ARTICOLI CONTRO L'ABORTO-ARTICOLI CHE DICHIARANO L'ABORTO UN CRIMINE CONTRO L'UMANITA'-ARTICOLI CHE SPIEGANO CHE IL FETO E' UNA PERSONA DOTATA DI UN'ANIMA SPIRITUALE.

martedì 15 gennaio 2008

TUTTA LA VERITA' SULL'ABORTO

1. L'embrione umano: vero uomo

http://www.fuocovivo.org/MOVIMENTO/abortotuttalaverit.htm

Nessuno potrebbe sostenere il cosiddetto «diritto di abortire» se non si desse per scontato un falso punto di partenza; e cioè che il frutto del concepimento, prima di nascere, è di fatto una realtà di serie B per quanto riguarda la sua condizione umana. Dunque uno dei principali nodi da sciogliere è proprio questo: il frutto del concepimento, l'embrione, è un essere umano a tutti gli effetti o no? Sinceramente la domanda fa un po' sorridere... ed è veramente incredibile che vi siano discussioni su questo punto anche tra gli stessi «scienziati». Vediamo di seguire insieme un ragionamento tutto sommato molto semplice e logico che ci toglierà questo dubbio.

Che l'embrione sia un individuo umano risulta scientificamente dalla ricerca sul DNA in base alla quale sappiamo che dall'integrazione dei due insiemi di informazioni genetiche al momento della fecondazione emergono un nuovo progetto e un nuovo programma inscritti nel genoma dello zigote. Ne risulta un «progetto/uomo» inciso indelebilmente, per cui l'uovo fertilizzato di un essere umano è in se stesso una vita umana, in quanto la trascrizione di geni strutturali entra in gioco proprio all'inizio dello sviluppo.

60. Alcuni tentano infatti di giustificare l'aborto sostenendo che il frutto del concepimento, almeno fin a un certo numero di giorni, non può essere ancora considerato una vita umana personale. In realtà, dal momento in cui l'ovulo è fecondato si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora. A questa evidenza di sempre... la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trovi fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona, questa persona con le sue note caratteristiche già ben determinate. [...] L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita.

(Evangelium Vitae, 60)


Detto in altre parole, in seguito alla fecondazione viene generato un nuovo DNA (il progetto/uomo) dall'integrazione dei patrimoni genetici del papà e della mamma. Sappiamo che il DNA è il codice genetico unico e irripetibile che contiene la descrizione esatta di ognuno di noi, e anche in questo caso (in seguito alla fecondazione) contiene già tutto il programma di sviluppo del nuovo essere umano. Ogni cosa è già definita fin da questo momento: tratti somatici, occhi, capelli, sesso, statura etc... Da questo momento inizia il processo di sviluppo del nuovo essere umano che non si arresterà più fino alla sua morte.

Un bambino a cinque anni è diverso rispetto a quando ne aveva uno, giusto? Allo stesso modo il feto è diverso dall'embrione, ma stiamo parlando sempre della stessa persona in momenti diversi del suo sviluppo. Le definizioni dei vari momenti dello sviluppo non possono mettere in discussione la natura stessa di ciò che si sta sviluppando, e cioè un essere umano. Le definizioni sono tante, ma hanno solo la funzione di contrassegnare momenti differenti di un unico sviluppo che inizia appunto dal concepimento stesso. Embrione, pre-embrione, blastocista, stria primitiva, feto, bambino, adolescente, adulto, anziano... è chiaro? Fasi diverse di un unico processo evolutivo. Se ci pensate bene è anche logico... Qualcuno dovrebbe spiegarci in base a quali parametri inconfutabili e oggettivi si sente autorizzato a decidere che ad un certo punto si può parlare di individuo umano e prima no!

Alcuni «scienziati» sostengono infatti che si può parlare di individuo umano soltanto dopo 15-16 giorni dall'ovulazione, cioè allo stadio di "stria primitiva". Vi rendete conto anche voi che questa affermazione è del tutto arbitraria e per niente oggettiva, non essendo peraltro dimostrabile scientificamente. L'unica cosa dimostrata dalla scienza è quella che abbiamo affermato fino ad ora, e cioè che il frutto del concepimento è biologicamente nuovo, umano e individualizzato. Non ha senso dire che dal 15° giorno è un individuo umano e al 14° invece no! Questi signori dovrebbero spiegarci cosa avviene di tanto speciale nella notte tra il 14° e il 15° giorno!

Bene, a questo punto facciamo un passo avanti e iniziamo a domandarci cos'è l'aborto procurato.




Gravidanza extrauterina operata 6 settimane dopo il primo giorno dell'ultima mestruazione. Questo piccolissimo essere umano era ancora vivo.






2. Cos'è l'aborto?

Abbiamo visto nel capitolo precedente che fin dal concepimento è generato un nuovo essere umano a tutti gli effetti che inizia il suo processo di sviluppo e crescita. Questo punto di partenza è particolarmente importante per comprendere come anche alcuni farmaci che vengono ingannevolmente definiti "contraccettivi" sono invece abortivi a pieno titolo. In questo caso si parla di "aborto chimico". Penso ad esempio alla RU-486, cioè la "pillola del giorno dopo"... È bene sapere che essa interviene ad ovulo già fecondato, cioè già in presenza di un embrione umano, impedendo che l'embrione stesso si annidi nella parete uterina e prosegua il suo sviluppo. In effetti la "pillola del giorno dopo" non si può neanche definire un farmaco, in quanto la gravidanza non è una malattia! Essa è a tutti gli effetti il primo pesticida anti-umano della storia, la prima pillola ad avere come unico scopo la soppressione della vita. Per approfondire questo argomento vi rimando al testo della Pontificia Academia Pro Vita "Comunicato sulla cosiddetta pillola del giorno dopo".

Ma torniamo al nostro quesito: cos'è l'aborto? Partendo dal presupposto del capitolo precedente ne deriva che "l'aborto procurato" o "interruzione volontaria della gravidanza" rappresenta sempre e comunque la soppressione di una vita umana già in evoluzione. In altre parole si tratta di omicidio.

Fra tutti i delitti che l'uomo può compiere contro la vita, l'aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile. Il Concilio Vaticano II lo definisce, insieme all'infanticidio, «delitto abominevole».

(Evangelium Vitae, 58)




Sono parole estremamente dure che a qualcuno potrebbero sembrare addirittura esagerate... ma non è così. Il report fotografico che abbiamo preparato vi convincerà senz'altro di queste affermazioni mettendovi difronte a una realtà tanto tragica quanto ignorata.

Certamente esistono situazioni umanamente terribili che possono indurre il malcapitato a considerare l'aborto come una valida e lecita scappatoia. Pensiamo ad esempio a una ragazza che dovesse scoprirsi incinta dopo aver subito una violenza carnale... oppure a una famiglia disagiata che si dovesse trovare a far fronte a una gravidanza inaspettata... o ancora ad una donna che dovesse scoprire di portare in grembo un feto gravemente malformato.
Sono indubbiamente casi di pesante disagio, è innegabile, ma neanche in queste situazioni estreme possiamo permetterci di essere tanto presuntuosi al punto da ritenerci autorizzati a decidere della sorte di una vita innocente.

Piuttosto che ricorrere all'aborto uccidendo un bambino innocente, se proprio la situazione è disperata, ci si può avvalere del diritto di partorire nell'anonimato per poi dare il bimbo in adozione. Se non c'è proprio altra scelta... almeno si scelga il male minore.

L'accettazione dell'aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita. Di fronte a una così grave situazione, occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia alla verità e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a compromessi di comodo o alla tentazione di autoinganno. [...] Proprio nel caso dell'aborto si registra la diffusione di una terminologia ambigua, come quella di «interruzione della gravidanza», che tende a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell'opinione pubblica. [...] Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l'aborto procurato è l'uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita.

(Evangelium Vitae, 58)




Va sottolineato che se oggi il ricorso all'aborto procurato è così diffuso lo si deve in gran parte alla disinformazione che regna su tale argomento. Nella coscienza di molti infatti non ne viene percepita la vera gravità, in quanto tramite un'informazione puntualmente ingannevole si è tentato di nascondere ciò che l'aborto è veramente, favorendo la diffusione di un concetto totalmente falso, secondo il quale fino al momento della nascita il bambino non è ancora un bambino, ma bensì un qualcosa di non completo, non formato... ed evidentemente non degno di continuare necessariamente a vivere! Lo ripeto, questa è una grossa bugia!

Passiamo dunque ad esaminare nel prossimo capitolo quelle che possono essere le eventuali responsabilità in gioco.


10 settimane. Lo sviluppo del piccolo essere umano è frenetico.






3. Le responsabilità

Stabilire delle precise responsabilità in questo campo è una cosa piuttosto complessa. È chiaro che in questa sede parliamo di responsabilità morali, quelle che portiamo davanti a Dio. Come abbiamo già detto nel capitolo precedente l'informazione proposta sull'aborto risulta essere sistematicamente ambigua e ingannevole, soprattutto da parte di coloro che più di altri avrebbero il compito di mettere al corrente le donne su come stanno veramente le cose, cioè i medici e i consulenti delle strutture ospedaliere. Comunque un certo grado di responsabilità ricade su tutti i coinvolti, seppure in modo dipendente dalla misura nella quale essi sono coscienti di ciò che fanno.

Spesso la donna risulta essere la seconda vittima dell'aborto, per questo occorre promuovere un'informazione veritiera e puntuale soprattutto nei suoi confronti. Sono convinto che molte donne se sapessero cosa avviene realmente durante un aborto vi rinuncerebbero in partenza. Il nostro report fotografico è abbastanza esplicito in questo senso; già da solo dice più di mille parole.

A decidere della morte del bambino non ancora nato, accanto alla madre, ci sono spesso altre persone. Anzitutto, può essere colpevole il padre del bambino, non solo quando espressamente spinge la donna all'aborto, ma anche quando indirettamente favorisce tale sua decisione perché la lascia sola di fronte ai problemi della gravidanza. [...] Né vanno taciute le sollecitazioni che a volte provengono dal più ampio contesto familiare e dagli amici. Non di rado la donna è sottoposta a pressioni talmente forti da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all'aborto: non v'è dubbio che in questo caso la responsabilità morale grava particolarmente su quelli che direttamente o indirettamente l'hanno forzata ad abortire. Responsabili sono pure i medici e il personale sanitario, quando mettono a servizio della morte la competenza acquisita per promuovere la vita. Ma la responsabilità coinvolge anche i legislatori, che hanno promosso e approvato leggi abortive e, nella misura in cui la cosa dipende da loro, gli amministratori delle strutture sanitarie utilizzate per praticare gli aborti. Una responsabilità generale non meno grave riguarda sia quanti hanno favorito il diffondersi di una mentalità di permissivismo sessuale e disistima della maternità, sia coloro che avrebbero dovuto assicurare -e non l'hanno fatto- valide politiche familiari e sociali a sostegno delle famiglie, specialmente di quelle numerose o con particolari difficoltà economiche ed educative. Non si può infine sottovalutare la rete di complicità che si allarga fino a comprendere istituzioni internazionali, fondazioni e associazioni che si battono sistematicamente per la legalizzazione dell'aborto nel mondo. [...] Come ho scritto nella mia "Lettera alle Famiglie", «ci troviamo di fronte ad un'enorme minaccia contro la vita, non solo di singoli individui, ma anche dell'intera civiltà». Ci troviamo di fronte a quella che può definirsi una «struttura di peccato» contro la vita umana non ancora nata.

(Evangelium Vitae, 59)




La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. Chi procura l'aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica «latae sententiae», per il fatto stesso d'aver commesso il delitto e alle condizioni previste dal diritto. La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

(Catechismo della Chiesa Cattolica, 2272)




La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. Chi procura l'aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica «latae sententiae», per il fatto stesso d'aver commesso il delitto e alle condizioni previste dal diritto. La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

(Catechismo della Chiesa Cattolica, 2272)


Insomma siamo un po' tutti responsabili. Occorre davvero un profondo esame di coscienza e l'impegno a battersi, d'ora in poi, solo ed esclusivamente a favore della vita. Per fortuna davanti a Dio abbiamo sempre "un'altra possibilità"... È quindi arrivato il momento di rialzarsi, riconciliarsi e guardare avanti. Se ognuno di noi non inizia a fare qualcosa nel suo piccolo il mondo non cambierà mai.

Se sei una donna e dopo aver letto queste pagine ti senti tremendamente in colpa per qualcosa che hai fatto o che pensavi di fare... non disperare, Dio è amore e ti stava aspettando! Nel prossimo capitolo esaminiamo dunque la nostra presa di coscienza.


Kelly é venuta alla luce a 12 settimane e, ora che é cresciuta, sta perfettamente.






4. La presa di coscienza

Può essere che qualcuno, arrivato a questo punto, si stia accorgendo di aver commesso (più o meno volontariamente) un vero e proprio delitto. Forse quel peso che grava sulla sua coscienza e che la imprigiona impedendole di gioire nel profondo è dovuto proprio a questa consapevolezza... Già perché, in fondo, la coscienza parla a tutti, credenti e non. Solo che chi non riesce o non vuole "sentirla" non si spiega nemmeno il perché di quel perenne "groppo alla gola"...

La donna infatti rimane anch'essa vittima dell'aborto, anche se spesso non ne ha piena coscienza. Con l'aborto, oltre al figlio che porta in grembo, la donna perde anche una buona parte della sua integrità morale e spirituale, della sua autostima e della sua stessa libertà. Diventa quindi indispensabile un'adeguata assistenza per il recupero di queste persone sia a livello psicologico/morale che spirituale.

Il Card. John O'Connor, Arcivescovo di New York, porta avanti un progetto che speriamo venga presto imitato anche in Italia; si tratta del "Project Rachel".

Il Project Rachel è un ministero dell'Ufficio Arcidiocesano per la Famiglia ed il Rispetto della Vita. Sacerdoti, psichiatri e psicologi formati all'uopo forniscono consigli di tipo individuale, spirituale e psicologico, così come una riconciliazione sacramentale per le donne che hanno sofferto il dramma dell'aborto. Da quando il Project Rachel opera in molte diocesi degli Stati Uniti, migliaia e migliaia di donne, e spesso anche coloro che sono responsabili delle loro gravidanze e dei loro aborti, hanno trovato la pace; molte volte quel tipo di pace spirituale che non hanno mai conosciuto prima. Inoltre, quasi certamente è escluso che esse vi ricadranno in futuro.

Ma vediamo cosa ci racconta proprio una delle mamme che hanno partecipato al progetto in questa lettera indirizzata al sacerdote che dirige il movimento arcidiocesano Project Rachel:

"Ho desiderato scriverle sin dall'incontro che ho avuto con lei nel dicembre scorso. Un amico mi ha parlato del Project Rachel [...]; questo amico è molto impegnato nel movimento anti-abortista, dove presta servizio.

Con questa mia lettera desidero dirle "grazie". Non so perché sia così difficile esprimere il profondo effetto che l'incontro ha avuto su di me. Le parole non mi sembrano adatte ad esprimere la mia gratitudine. Ho combattuto a lungo con le conseguenze del mio aborto. I tentativi fino ad allora compiuti per mettermi l'animo in pace non avevano avuto successo. Ciò che questa volta era diverso era l'assoluta e completa presa di coscienza del bambino ucciso. Egli non era più solamente "un pezzetto di tessuto" o "una sacca di sangue" che aveva cessato di esistere. Molto del dolore che ho provato negli anni è stato per questo essere umano non nato, rifiutato e rinnegato. Così quando lei ha detto "Puoi dare un nome al tuo bambino", qualcosa in me è cambiato. Non dimenticherò mai quelle parole, perché egli dopo è diventato un bambino, recuperato dal secchio della spazzatura nel quale era stato tanto brutalmente gettato. Grazie per averlo riconosciuto, per avermi aiutato a ritrovarlo, per avergli restituito la dignità che io gli avevo negata. Ora posso essere un po' più tranquilla con me stessa, sapendo che egli è stato innalzato dagli abissi fino ad essere posto amorosamente nelle mani di Dio. Gli ho messo nome Matteo Giuseppe. Spero che lei pregherà per lui.

Ho ancora un ringraziamento da farle. Grazie per aver rappresentato Gesù Cristo così bene presso di me."




"Ho desiderato scriverle sin dall'incontro che ho avuto con lei nel dicembre scorso. Un amico mi ha parlato del Project Rachel [...]; questo amico è molto impegnato nel movimento anti-abortista, dove presta servizio.

Con questa mia lettera desidero dirle "grazie". Non so perché sia così difficile esprimere il profondo effetto che l'incontro ha avuto su di me. Le parole non mi sembrano adatte ad esprimere la mia gratitudine. Ho combattuto a lungo con le conseguenze del mio aborto. I tentativi fino ad allora compiuti per mettermi l'animo in pace non avevano avuto successo. Ciò che questa volta era diverso era l'assoluta e completa presa di coscienza del bambino ucciso. Egli non era più solamente "un pezzetto di tessuto" o "una sacca di sangue" che aveva cessato di esistere. Molto del dolore che ho provato negli anni è stato per questo essere umano non nato, rifiutato e rinnegato. Così quando lei ha detto "Puoi dare un nome al tuo bambino", qualcosa in me è cambiato. Non dimenticherò mai quelle parole, perché egli dopo è diventato un bambino, recuperato dal secchio della spazzatura nel quale era stato tanto brutalmente gettato. Grazie per averlo riconosciuto, per avermi aiutato a ritrovarlo, per avergli restituito la dignità che io gli avevo negata. Ora posso essere un po' più tranquilla con me stessa, sapendo che egli è stato innalzato dagli abissi fino ad essere posto amorosamente nelle mani di Dio. Gli ho messo nome Matteo Giuseppe. Spero che lei pregherà per lui.

Ho ancora un ringraziamento da farle. Grazie per aver rappresentato Gesù Cristo così bene presso di me."


In Italia, secondo i dati forniti dal Ministero della Sanità, dal 1978 al 1999, gli aborti legalizzati sono stati 3.818.383 ai quali si aggiungono gli oltre 840.000 aborti clandestini stimati nello stesso periodo. La potenza distruttiva di ogni singolo aborto non permette il calcolo in termini di vite dello stragrande numero di madri, padri, fratelli, abortisti e loro assistenti coinvolti. Soltanto il bambino muore.

La madre e gli altri spesso vivono o cercano di vivere dibattendosi tra sensi di colpa, tormenti, modelli normali di comportamento trasformati nel loro contrario. Alcuni, credendosi esclusi per sempre dalla redenzione, entrano in un circolo vizioso fatto di promiscuità, gravidanze, aborti, e abbandonano la fede; se sono cattolici, non vanno a Messa e non ricevono i Sacramenti, credendosi indegni del perdono che è stato dato loro nel confessionale.

Se la madre ha mai avuto una scintilla di fede, di convinzione religiosa, di educazione morale, si sente schiacciata dal senso di colpa, una colpa che può essere spinta nelle profondità dell'inconscio da una forza qualsiasi, ma che diventa così un cancro dell'anima.

La madre che ha dato la morte al proprio figliolo, per un motivo qualsiasi o perché disorientata e sottoposta a pressioni, ha un forte bisogno di essere convinta, più di ogni altro al mondo, che è stata perdonata, non da un consulente o da sé stessa, ma da Dio. Queste madri devono credere che Dio le ama, malgrado, o in un senso profondamente misterioso, anche a causa della loro debolezza. Esse devono vedersi assieme a Maria ai piedi della Croce, unendo la crocifissione del proprio figlio con quella del Figlio di Maria. Esse devono sapere che avendo condiviso questa crocifissione, condividono il Suo perdono, ed è di ognuna di loro che Egli parla quando grida al Padre: «Padre, perdonali perché non sanno ciò che fanno». Esse devono sapere che è ad ognuna di loro che Egli ha promesso dalla Croce: «Oggi stesso tu sarai con me in Paradiso».



«Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».

(Gv 8, 7b.9-11)


Dunque è il momento della "presa di coscienza". È ora di distinguere il bene dal male e di scegliere il bene. È ora di diventare consapevoli dell'altissima missione affidataci da Dio e dell'amore che Egli riversa su ognuno di noi.

Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come pure l'infanticidio sono abominevoli delitti.

(Concilio Vaticano II, GS 51: AAS 58 (1966) 1072)




Ricominciamo quindi a prenderci cura della vita, iniziando da noi stessi. Una volta riconciliati con Dio, sorgente d'amore per la vita, avremo l'energia per "contagiare" anche coloro che ci stanno accanto, i quali noteranno subito la luce nuova che ci riveste.




La vita è bella!

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