seguito all'esplosione dell'Icmesa di Seveso furono proprio i medici dell'ospedale milanese a insistere per introdurre in Italia la legge. A quei tempi, mentre gli antiabortisti sfilavano fuori dalle mura con i cartelli "Mangiagalli mangiabimbi" il professor Pardi se ne stava all'interno, sostenendo, come oggi, la necessità di una depenalizzazione che debellasse le pratiche clandestine delle mammane. «E ancora oggi - conferma il dottore - ritengo che la 194 sia un'ottima norma. Mi fa un po' ridere chi sostiene sia intoccabile. Ma come intoccabile? Nessuna legge, dice la Costituzione, è intoccabile. Casomai, come io penso, si può dire che non serva ritoccarla, ma solo applicarla fino in fondo, soprattutto in quella sua parte iniziale in cui si prescrive tutto il necessario per far recedere la donna dal suo intento». Secondo Pardi «la discussione oggi dovrebbe vertere su questo aspetto: bisogna fare in modo che la donna non abortisca, che sia informata il più possibile sulle conseguenze che una tale scelta provoca, che sappia quali sono gli aiuti anche economici che le possono essere offerti per poter scegliere. Dunque, che sia una scelta il più possibile responsabile. Chi interrompe una gravidanza deve essere ben conscio di procurarsi una ferita che lascia cicatrici profonde, indipendentemente dal metodo abortivo usato». Per il dottore non si può considerarlo un "diritto". «Ma che significa? Certo, non mi spingo fino a dire che bisogna convincere la donna a non interrompere la gravidanza, ma metterla in grado di poter decidere realisticamente che cosa fare, non in base a suoi diritti, ma in base alla sua libera responsabilità, ecco questo mi sembra il minimo». I Cav in ospedaleNel 2005 si sono registrati in Mangiagalli 6.595 parti e 100 mila prestazioni ambulatoriali. A fronte di tante nascite sono state 1.720 le interruzioni di gravidanza. Secondo uno studio, il 37 per cento delle donne che abortiscono non hanno un impiego stabile (10 per cento studentesse, 12 per cento casalinghe, 3 per cento in cerca di prima occupazione, 12 per cento disoccupate). Per queste donne «si potrebbe fare molto» sostengono al Cav, e della medesima opinione è Pardi. Tutte le polemiche che nella scorsa legislatura insorsero sulla proposta del ministro Francesco Storace di far entrare i Cav negli ospedali paiono non riguardare Pardi. «Ho un ottimo rapporto con loro. Certo, ricordo che il Cav (il primo in Italia) nacque qui in modo violento, come era inevitabile in quegli anni, ma poi è stato gestito in modo molto assennato. In fondo, lavoriamo entrambi per lo stesso scopo pur partendo da punti di vista distanti».Però, se per il 37 per cento delle donne la ragione che le spinge all'aborto può essere rintracciata nella penuria economica, come la mettiamo con il restante 63 per cento che, secondo lo studio, «ha un impiego stabile»? «Io credo - risponde Pardi - che il problema più che economico sia esistenziale. Oggi non si sa più che cosa significhi procreare. Si vive questa realtà biologica come se fosse imposta dalla società». è come se fosse andato perso non solo il genio femmineo dell'accoglienza, ma anche fosse stata censurata la stessa realtà anatomica della donna. «La donna sceglie di non fare figli per essere competitiva con l'uomo. Scelgono di avere bambini dopo la carriera, dopo essersi sistemate, a quarant'anni anziché a venti. L'emancipazione femminile ha portato infine all'adozione di un modello maschile». E invece? «E invece perché non pensare anche che per una donna l'avere un figlio è la massima realizzazione? Cosa può esserci di più grandioso di una vita che ti nasce dentro? Cosa c'è di più grande del donare la vita?». Pausa. «Se potessi rinascere, rinascerei donna». Risata fragorosa.Nove sani e un malatoAi tempi del dibattito sulla legge 40 (fecondazione medicalmente assistita) il professor Pardi disse ad Avvenire a proposito dell'aborto terapeutico: «è un problema culturale e sociale. Abbiamo creato la cultura del feto perfetto: la donna vuole, esige un feto perfetto e rifiuta il benché minimo grado di imperfezione». «Oggi - ribadisce a Tempi - si presentano signore con referti da cui risulta che il bambino ha sei dita in un piede. Vivono questa banale anomalia come un dramma. Constato come questa leggera imperfezione porti molti a ritenere che la vita, non potendo essere considerata assolutamente impeccabile, non essendo "di qualità", sia in qualche modo da rifiutare. C'è, cioè, una spaventosa difficoltà ad accettare l'imperfezione, la difficoltà. Anzi, diciamo meglio: non si accetta più la malattia. Per la cultura di oggi imperfezione uguale eliminazione. Ma tutto ciò è mostruoso. Non mi si fraintenda, ma, qualche sera fa, ho visto in televisione un documentario in cui si mostravano i referti dei medici nazisti che decretavano la messa a morte dei malati di mente. Li si eliminava perché imperfetti. Ecco, io non posso accettare che si pratichi l'aborto per correggere un'imperfezione. L'aborto serve solo per preservare la salute fisica o psichica della donna che ne fa richiesta». Far capire che la medicina non può tutto e che nella vita ogni cosa è un po' provvisoria e spuria è per il ginecologo della Mangiagalli ogni giorno più arduo. «Trent'anni fa di dieci pazienti che si presentavano davanti al medico, nove erano malati e uno aveva bisogno di qualche buona parola. Oggi da me arrivano un malato e nove sani. Si capisce?». A Pardi la questione sembra di fondamentale importanza: «Quel che voglio dire è che oggi il dottore, oltre a saper curare, deve saper parlare. Abbiamo bisogno di medici molto bravi a far capire ai loro pazienti come stanno le cose. Lo dico anche per il mio campo, dove il 30 per cento sono straniere». Lo smoking dei dottori rispettabiliMa non ci sono solo oceani linguistici da colmare, esistono anche montagne semantiche da scalare. Per Pardi oggi il problema è ritornare a nominare le cose per quello che sono. «Per questo non ho nessun problema a dire che l'aborto è un omicidio. La vita comincia col concepimento». Eppure, soprattutto durante il dibattito referendario sulla Fiv, furono in molti a sostenere che «la vita inizia a 14 giorni dal concepimento», che «prima dell'embrione c'è l'ootide», che «un bambino è tale quando lo decide la donna» (quest'ultima è di Carlo Flamigni). «Cosa? Tutte palle. La vita inizia quando i 23 cromosomi maschili si fondono coi 23 cromosomi femminili. Lo zigote ha in sé già tutto. E guardi che questo lo dice uno che ritiene la legge 40 uno schifo. è una legge fatta malissimo, piena di contraddizioni». Tuttavia «non bisogna mischiare le carte. Capisco che possa fare meno impressione l'uccisione di un delinquente armato fino ai denti rispetto a quella di un bambino indifeso. Ma in entrambi i casi si tratta di omicidio. Certi giochetti linguistici servono solo a intorbidire le acque». Come quelli ormai tanto di moda a proposito delle cellule staminali, «lo smoking dei dottori rispettabili» le definisce Pardi. «Come medico non me la sentirei mai di mettere il bisturi sull'embrione. Però qui in Mangiagalli abbiamo feti provenienti da aborti da cui si potrebbero trarre cellule ad alto tasso di potenzialità. Perché non farlo? Capisco certe remore dei cattolici, però... Io sono ateo, non so se l'ho già detto».
http://www.tempi.it/archivio_dett.aspx?idarchivio=10906

martedì 26 febbraio 2008

ATEI ABORTISTI CONTRO I CATTOLICI

L’inconsistenza logica delle tesi cattoliche sull’embrione
di Marco Musy(Fonte: sito web ufficiale dell’UAAR - http://www.uaar.it
Si sente spesso ripetere, sotto varie forme, il seguente ragionamento: «Un embrione è un essere vivente che, anche se non è una persona, lo diventerà. Con l’uccisione volontaria dell’embrione tu impedisci a quel futuro individuo di vivere la sua vita. Non è diverso da un omicidio». Oppure: «L’embrione umano è già una Persona».
Indubbiamente è vero che la soppressione dell’embrione impedisce oggettivamente al futuro individuo di esistere. Tuttavia la conclusione che l’aborto equivalga all’omicidio nasconde un grave errore logico e se vogliamo essere razionali occorre spingere i ragionamenti fino in fondo per capire che le cose non stanno così.
Vanno chiariti alcuni punti principali:
La vita biologica, per come la conosciamo attraverso il metodo scientifico, preesiste alla formazione dell’embrione. L’embrione è il risultato di complessi e noti processi biochimici che hanno luogo fra organismi vivi: l’ovulo femminile e lo spermatozoo maschile. Un embrione vitale non proviene da oggetti morti o da materiale inorganico. Affermare che la vita abbia inizio all’istante della fusione del DNA di organismi vivi è una banale contraddizione nei termini.
L’idea che l’embrione come tale sia una “persona” è di ordine metafisico e non ha nulla a che fare con la biologia o con altre scienze. L’idea che l’istante del concepimento costituisca una qualche “discontinuità” che giustifichi l’assegnazione dello status di “persona” non trova supporto in natura ma affonda piuttosto le sue radici in quelle ideologie religiose che per sopravvivere non possono fare a meno di questa arbitraria assunzione. Si tratta di un’idea che non contiene nulla di scientifico.
Il meccanismo attraverso il quale si forma l’embrione di un homo sapiens è lo stesso di tutti gli altri organismi viventi sessuati (sia per i mammiferi sia per molti altri animali inferiori). Non occorre postulare l’esistenza di entità sovrannaturali per spiegare la riproduzione umana, o per spiegare i processi che portano alla formazione di un embrione.
Una coppia qualsiasi ovulo-spermatozoo non ancora uniti contiene già in sé tutta l’informazione che serve per la costruzione di un nuovo esemplare, esattamente come la stessa informazione è contenuta nell’embrione che essi formano. In altre parole, una qualsiasi coppia ovulo-spermatozoo ha la stessa “dignità” biologica dell’embrione, nel senso che è ad esso biologicamente equipollente.
Questi semplici fatti implicano che la scelta consapevole di impedire, attraverso qualsiasi mezzo, l’unione di un ovulo con uno spermatozoo umani risulta logicamente equivalente a impedire che il corrispondente embrione si sviluppi secondo il suo normale corso. Cioè, se chiamiamo ciò “omicidio”, allora siamo costretti a includere nella stessa categoria anche la contraccezione e perfino l’astinenza sessuale o la scelta del celibato perché, dal punto di vista biologico, di fatto producono tutti lo stesso risultato finale: una persona non verrà al mondo e non vivrà a causa della scelta deliberata e consapevole di qualcuno.
Dovremmo dunque considerare “assassini” anche tutte quelle persone? È chiaramente assurdo. E ogni volta che attraverso un ragionamento si giunge a un assurdo significa che o il ragionamento è sbagliato o l’ipotesi iniziale (aborto=omicidio) è falsa. L’aborto non può essere considerato equivalente all’omicidio, perché questa ipotesi condurrebbe alla conclusione insensata secondo la quale dovremmo considerarci quasi tutti omicidi.
Stabilire quando la soppressione di un gruppo di cellule è un omicidio e quando invece non lo è, non può che derivare da una nostra convenzione e non da un elemento oggettivo della natura. Non diversamente dallo stabilire a che età si è abbastanza maturi per votare.

http://www.svss-uspda.ch/it/etica-musy.htm

ANNE MARIE REY-USPDA-DIFENDONO L'ABORTO IN SVIZZERA

Aborto - interruzione di gravidanza
L'intento di questo sito è di fornire informazioni obiettive
Chi siamo?Questo sito fu creato dall'Unione svizzera per decriminalizzare l'aborto (USPDA). Dopo l'accettazione in votazione popolare della soluzione dei termini il 2 giugno 2002, l'Unione ha deciso di dissolversi alla fine del 2003 (comunicato stampa in francese).
Come ex co-presidente dell'Unione mi sono incaricata di mantenere questo sito.
Anne-Marie Reyex co-presidente dell'USPDA
Istruzioni per l'uso del sito
Nella colonna di sinistra trovate le rubriche principali del nostro sito.
In cima alla pagina si può cliccare per trovare le nostre pubblicazioni, i centri di pianificazione familiare, altre risorse on line (links) etc.
Nella colonna di destra c'è l'indice del contenuto della rubrica attuale.
Le nostre convinzioni
La decisione di avere o no un bambino a un dato momento della propria vita è un diritto inalienabile della donna. Quest'ultima deve quindi poter decidere liberamente e in tutta responsabilità di interrompere una gravidanza indesiderata.
I nostri obiettivi: prevenire anziché punire
Sosteniamo
la soluzione dei termini che legalizza nei primi mesi l'interruzione della gravidanza (IVG)
tutti gli sforzi di prevenzione



Lo statuto morale dell'embrione
La questione principale nella discussione dell'aborto porta sullo statuto morale dell'embrione. L'embrione è un "uomo" con diritti paragonabili a quelli di una persona già nata? Per difendere questo punto di vista, gli antiabortisti si riferiscono alla presenza, subito dopo la fecondazione, di tutto il patrimonio ereditario.
La nostra convinzione è :
L'essenza dell'uomo non si riduce al suo patrimonio genetico.
La vita embrionale ha un valore morale crescente in funzione dello stadio di sviluppo fetale, però questo valore non sarà mai uguale alla vita della persona alla sua nascita.
L'embrione non è una "vita indipendente". Può svilupparsi solo dentro e mediante il corpo della donna, in un rapporto di simbiosi molto particolare.
La nascita rappresenta una cesura decisiva, un "cambiamento fondamentale dei mondi" (Hans Saner, filosofo, 1995).
"Un feto non è né una cosa, né un tessuto - non può nondimeno essere assimilato a un essere umano dopo la sua nascita" (PD Dr. Alberto Bondolfi, teologo, in "Walliser Bote", 29.03.96).
"L'embrione non è quello che potrebbe diventare". (Hans Saner, 1995).
Lo statuto giuridico dell'embrione
FALSO: "l'embrione ha diritto alla vita"
Né la Costituzione, né le leggi svizzere, né le convenzioni internazionali conferiscono all'embrione il diritto alla vita. "La dottrina riconosce diritti fondamentali soltanto agli esseri umani già nati" (Messaggio del Consiglio federale sulla revisione della Costituzione federale, 1996).
L'articolo 31 del codice civile svizzero dice: "La personalità comincia con la nascita compiuta del bambino vivente."
L’interruzione di gravidanza non è un omicidio
L'omicidio è un delitto penale, l’uccisione intenzionale di una persona umana. Il codice penale fa precisamente la differenza tra l’embrione e la persona umana invece di assimilarli l’uno all’altra. E’ di conseguenza disonesto qualificare come omicidio l’interruzione di gravidanza chiaramente definita sul piano legale nel quadro della soluzione dei termini. E' inoltre estremamente offensivo essere assimilati a omicida o complici in omicidio per tutte le donne coinvolte, per i loro partner e per i medici.
La decisione di interrompere una gravidanza non è un atto di aggressione a terzi. E’ l’impossibilità, nel presente e nelle circostanze date, di assumersi le responsabilità della maternità, per ragioni sulle quali si è riflettuto a lungo.
I diritti fondamentali della donna
La decisione di avere o no un bambino è una delle decisioni con le conseguenze più pesanti nell'insieme della vita di una donna. L'interdizione all'aborto significa una costrizione alla maternità. Viola tutta una serie di diritti della donna e lede all'essenza stessa delle sue libertà fondamentali:
il suo diritto alla vita, alla salute e all'integrità fisica,
la sua libertà di coscienza, la sua autonomia morale e il suo diritto di prendere liberamente le sue decisioni,
il suo diritto a una maternità scelta liberamente, diritto fondamentale riconosciuto a livello mondiale.
"L'obbligo di partorire è inaccettabile dal punto di vista etico" (Andrea Arz de Falco, teologa cattolica, in "Pfarrblatt" della chiesa cattolica del Cantone di Zurigo, 25.06.95).
Si può essere cristiani e votare a favore della soluzione dei termini?
Questa domanda etica fondamentale è stata soggetto della conferenza del celebre teologo cattolico Stephan H. Pfürtner, professore à Marburg, alla presenza di 150 persone. La conferenza è stata organizzata dalla Federazione svizzera delle donne protestanti (FSFP) e dall'Unione svizzera per decriminalizzare l'aborto (USPDA); ha avuto luogo giovedì 31 gennaio 2002 a Berna.Continuazione
Cosa dice la Bibbia?
I testi biblici non dicono nulla sul tema dell'interruzione volontaria della gravidanza, nè sullo statuto morale dell'embrione. Piutosto trattano la persona umana di essere autonomo e responsabile. Gesù stesso è molto critico di sanzioni giuridiche: "Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!" (Luca 11:46). "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei" (Giovanni 8:7). Non è dunque lecito invocare la Bibbia per esigere la minaccia penale in materia.Più informazioni (in francese)
La valutazione dei valori
La scienza ci può spiegare quello che succede durante lo sviluppo embrionale. Ciò di cui è costituita la persona umana è però una questione filosofica.
Nella nostra società non vi è alcun consenso sull'importanza da accordare alla vita embrionale se confrontata ad altri valori come la salute fisica e psichica, il benessere sociale, lo sviluppo della personalità o il diritto della donna all'autodeterminazione. In una democrazia pluralista, vi è un'unica soluzione a questo dilemma: la tolleranza e il rispetto della libertà di coscienza.
Per una vera protezione della vita
Proteggere la vita non può significare proteggere l'embrione a qualsiasi costo. Significa:
proteggere le aspirazioni e le prospettive di vita delle donne;
prevenire le gravidanze indesiderate e favorire la possibilità che ogni bambino sia desiderato;
creare le condizioni, con una politica sociale, per favorire una maternità responsabile e consapevole e il benessere complessivo della famiglia.
Vietare il ricorso all'aborto non è un mezzo adeguato di protezione della vita. Piuttosto, le leggi restrittive spingono le donne nell'illegalità, mettendo a repentaglio la loro salute e la loro vita .

http://www.svss-uspda.ch/it/etica.htm#Bibbia

I VALDESI DIFENDONO LA 194

La legge 194 ha bisogno di un "tagliando"?
La pastora Tomassone: "La legge va difesa dagli attacchi integralisti in nome del principio etico della responsabilità nella relazione"
"Non è nel dualismo morte-vita che si scioglie il nodo di questioni etiche come l'interruzione di gravidanza, ma nella dimensione della relazione". È quanto affermato oggi da Letizia Tomassone, pastora valdese nonché vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), nel corso di una conferenza stampa durante il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi svoltosi a Torre Pellice (TO)dal 26 al 31 Agosto .
La pastora Tomassone è stata interpellata sulle polemiche sorte dalla pubblicazione dell'editoriale di Eugenia Roccella ieri su "Avvenire", in cui si parla di "pulizia etnica" a proposito del ricorso all'aborto in casi di diagnosi prenatale di malformazioni e in cui si afferma che la Legge 194, a trent'anni dall'approvazione, avrebbe bisogno di un "tagliando". "La questione dell'eugenetica è stata sollevata in maniera del tutto impropria – ha affermato Letiza Tomassone – e non c'entra in realtà nulla con la Legge 194, che va difesa dagli attacchi integralisti. Bisogna affermare un principio etico fondamentale, quello della responsabilità nella relazione, per cui la donna può e deve decidere responsabilmente nella sua relazione con il feto. La libertà delle persone deve essere informata sul piano di un'etica della relazione, della cura e della vita".
A cura dell'Agenzia NEV - Notizie evangeliche del 30 agosto 2007

PER I VALDESI LA DONNA PUO' SCEGLIERE DI ABORTIRE

Pena di morte e aborto non possono essere accomunati
Letizia Tomassone, vice presidente della Federazione delle chiese evangeliche, risponde alla proposta lanciata da Giuliano Ferrara su "Il Foglio"
"La libertà individuale, riconosciuta e considerata oggi in Occidente come il fondamento del diritto civile, fa parte della costruzione della dignità femminile"
"L'autonomia riproduttiva delle donne è uno dei diritti umani fondamentali. Non si possono obbligare le donne ad avere figli o a portare avanti gravidanze indesiderate". Lo ha dichiarato oggi la pastora Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). I protestanti italiani entrano così nel dibattito sull’aborto infuocatosi in seguito alla provocazione lanciata dal quotidiano "Il Foglio" di Giuliano Ferrara, che ha chiesto una "moratoria dell'aborto", prendendo spunto dalla risoluzione per la moratoria della pena di morte votata il mese scorso dall'Assemblea generale dell'ONU su iniziativa del governo italiano.
"Un figlio, una figlia - prosegue la vice presidente della FCEI -, sono iscritti nel desiderio della madre che disegna con la creatura concepita una relazione densa di significato e di vita. Quando questo non avviene, perché il concepimento è frutto di violenza o di frettolosa superficialità ed errore, la donna deve essere messa in grado di interrompere la gravidanza. Fino a quel momento sono infatti in gioco la responsabilità e la libertà che lei ha sviluppato nella sua vita. Per questo il senso di libertà individuale, che è riconosciuto e considerato oggi in Occidente come il fondamento del diritto civile, fa parte della costruzione della dignità femminile. La donna non è un puro contenitore di vita concepita altrove. E' un soggetto libero che crea relazione con questa vita. Negare che l'interruzione di gravidanza si inserisca in questo processo relazionale significa riportare le donne a un obbligo biologico che non ci appartiene più".
Per la pastora Tomassone non è concepibile accomunare aborto e pena di morte, come invece proposto da Giuliano Ferrara: "Abolire la pena di morte significa riaprire le possibilità di relazioni umane per gli ex condannati. Riammetterli in quel circuito di comunicazioni in cui la vita non è pura biologia, ma capacità e libertà di decisione. Così anche leggi come la 194, che riconoscono la capacità e la libertà decisionale delle donne, affermano la centralità della relazione. In questa riapertura del dibattito sulla 194 una cosa sola è importante: che si fermi l'attenzione su una educazione libera e critica degli adolescenti e, in modo diverso, delle donne e uomini immigrati, sulla sessualità e sulla decisione di avere figli e figlie".
Tratto dal comunicato stampa del NEV - Notizie evangeliche del 3 gennaio 2008


http://www.chiesavaldese.org/pages/archivi/index_commenti.php?id=644

ABORTO-LO STERMINIO SILENZIOSO

Il punto di vista Cristiano
ABORTO: Lo sterminio silenzioso
di Roberto De Angelis
"E sparsero il sangue innocente, il sangue dei loro figli e delle loro figlie... e il paese fu contaminato dal sangue versato".(Salmo 106:37)
Con la legge 194 del '78 anche il nostro Paese si è uniformato alle scelte di altre nazioni, rendendo legale l'aborto (il primo paese a farlo fu la Russia bolscevica di Lenin, che nel 1920 la fece rientrare nel suo programma di scristianizzazione - non senza riguardi per il potenziale dell'aborto quale pratica malthusiana) e dando il via ad uno dei più spaventosi bagni di sangue che la storia abbia mai conosciuto. Non ha arginato minimamente la clandestinità (approssimativamente NOVANTAMILA casi l'anno), ed oggi in Italia si calcolano circa CENTOCINQUANTAMILA interruzioni volontarie della gravidanza ogni anno, dato pressoché invariato dagli anni '60. Nel solo anno 1995, ci sono stati ufficialmente 138.379 interruzioni volontarie di gravidanza: 379 omicidi al giorno, 16 ogni ora, uno ogni quattro minuti. Questo significa che in Italia ogni quattro minuti una mamma commissiona l'assassinio di suo figlio. In totale, dal '78 al '98 sono stati soppressi circa 4 MILIONI di bambini: più o meno il triplo del numero delle vittime italiane delle due guerre mondiali messe assieme. A questi dati bisogna poi aggiungere i numeri dei cosiddetti "aborti terapeutici", che sono stati, mediamente, 200.000 ogni anno (tutti casi assolutamente inevitabili?). Secondo stime recenti, in tutto il mondo le interruzioni volontarie di gravidanza sfiorano i 40 MILIONI di casi ogni anno! Dei 210 milioni di donne in età fertile che ogni anno rimangono incinte, il 38% non vuole la gravidanza, e il 22% abortisce. Soltanto in America, negli ultimi venti anni sono stati uccisi mediante aborto criminoso 31 MILIONI di bambini, ossia una media di 1,5 MILIONI di bambini ogni anno, e come è stato fatto notare, in quattro anni gli americani eguaglieranno la bontà che Hitler ha avuto verso sei milioni di Ebrei. Soltanto che questa volta non vengono usate camere a gas o fucili, ma farmaci e bisturi.
I Metodi di un Eccidio
"L'Eterno odia... le mani che versano sangue innocente".(Proverbi 6:16,17)
Il mezzo più usato in Italia per l'uccisione del feto è stato fino a poco tempo fa lo svuotamento strumentale della cavità uterina, ossia il raschiamento effettuato con una "curette" (una specie di cucchiaio dai bordi taglienti), che oggi tende ad essere sostituito con il metodo della suzione: questo consiste nell'introdurre nell'utero uno speciale strumento capace di praticare il vuoto pneumatico e di aspirare quindi l'embrione e la membrana mucosa. Negli Stati Uniti si pratica molto l'iniezione intramniotica di una soluzione salina ipertonica, che induce l'espulsione del feto con meccanismo osmotico. Infine l'aborto si può determinare con farmaci: DES (dietilstilbestrolo) per iniezione e prostaglandine per fleboclisi (introduzione continuata nelle vene di una soluzione fisiologica, praticata per favorire l'eliminazione di sostanze tossiche). Non è possibile poi tacere di quella orrenda pratica detta dell'aborto a nascita parziale, che negli Stati Uniti viene effettuato dal quarto mese fino alla fine della gravidanza. Il procedimento è di una violenza raccapricciante: l'aborzionista, dopo aver estratto parzialmente il corpo del bambino, gli perfora il cranio con le forbici, all'altezza del foro occipitale; quindi, dopo aver allargato la ferita, estrae le forbici ed inserisce un tubo collegato ad una pompa aspirante. La morte del bambino è ripugnante: il suo cervello viene risucchiato dalla pompa, ed alla fine il corpicino è rimosso definitivamente! Mi rendo conto che si tratta di cose che possono scioccare, ma ritengo assolutamente necessario fare quanta più luce possibile su di un argomento dalle tali implicazioni etiche. Se la realtà è tanto insopportabile, questo lo dobbiamo soltanto alla legge 194, ed è bene che le conseguenze di quel provvedimento vengano conosciute per quello che realmente sono.
La situazione è terribilmente seria, ed i Cristiani non possono assolutamente permettersi di restare indifferenti.
Quale diritto?
"E non darò neppure un farmaco mortale a nessuno per quanto richiesto né proporrò un tal consiglio; ed ugualmente neppure darò a una donna un pessario abortivo. Ma pura e pia conserverò la mia vita e la mia arte"(Giuramento di Ippocrate; 3,4)
Queste parole vengono ancora oggi recitate da ogni nuovo Dottore in Medicina nel momento in cui conclude gli studi universitari. È un giuramento, perché i princìpi su cui si basa sono ritenuti fondamentali per la formazione etica e deontologica del medico. Bene, in questo interessantissimo testo, datato tra il V secolo a.C. e l'inizio del IV, si pone già la questione della vita e del diritto del medico di sopprimerla, e si trae la conclusione che un tale diritto è sempre e comunque inammissibile, perché contrario ai fini dell'arte medica stessa e perché moralmente riprovevole (...ma pura e pia conserverò la mia vita e la mia arte...). L'aborto è considerato alla pari dell'eutanasia, perché in entrambi i casi si uccide un essere umano, completo ed irripetibile. Cinquecento anni prima di Cristo la cultura pagana riteneva l'aborto un infamante omicidio ed un crimine contro la vita umana ed il dono prezioso che essa cela, nell'anno del Signore 1998 è il consiglio più frequentemente caldeggiato nei consultori italiani (e non solo) per risolvere i problemi psicologici e le questioni d'onore di indipendenti donne moderne! Le implicazioni di una situazione del genere sono odiose bestemmie che riattizzano l'ira ardente di Dio, ed un Cristiano che sia veramente tale non può lasciare che ciò accada!
Il noto grecista Dario Del Corno così commenta il brano: "Da queste succinte formule spira una forte maturità intellettuale. Dalla fedeltà al giuramento, oltre che dalla propria competenza, il medico si ripromette prosperità e fama; ma la sua morale è autonoma, e le regole di questa sono immanenti alla professione stessa, non riposano su sanzioni di ordine metafisico o giuridico. Nei lineamenti fondamentali, esse sono durate per millenni; e solo tempi recentissimi hanno revocato in discussione alcuni divieti, come l'aborto e l'eutanasia. È paradossale, e per certi aspetti inquietante, che ciò sia avvenuto allorché la medicina ha recuperato quella dimensione laica, che proprio il Giuramento ippocratico dimostra in atto alle sue origini".Non è paradossale, perché il nostro laicismo non è il laicismo dei tempi di Ippocrate: di mezzo ci sono stati il positivismo, l'evoluzionismo, l'umanesimo, il femminismo... Il nostro laicismo non è più perfettamente lucido, ed ora, oltre a voler rendere autonomi il pensiero e l'attività dell'uomo dall'ingerenza della religione, vuole andare oltre, impegnandosi a far sì che le scelte etiche degli individui oltrepassino i confini dell'umanamente lecito per raggiungere estremi che sa essere abominevoli ai princìpi religiosi, e cui aspira proprio e soprattutto perché opposti a tali princìpi, ma di cui (forse) ignora le reali implicazioni, che risultano in realtà indegne anche dell'uomo in sé - pur svincolato da qualsiasi dimensione metafisica - se quelle stesse implicazioni non erano invece trascurate, ma anzi condannate senza appello, da quella precedente forma di laicismo in cui Ippocrate viveva ed operava. Ma tra Ippocrate e noi c'è stato di mezzo anche Cristo... e allora? La definizione che il dizionario dà di medicina è: "Scienza che studia le malattie e i mezzi per curarle e per prevenirle". Un medico dunque dovrebbe essere, ragionevolmente, "colui che cura e previene le malattie"! E allora per quale motivo anche gli aborzionisti pretendono di essere chiamati medici? Un nome per il loro mestiere esiste già, ed è "macellaio". Nei mattatoi si ammazzano delle bestie per soddisfare i clienti; nelle cliniche e negli ospedali si ammazzano dei bambini per soddisfare le madri!
La Questione fondamentale
Andando dietro alle menzogne scientiste, i sostenitori della legalizzazione dell'infanticidio assistito hanno impostato tutta la loro polemica affermando che, dal momento che il feto non ha vita extrauterina prima del 180º giorno, toglierlo di mezzo significa solo eliminare della materia organica indesiderata, senza sapere che sull'inizio della vita c'è una grande confusione tra gli scienziati, che risultano in disaccordo e si contraddicono continuamente tra loro, asserendo che il limite è da fissarsi ora al 196º giorno, ora al 154º e così via a seconda dello scienziato. Erigendo a sua stessa vergogna la torre di Babele della scienza, l'uomo vorrebbe stabilire ciò che soltanto il Creatore della vita può decidere, ma durante la sua costruzione saltano fuori tutte le imperfezioni e le impalcature pericolanti iniziano a crollare sotto il peso di pretese sovrumane. Solo Dio lo sa, e Dio ci ha detto che cosa sa, rivelando agli uomini i suoi pensieri nelle Scritture. Nel Salmo 139, ai versetti 15 e 16, Davide, ispirato dallo Spirito Santo, dice: "Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano già scritti tutti i giorni che erano stati fissati per me anche se nessuno di essi esisteva ancora". La massa informe del mio corpo: nella meravigliosa poesia del Salmo, la Parola di Dio fotografa un uomo nella primissima fase della sua esistenza, ossia quando non sembrerebbe neanche un uomo a causa del primitivo sviluppo fisico delle membra. Questa è una cosa molto importante, se consideriamo che, osservando delle fotografie di un feto, la tipica struttura umana è perfettamente riconoscibile già alla fine della nona settimana, mentre alla dodicesima settimana di vita intrauterina si notano con evidenza persino le parti ossee.
"Io solo sono Dio e non vi è altro dio accanto a me. Io faccio morire e faccio vivere" (De 32:39)
Ebbene, per il Signore la vita ha inizio ben prima di questo periodo, ma al momento stesso del concepimento, quando lo sviluppo embrionale prende il via (e d'altronde queste sono anche le conclusioni della scienza, visto che la Biologia e la Medicina dimostrano che fin dal momento del concepimento ci si trova davanti a un essere dotato di un patrimonio genetico completo - unico - irripetibile nel quale è già scritto se l'individuo sarà uomo o donna, di quale colore saranno i capelli, gli occhi e così via). Sin dalla Sua fondazione in era apostolica, la Chiesa di Cristo ha sempre proibito e condannato l'omicidio in ogni sua forma, ivi compreso l'aborto, e tale visione non è mai venuta meno nel corso dei secoli: la difesa della vita umana è stata una costante della morale cristiana nella misura in cui il suo fondamento è stato posto sull'autorevole Parola di Dio. Nel secondo secolo dopo Cristo, il grande scrittore cristiano Tertulliano, interpretando perfettamente i sentimenti e le convinzioni di ogni sincero credente, scriveva: "A noi, poiché l'omicidio è stato vietato una volta per tutte, non è consentito di distruggere chi è stato concepito nel grembo materno, l'embrione che si sta trasformando in un essere umano. È un omicidio anticipato l'impedir la nascita, e non importa se si soffoca una vita formata o se si sopprime una vita nascente. È un uomo anche chi sta per divenirlo: tutto il frutto è già nel seme" (Apologeticum, 9, 8). Geremia ricevette la vocazione ancor prima di esser stato formato nel grembo di sua madre, e prima di vedere la luce era già stato consacrato per l'Eterno e da Lui costituito profeta delle nazioni (vd. Gr 1:5). Quando Elisabetta ricevette la visita di Maria, Gesù non era che una massa informe nel grembo materno, ma quella donna pia riconobbe già in Lui il proprio Signore (vd. Luca 1:42). Gli scienziati affermano che la vita non ha inizio prima della ventiseiesima - ventottesima settimana, il Creatore della vita dice che il Suo nephesh (respiro, soffio) anima la creatura umana sin dal concepimento: a chi crederemo?
L'aver dato ragione agli uomini ha portato all'asettico sterminio di milioni di innocenti, una folle strage impunemente perpetrata sotto gli occhi di tutto il mondo, sotto gli occhi di Dio... Assistere in silenzio a questo odioso eccidio significa fare il gioco dell'Avversario. Non è sufficiente essere contrari all'aborto, occorre combatterlo.
E allora? Quale dev'essere l'impegno dei Cristiani morali di fronte ad una tale tragedia?
Una Chiamata all'Azione
"Adesso che uomini scellerati hanno ucciso un innocente... non dovrei chiedervi ragione del suo sangue sparso dalle vostre mani e sterminarvi dalla terra?"(2 Samuele 4:11)
"Figlio d'uomo, io t'ho stabilito come sentinella per la casa d'Israele; quando udrai una parola dalla mia bocca, li avvertirai da parte mia. Se io dico all'empio: "Certamente morirai!" e tu non l'avverti e non parli per avvertire l'empio di abbandonare la sua via malvagia perché salvi la sua vita, quell'empio morirà nella sua iniquità; ma del suo sangue domanderò conto a te" (Ez 3:17,18). È un passo fondamentale, che si ricollega strettamente con l'esortazione di Proverbi 24:11. Noi Cristiani abbiamo una responsabilità tutta particolare nella lotta di Dio contro il male, ed è tempo che le nostre coscienze si risveglino per capire che anche se siamo stati salvati per il Regno dei Cieli, noi oggi viviamo nel mondo, e per quanto possa non piacerci è nostro dovere vivere la fede in questa realtà, con tutta la responsabilità e la serietà che questo comporta. Anche ai tre apostoli sul monte della trasfigurazione sarebbe piaciuto restare in un'estasi perenne ad ammirare quel miracolo glorioso (cfr. Marco 9:5), eppure dovettero ridiscendere a valle insieme con Gesù, perché quella era la volontà del Padre. Se Dio avesse semplicemente voluto portarci subito con Sé nella Sua santa dimora, ci avrebbe rapiti il giorno stesso in cui ci ha salvati, e noi non avremmo più dovuto curarci del mondo e di tutto il male che è nel mondo. D'altra parte, se Egli avesse deciso di lasciare l'uomo nelle tenebre senza provvedere a delle lampade, non ci avrebbe mai donato uno Spirito di luce e perfino il sacrificio del Suo Figliolo sarebbe stato risparmiato. Invece la volontà di Dio è stata un'altra: Egli ci ha salvati e ha messo nei nostri cuori una vita nuova, lasciandoci però nel mondo di prima... Perché? Non certo per lasciare che la Sua opera in noi venisse vanificata dalle ingerenze della nostra vecchia natura, ma, al contrario, affinché potessimo glorificare il Nome del nostro Salvatore nel modo più efficace: esercitando il dono della Grazia: "Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candeliere, perché faccia luce a tutti coloro che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli" (Matteo 5:15,16). Fratelli, quando il Signore ci ha tratti dal fango ha aperto i nostri occhi, e da quel momento siamo stati in grado di vedere il peccato in tutta la sua terribile realtà; ha rotto i nostri cuori, e allora abbiamo provato dolore per tutto il male che finalmente vedevamo dietro e intorno a noi. Oggi il Signore ci sta mostrando un altro orribile spettacolo, e se dinanzi all'evidenza di tanto male e ad una così fitta tenebra il nostro animo non si strazia e le lacrime non riescono a bagnarci gli occhi, allora chiediamo perdono al Salvatore, perché le benedizioni della Sua opera non sono più con noi! "Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele" (Efesini 5:11): dopo aver compreso l'empietà dell'aborto, non dobbiamo azzardarci a restare indifferenti rimanendo in disparte, perché questo è il modo migliore per partecipare alle "opere infruttuose delle tenebre" e renderci complici silenziosi di un crimine orrendo.
"Io sono con te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male" (At 18:10).Quei bambini continuano a morire, mentre noi parliamo, e se continueremo a parlare senza fare nulla per salvarli, sarà come se li prendessimo per mano e li accompagnassimo personalmente nella squallida clinica che sarà anche la loro tomba. Denunciatele! Perché davanti al peccato, e ad un tale peccato, non potete permettervi indulgenze o compromessi: il sangue di milioni di innocenti è salito fino al cielo, ed è necessario fare tutto il possibile per risvegliare le coscienze morali, affinché i piani del Nemico non possano più trovare terreno fertile nell'odioso mutismo dei più. Sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della vita umana, denunciando con quanto zelo le cliniche e gli ospedali anche nel nostro Paese si impegnano per distruggere impunemente un dono tanto prezioso, è il primo degli obiettivi da porsi se si vogliono raggiungere risultati positivi nella lotta contro l'aborto. Sia ben chiaro, noi non intendiamo richiamarci ad alcun tipo di azione terrorista che implichi la violenza e la persecuzione nei confronti degli aborzionisti: il problema è importante e la posta in gioco è alta, ma qualsiasi brutale estremismo risulta controproducente e non fa che attirare sdegno e discredito su tutti gli oppositori dell'aborto grazie alle pazzie di pochi incoscienti, senza contare l'assurdo controsenso di voler risolvere la violenza e l'omicidio con altra violenza ed altri omicidi. Anche se si agisce in buona fede, si tratta comunque di emotivismi privi di discernimento spirituale, e la Parola ammonisce: "Lo zelo senza conoscenza non è cosa buona" (Proverbi 19:2), "perché l'ira dell'uomo non compie la giustizia di Dio." (Giacomo 1:20) No, per riuscire a contrastare l'avanzamento della strage non c'è bisogno di agitazioni e di abusi, serve qualcosa di ben più potente, serve qualcosa capace di trasformare il leone in agnello, il male in bene: c'è bisogno della Parola di Dio! C'è bisogno della Parola in noi per trovare forza ed equilibrio, c'è bisogno della Parola nel mondo per colpire alla radice il germe dell'errore: il peccato e la tenebra del cuore! Occorre sensibilizzare, risvegliare, scuotere, affondare senza tregua con la potente lama dell'Evangelo di Cristo: "Infatti la Parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a due tagli" (Ebrei 4:12). Più affilata anche di quei bisturi insanguinati che armano la diabolica follia del peccato! Più efficace della macchina sanitaria per l'eliminazione dei feti! Più di qualsiasi clinica abortista! Siamo rinati nella Parola? Portiamone la luce nei meandri più oscuri della malvagità, ed allora vedremo la verità trionfare anche lì: la verità della potenza del nostro Dio, il Signore della vita! Negli Stati Uniti, dove l'esasperazione di chi sostiene il valore della vita umana ha potuto trovare concreti sbocchi di protesta pubblica grazie all'impegno dei Cristiani, sono sorte diverse associazioni volontarie che finalmente portano in piazza l'indignazione, ormai incontenibile, verso un fenomeno che le istituzioni non mostrano di voler arginare (non molto tempo fa, ad esempio, il Presidente Clinton ha vietato un progetto di legge con il quale si voleva proibire l'orribile pratica dell'aborto a nascita parziale). Si tratta di iniziative estremamente utili per attirare l'attenzione pubblica su un problema cruciale, azioni di denuncia che dovrebbero spronare noi Cristiani e cittadini morali in Italia a scendere nelle nostre strade - in cui le uniche manifestazioni che suscitano reale interesse sono le campagne per la legalizzazione delle droghe o le orge ambulanti del cosiddetto "Orgoglio Gay" - per far udire la nostra voce, per dar voce alla Parola, per dimostrare che anche qui esistono delle persone che intendono difendere il diritto alla vita, ribadendo che l'aborto non è mai stato, non è e non potrà mai essere una pratica minimamente conciliabile con quei princìpi biblici che invece la vita la celebrano e la difendono inflessibilmente come dono e grazia del tutto particolari dell'Iddio onnipotente Creatore ed unico Proprietario di ogni vita
http://camcris.altervista.org/aborto.html

I 15 ARGOMENTI DEGLI ABORTISTI

I 15 ARGOMENTI USATI DAGLI ABORTISTI PER GIUSTIFICARE L'ABORTOdi Norman L. Geisler

1) "Nessuno conosce quando comincia la vita umana"
Se nessuno conosce quando comincia la vita umana, essa potrebbe cominciare anche all'atto del concepimento. E se essa comincia all'atto del concepimento l'aborto è un omicidio. Possiamo giustificare l'assassinio di qualcosa che potrebbe essere umano? L'incertezza non ci autorizza ad uccidere dei feti. Non possiamo uccidere dei feti anche se non siamo sicuri che si tratta di esseri umani.
Attualmente sappiamo che la vita comincia all'atto del concepimento. Lo spermatozoo con 23 cromosomi non è un essere umano come non lo è l'ovulo femminile con i suoi 23 cromosomi, ma quando essi si uniscono formano 46 cromosomi ed è il risultato di un essere umano. Questo è un fatto scientifico. Geneticamente questo ovulo fertilizzato è un essere umano con le sue caratteristiche e la sua identità. Da questo punto è solo questione di crescita, non di genere.
2) "La madre ha il diritto di controllare il suo corpo"
Il bambino non è una parte del corpo della madre. E' un essere umano individuale, con un suo corpo separato. La madre alimenta il suo bambino mentre è nel suo grembo e questo non le da diritto di decidere per la sua vita o per la sua morte. Come la madre ha il dovere di provvedere all'alimentazione del proprio figlio dopo la nascita, altrimenti sarebbe colpevole di omicidio per fame, allo stesso modo non ha diritto di troncare la vita del proprio figlio prima di nascere.
Anche se il nascituro fosse parte del corpo della madre, ella non avrebbe il diritto di fare ciò che vuole con il suo corpo, non avrebbe il diritto di mutilarsi tagliandosi una mano o un piede. Ella non ha neanche il diritto di togliersi la vita mediante il suicidio.
3) "Un nascituro non è realmente umano finché non è nato"
Se un bambino non è umano prima della nascita, quando lo è?
Certamente non è un minerale o un vegetale. Le mucche danno vita alle mucche e le cavalle ai cavalli. Nessuno ha difficoltà nell'identificare un cane nascituro come un cane o un maiale nascituro come un maiale. Perché si dovrebbe porre la questione per i nascituri umani?
I nascituri umani sono identificati umani per il cambiamento di luogo? Cioè che dall'utero materno passano alle braccia materne? La differenza tra i bambini che sono nati e quelli che non sono ancora nati non è la loro natura, ma il luogo (essere nell'utero ed esserne fuori) e la loro misura. Certamente delle caratteristiche accidentali o circostanziali come quelle relative al luogo e alla misura, non determinano se un essere è umano o meno.
4) "I bambini non sono esseri personali coscienti"
Secondo questa obiezione uno deve essere cosciente per essere umano. Ma se la coscienza determina l'umanità, allora gli adulti che dormono non sono umani. Inoltre, se la coscienza determina l'umanità, allora quelli che cadono in coma perdono la loro umanità.
La logica conclusione di questo discorso sarebbe che uccidere esseri senza coscienza non sarebbe commettere omicidio, allora tutti gli assassini dovrebbero semplicemente far perdere la coscienza alle loro vittime prima di ucciderle.
Inoltre, i bambini sono coscienti prima di nascere. Un mese e mezzo dopo il concepimento, essi hanno le proprie onde cerebrali che poi manterranno per tutta la vita. L'essenza di queste onde è considerata un segno della morte, perché allora la loro presenza non è considerata un segno della vita?
Verso i tre mesi reagiscono agli stimoli e possono avere coscienza di un senso di oppressione, di dolore e di gioia.
La coscienza di sé (non la consapevolezza) distingue l'uomo dagli animali, anche da quelli di grado superiore. Tuttavia la coscienza di sé non si manifesta finché un bambino non arriva ad un anno e mezzo circa. Così, secondo la logica degli abortisti, si può giustificare l'aborto prima di quel periodo.
5) "Ogni bambino ha diritto a una vita piena"
Quali sono i criteri per stabilire se una vita è piena o meno e chi può stabilire questo?
Questo genere di ragionamento si è spinto talmente oltre che alcuni giudici hanno condannato dei genitori per aver messo alla luce bambini sapendo che erano deformati in base ai test prenatali.
Questo ragionamento potrebbe far credere che è possibile rinviare la nascita di un figlio a migliori circostanze, per cui lo si può uccidere ora. Non è così. Togliere la vita a questo nascituro significa togliere l'unica possibilità, che questo essere ha, di venire al mondo. Egli non avrà alcuna altra circostanza migliore per venire alla vita. Perciò la scelta non è fra una vita deforme e una sana, la vita è una solo e non c'è scelta. Ognuno ha diritto alla vita che egli ha, non tenere conto di questo significa attentare all'unica possibilità di vita.
Anche secondo questa logica, si dovrebbe poi uccidere tutti gli esseri umani deformi, anche al di fuori dell'utero materno (cosa che alcune menti diaboliche, in parte, hanno messo in atto nel corso della storia). Così questa logica abortista condurrebbe all'infanticidio e all'eutanasia, ed alcuni abortisti ammettono che queste due possibilità discendono dalla stessa logica. Secondo questi ultimi è più giustificabile togliere la vita a chi è deforme che togliere la vita a chi potrebbe esserlo secondo test prenatali.
6) "E' meglio abortire che esporre un figlio a maltrattamento"
Secondo ciò il non abortire figli indesiderati conduce al maltrattamento. Statisticamente è l'opposto. I casi di figli malmenati sono aumentati con l'aumentare degli aborti. Apparentemente il disprezzo per la vita umana, riflesso nell'accettazione dell'aborto, si estende dalla fase prenatale a quella post natale. Erroneamente questa obiezione fa ritenere che l'aborto non è un grande maltrattamento.
Attualmente l'aborto è il peggiore maltrattamento che può essere inflitto ad un essere umano: porta la morte. Per impedire che il bambino subisca maltrattamenti gli infliggono un maltrattamento peggiore. Questo è semplicemente grottesco.
Inoltre, se si può uccidere il nascituro per evitare potenziali oltraggi, perché non uccidere il già nato che viene attualmente malmenato? I milioni di bambini che vivono nella denutrizione si possono togliere di mezzo tranquillamente secondo questa logica. In altre parole, se noi proteggiamo il nato che viene maltrattato, quanto più dovremmo proteggere il nascituro che è ancor più indifeso?
7) "Noi dobbiamo fermare la sovrappopolazione o moriremo tutti di fame"
L'alternativa fra l'aborto e la sovrappopolazione è falsa. Ci sono altre alternative. Il controllo della nascite può limitare la sovrappopolazione senza omicidi e questo si può fare con la prevenzione.
8) "Non possiamo legiferare sulla moralità"
Se fosse così dovremmo sbarazzarci delle legislazioni che si basano sulla moralità. Dovremmo cominciare ad eliminare le proibizioni riguardo all'assassinio, alla crudeltà, al maltrattamento dei bambini, all'incesto ed a tutti quei casi in cui la morale è la base dalla formazione delle leggi applicate. Dovremmo eliminare anche le leggi antischiaviste e tutte le altre leggi sui diritti civili. Anche queste leggi riguardano il comportamento morale della persona. Questo sarebbe chiaramente sbagliato e pochi abortisti suggerirebbero di abolirle. Ma se è così, perché non dovremmo avere delle leggi per proteggere i diritti morali del nascituro?
Inoltre, le attuali leggi che permettono l'aborto su richiesta, sono di natura morale, perché in effetti affermano che togliere la vita a un essere umano, non ancora nato, è moralmente giusto.
E' impossibile evitare di legiferare secondo i criteri della moralità. Al fine di avere una buona legislazione bisogna incorporare nelle leggi ciò che è moralmente giusto. Per questo, è assolutamente ingiusto di togliere ad un essere umano innocente il suo diritto alla vita. Perché il diritto alla vita è il diritto dei diritti. Senza vita non c'è alcun diritto.
9) "I bambini mentalmente ritardati non dovrebbero essere fatti nascere"
E' interessante notare che nessuna organizzazione di genitori con figli mentalmente ritardati ha mai sostenuto l'aborto. Tutte le famiglie che io ho conosciuto, sono affezionate ai loro figli mongoloidi perché mostrano un amore schietto.
I bambini mentalmente ritardati sono umani, ucciderli equivale a commettere omicidio. A maggior ragione, non si deve uccidere quelli che non sono ancora nati perché sono ancora più indifesi. La logica con cui gli abortisti giustificano l'aborto terapeutico, sarebbe valida anche per l'infanticidio.
10) "Perché una donna violentata dovrebbe essere forzata a portare un figlio indesiderato?"
La violenza carnale è una delle cose più indegne che una persona possa subire. Bisogna avere grande compassione per le vittime, tuttavia bisogna tenere presente alcune cose: primo, non c'è alcun modo di disfare il fatto, ricorrere all'aborto non significa cancellare l'oltraggio; secondo, non viene fatta giustizia punendo la creatura che nasce. Due errori non fanno una verità. La colpa di ricorrere all'omicidio (aborto) non aiuterà la madre.
La violenza subita non è un crimine per la vittima, ma uccidere un innocente è un crimine.
Sebbene raramente le vittime di ratto danno alla luce dei figli, quei pochi bambini che vengono concepiti hanno tutto il diritto di vivere.
Chi non è stato benedetto ascoltando la musica gospel della famosa cantante di colore Ethel Waters? Sua madre fu una vittima di ratto, all'età di tredici anni. Forse che ella doveva abortire e non far nascere Ethel? Perché punire un frutto innocente anche se frutto di episodio di violenza carnale? Bisogna colpire il colpevole della violenza, il violentatore e non la più innocente creatura.
11) "Gli aborti vengono svolti comunque, meglio allora legalizzarli"
Dovremmo legalizzare il ratto e la violenza dei pedofili sui bambini solo perché esistono delle persone che commettono queste atrocità? Dovremmo legalizzare l'incesto e la crudeltà solo perché esistono delle persone che li commettono? Legalizzare delle cose malvagie non le rende moralmente giuste. Legalizzare un'attività illecita non ne frena necessariamente l'abuso, anzi qualche volta lo favorisce. Questo è attualmente il caso degli Stati Uniti.
D'altro canto, cambiare le leggi può aiutare a cambiare l'attitudine verso un certo illecito, come hanno dimostrato le leggi abolizionisti della schiavitù.
Le leggi in sé non possono forzare le persone ad essere buone, ma rafforzare le buone leggi può aiutare a frenare le persone nel fare il male.
12) "Legalizzare l'aborto salverà la vita delle madri in quanto renderà gli aborti più sicuri"
Le statistiche dicono che la maggior parte degli aborti avvengono ancora al di fuori degli ospedali. La Corte Suprema degli USA ha decisamente bocciato progetti di legge che erano atti ad assicurare un minimo di igiene nelle fabbriche dell'aborto. Così, se un carro bestiame si parcheggiasse in strada mettendo su un cartello con scritto: "qui si operano aborti", il governo non soltanto non impedirebbe l'operazione, ma non insisterebbe neanche che gli abortisti sterilizzassero i loro strumenti!
Inoltre, la legalizzazione dell'aborto in USA, non ha salvato vite, ma ha fatto perdere vite: 16 milioni nei primi dodici anni dal momento dell'approvazione da parte della Corte Suprema.
Anche se il governo sarebbe in grado di garantire migliori condizioni igieniche per effettuare l'aborto, significherebbe semplicemente assicurare l'igiene nell'omicidio. Sapere che si è trattato di un uccisione pulita è una ben magra consolazione per la vittima.
13) "Non dobbiamo proiettare la nostra moralità sugli altri"
Se è così, chi sono gli abortisti che proiettano la loro moralità su chi non è ancora nato? E come se essi dicessero ai non ancora nati: "Il mio credo morale è che voi non dovete vivere". Questa non è una proiezione di moralità, ma una proiezione di immoralità. Infatti, noi dobbiamo influenzare con la nostra moralità i convincimenti degli abortisti. Se non lo fanno quelli che sono capaci di influenzare con la giusta moralità per proteggere le vite innocenti, chi lo farà mai?
Proiettare le nostre giuste convinzioni morali sugli altri non è sbagliato, è sbagliato distruggere i diritti morali degli altri. L'aborto distrugge il diritto morale alla vita che hanno gli innocenti.
14) "L'aborto è la soluzione per le gravidanze indesiderate"
Una soluzione migliore è l'adozione. E' difficile affidare un bambina agli altri, ma è meglio che ucciderlo.
La madre che ha abortito è spesso depressa, sia quando arriva il tempo che avrebbe dovuto partorire che in seguito a rimorsi di coscienza ed altro. Questa depressione talvolta ricorre per anni ed anni in occasione del compleanno del bambino. qualche volta la depressione è così forte che la madre sfiora il suicidio.
Le madri con gravidanze indesiderate hanno di bisogno di incoraggiamenti per trattenere il figlio e non incoraggiamenti per uccidere il figlio. Un metodo efficace è la realizzazione e l'accoglienza in cliniche per consultazioni ed aiuti, non di cliniche per aborti.
15) "Nessun bimbo indesiderato dovrebbe mai nascere"
Secondo questa asserzione, ogni concepimento indesiderato dovrebbe automaticamente comportare un figlio indesiderato. Capita però che molte madri cambiano il loro atteggiamento dopo aver superato il trauma iniziale della gravidanza indesiderata. Spesso cambiano il loro atteggiamento anche quando avvertono o vedono con l'ecografia che portano un essere vivente nel loro grembo. Accade anche che molti madri cambiano idea dopo che i loro figli sono nati.
Se la madre non vuole allevare il bimbo, ci sono molte altre famiglie che, non possono avere figli, che sono disposte a riceverli. Nel mondo ci sono più persone che desiderano avere figli di figli che si possono adottare.
Per il solo fatto che non si desidera che qualcuno venga alla vita non ci dà il diritto di ucciderlo. I nostri desideri non debbono intaccare i diritti degli altri, specialmente il diritto di vivere. Davanti a Dio a davanti agli uomini una madre con un figlio sono due persone.
A questo punto voglio raccontarvi di una ragazza che seppe di essere gravida. Era fidanzata, ma il fidanzato non era il padre del bimbo. La sua famiglia era povera, perciò era duro per la famiglia mantenere un'altra bocca da sfamare. La sua famiglia aveva una buona reputazione ed ella non voleva che si spettegolasse. Abortire avrebbe potuto essere una soluzione al suo problema. Ma ella non volle abortire. Partorì un bimbo, un maschietto, e lo chiamò Gesù.
http://camcris.altervista.org/aborto.html

DAL CAMMINO CRISTIANO-TESTIMONIANZA SULL'ABORTO

Testimonianze sull'aborto
conseguenze dell'aborto sulla famiglia e sulla nostra generazione

Testimonianza di Catherine e Michel Hermenjat(traduzione dalla rivista francese "Aimer & Servir" della Union Evangélique Médicale e Parmédicale, 48 rue d'Elbeuf ­ 76410 Freneuse - Numero 132, Dicembre 2002)
[Catherine] Ho incontrato Michel all'età di 17 anni ed essendo nata in una famiglia "moderna", mia madre mi ha sempre detto: "Fai le tue esperienze sessuali, gira il mondo prima di sposarti". Già all'età di 16 anni mi ha accompagnata da un ginecologo, affinché potessi prendere la pillola. Malgrado ciò, a 18 anni mi sono ritrovata incinta. Quando i miei genitori lo hanno saputo, per loro era subito chiaro che non avrei potuto tenere il bambino. Erano molto delusi. C'era una sola soluzione, l'aborto.Sono stata messa di fronte a tutti gli argomenti che le persone evocano in casi del genere: "Sei troppo giovane. Non sei in grado di occuparti di un bebè. Non hai ancora finito gli studi. Un bambino ora ti farebbe cominciare la vita con un handicap. Cosa potreste offrire a questo bambino, ora? Come farete a vivere? Se vi sposate a causa di questa gravidanza, non date nessuna chance alla vostra coppia." Quest'ultimo argomento ha avuto un peso enorme nella bilancia dei pro e dei contro.Michel non ha osato dire la sua opinione, sua madre gli ha consigliato di non immischiarsi: "È una cosa da donne". Allora si è limitato ad accompagnarmi per fare tutte le pratiche necessarie. Siamo andati in un consultorio e da quel momento si è aperta un'autostrada davanti a noi. Secondo il loro punto di vista, dal momento che eravamo andati a consultarli, era chiaro che avevamo optato per l'aborto. Allora ci hanno dato una lista di medici favorevoli all'aborto e che lo praticavano. Nessuno ci ha parlato delle conseguenze. Nessuno ci ha chiesto se quella era veramente la nostra decisione o se subivamo pressioni esterne. Quello fu il periodo più tormentato di tutta la mia vita.Mi sono sentita abbandonata, sola. Così ho pensato che l'unica cosa da fare, come mi avevano detto al consultorio, era quella di abortire. Qualcuno mi ha detto che quella era la cosa migliore per il bambino, perché nascere in un contesto del genere non era bello per lui. Allora ho fatto quella scelta dolorosa, pensando che fosse la cosa migliore per tutti, anche per il bebè.Mi ricordo esattamente del giorno, della stagione, del tempo che faceva, mentre entravo nella clinica a Losanna. Mi ricordo l'anestesia. Michel era lì al mio risveglio. Non avevamo il coraggio di guardarci o di dirci qualcosa. I mesi seguenti sono stati molto delicati per la nostra coppia. Ancora oggi mi stupisco che la nostra coppia abbia sopravvissuto a quella prova.Otto mesi dopo ci siamo sposati, con l'idea di partire all'estero per dimenticare. Ma il progetto sfumò. In Svizzera è tradizione che il pastore, durante la cerimonia religiosa per il matrimonio, regali alla coppia una Bibbia. Così abbiamo cominciato a leggerla insieme e tre mesi dopo abbiamo deciso di seguire Gesù insieme.È stato durante la seconda gravidanza, sentendo il bambino muoversi dentro di me e, soprattutto, dopo il parto, prendendo quel piccolo essere nelle mie braccia, che ho potuto misurare l'impatto dell'aborto. Prima di tutto, le conseguenze a livello fisico: la placenta non si staccò in modo naturale. Difficoltà che si ripresentò nel parto successivo. Il medico mi spiegò che si trattava di una conseguenza del raschiamento abortivo. Così ho dovuto subire un intervento artificiale per liberarmi della placenta. Ogni volta persi molto sangue e mi fu praticata una trasfusione. Ma le conseguenze psicologiche furono ancora più dure. Tutto è cominciato quando, per la prima volta, ho tenuto tra le braccia il mio primo bebè. Ho capito quanto la vita di un bambino è preziosa, è fragile, indifesa, ma così determinata a vivere. Questo mi ha buttata in un profondo senso di colpa.Durante la quarta gravidanza, cioè per il nostro terzo figlio nato vivo, il dottore mi ha preparata all'eventualità dell'ablazione dell'utero, subito dopo il parto. L'ecografia mostrava che il problema dell'aderenza della placenta all'utero si stava aggravando. Questo ci ha fatto molto riflettere in coppia. Ci siamo umiliati davanti a Dio e gli abbiamo sinceramente chiesto perdono e abbiamo chiesto la preghiera di guarigione. Il pastore ha praticato l'unzione d'olio, come indica la Bibbia, e il Signore mi ha perfettamente guarita. Una settimana più tardi ho partorito e la placente si è staccata senza problema, lasciando l'equipe medica, riunita alle 3 del mattino, a bocca aperta. Per me, fu la sicurezza del pieno perdono di Dio. I due parti successivi si sono svolti senza problemi.Ma parliamo delle conseguenze psichiche: il senso di colpa è immenso e non c'è bisogno di essere credenti per provarlo: "Merito di avere altri bambini, dopo quello che ho fatto?" Alcune donne non sopportano di incrociare una donna con la carrozzina, cambiano marciapiede. Alcune donne non riescono a toccare il loro bambino. Altre hanno difficoltà ad allattare. Ci sono incubi notturni, tristezza improvvisa, senza ragione apparente, uno stato depressivo e soprattutto perdita dell'autostima: "Sarò veramente una buona madre?" L'inizio di una nuova gravidanza è più difficile. C'è anche molta collera e questo ha delle conseguenze sul rapporto con gli altri figli.Per quel che mi riguarda, ho vissuto diversi anni di depressione. Tre o quattro anni dopo la nascita del mio ultimo figlio, ho incontrato una donna che mi ha detto che i miei cicli di depressione potevano essere causati dal fatto di non aver fatto il lutto del bambino abortito. E infatti ho potuto constatare che i miei stati depressivi si producevano regolarmente alla data d'anniversario dell'aborto. Ogni anno, facevo una depressione di tre o quattro settimane, sempre nello stesso periodo. Michel ed io abbiamo così deciso di partecipare ad una terapia di gruppo per persone ferite dall'aborto, che permetta loro di ri-umanizzarsi. In effetti, riflettendoci, per arrivare all'aborto, occorre disumanizzare il bambino e, nello stesso tempo, se stessi. Così, ci è stato permesso di ri-umanizzarci e di ri-umanizzare anche il bebè. E questo è indispensabile per fare il lutto di un bambino che non abbiamo mai visto. Bisogna togliere il divieto di pensare a questo bambino. È permesso immaginarlo. Così sia Michel che io abbiamo avuto un'intuizione comune riguardante il sesso del bambino. Entrambi pensavamo che fosse stato un maschietto. E abbiamo voluto dargli un nome. Tutto questo fu determinante per entrambi per il processo di lutto. È stato un cammino difficile, che ha sconvolto la nostra coppia. Ma la verità ci libera. Durante questa terapia ho potuto capire anche l'impatto dell'aborto sugli altri figli. Quando abbiamo cominciato a discutere di questo con i nostri figli, non ho dovuto nemmeno mettermi al posto loro, per immaginare ciò che provavano.Anche i miei genitori avevano abortito il loro primo figlio, poco prima del loro matrimonio e, più ci pensavo, più mi rendevo conto del mio malessere, perché mi sentivo come la sopravvissuta ad un aborto. Nel fare tutto questo percorso, sono stata spinta da una doppia motivazione: guarire io stessa dal mio male e capire questa tragedia per evitare il più possibile che uno dei miei figli potesse seguire la stessa strada. La storia si ripeteva, eravamo di fronte ad un vero e proprio circolo vizioso e bisognava uscirne a tutti i costi. Ho capito anche quanto il mio atteggiamento di sopravvissuta, avesse ferito e destabilizzato i miei figli. Utilizzavo molta energia per giustificarmi e proteggere la mia esistenza. D'altro canto pensavo che, avendo eliminato il mio primo figlio, dovevo essere punita in qualche modo e che uno di loro avrebbe potuto morire. Così, non osavo affezionarmi a nessuno di loro. Spesso non ho saputo sostenerli, quando ne avevano bisogno, perché mi sentivo sommersa dai loro problemi e non ho saputo difenderli, cosa che anche una gatta sa fare con i suoi piccoli. So che i miei figli hanno sofferto per questo.Abbiamo realizzato che li avevamo privati di un fratello maggiore. Con la convinzione che si trattava di un maschietto, abbiamo detto ai nostri cinque figli, uno alla volta, che non abbiamo saputo accogliere il nostro primo figlio, il loro fratello maggiore. Il bilancio era pesante, occorreva riconciliarci con i nostri figli. Abbiamo chiesto loro perdono e li abbiamo rassicurati. Io mi sono impegnata verso i miei figli a cambiare e ad imparare a proteggerli.Mia figlia maggiore ha avuto una reazione che ci ha molto stupiti, dicendo: "Adesso capisco perché ho sempre saputo che io non dovevo essere la maggiore della famiglia! Ho vissuto fino ad ora con questa sensazione di malessere, per aver preso il posto di qualcun altro!"Nelle settimane seguenti i suoi risultati scolastici sono migliorati sensibilmente.Abbiamo anche capito la necessità di riconciliarci in coppia. Volevamo assolutamente rompere questo circolo vizioso. In effetti durante questo cammino di guarigione, Michel ed io abbiamo scoperto che entrambi provenivamo da famiglie che avevano fatto ricorso all'aborto. Senza minimizzare la nostra responsabilità, penso che questo abbia influito molto nelle nostre vite e nella nostra coppia. Ora volevamo che questo circolo vizioso trans-generazionale fosse interrotto.Il Signore ci ha guidati, attualmente viviamo delle belle cose in famiglia. Egli ha rialzato il nostro capo.
Testimonianza post-aborto di Michel Hermenjat
In passato ero favorevole all'aborto, ma ho cambiato idea. Mia moglie ed io abbiamo fatto ricorso all'aborto, circa vent'anni fa, pensando di risolvere una situazione e di fare la scelta giusta. Molti ci hanno incoraggiati, ma le conseguenze fisiche e psicologiche furono molto grandi. Tutta la nostra vita di coppia ed anche la relazione con i nostri figli nati vivi, sono stato sconvolte dall'aborto.Avevamo pensato che la nostra vita sarebbe continuata come prima, ma ci sbagliavamo. Restava una traccia, come un'assenza. Abbiamo avuto bisogno di molto tempo, prima di poterne parlare in coppia e poi con i nostri figli. Da cinque anni abbiamo deciso di parlarne con altri e spesso incrociamo la strada di coppie che condividono con noi la loro sofferenza, per aver fatto ricorso all'aborto.Spesso oggi si tende a minimizzare le conseguenze psicologiche derivanti da un aborto. Ed è anche vero che vent'anni fa nessuno ci ha proposto un'alternativa. Come uomo, l'aborto mi ha ferito. È il mio più grande fallimento: ho accettato la peggiore delle soluzioni. E soprattutto, non ho realizzato l'angoscia della mia compagna. Però, ho avuto anche il sentimento di essere stato tradito. Mi avevano assicurato che l'aborto avrebbe risolto un problema momentaneo. Invece è stato proprio l'opposto. La vera felicità per un padre è imparare a dare la sua vita per i suo figli. È una trappola per un uomo pensare che può sganciarsi dalla sua responsabilità o può disporre impunemente di un diritto sulla vita dei suoi figli.Oggi testimonio per evitare che altri vivano tutto questo dolore. È molto difficile per un padre fare il lutto di un bambino abortito. Ma nella mia esperienza la Grazia chiesta e ricevuta, dal Risorto, ha guarito la mia famiglia e le ha dato sicurezza e speranza.
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