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domenica 13 gennaio 2008

L'ABORTO E LE STREGHE DI FRASCESCO AGNOLI

L'ABORTO E LE STREGHE


L'aborto è un argomento non molto trattato e non molto conosciuto al giorno d'oggi: non interessa tanto agli intellettuali e ai giornalisti; la cultura dominante lo ritiene scabroso e preferisce non parlarne; i libri di storia adottati a scuola dribblano elegantemente le vicende politiche, culturali, gli scontri che hanno segnato l'introduzione nella modernità di questa discussa pratica. La televisione, sempre pronta a captare il marcio e il sensazionale, la violenza ed il sangue, non ha mai trasmesso le immagini di un bimbo tormentato dagli acidi o inseguito da una minacciosa punta d'acciaio. Falsità e ipocrisia, depistaggio continuo della cultura ufficiale e dominante. Eppure l'aborto riguarda l'uomo, l'innocente, la vita ai suoi albori, l'essenza stessa dell'uomo, della famiglia, del frutto di un rapporto d'amore. Secondo il concetto giusnaturalista, che è stato alla base del pensiero giuridico europeo fino all'Illuminismo, la legge morale è come la legge fisica: non viene inventata, creata dall'uomo, ma scoperta, riconosciuta nella realtà come dato di fatto. Non uccidere, o non rubare, sono cioè regole inderogabili, che nessuna autorità politica, sia essa dittatoriale o maggioranza democratica, può modificare. Fondamento di tutto il diritto è il diritto alla vita, senza la quale, appunto, non esiste diritto.

Prima del Novecento il diritto alla vita innocente, in questo caso a quella del bambino, è violato da singole persone, che praticano l'aborto con i cosiddetti "ferri", o con modalità di avvelenamento (indigestione di prezzemolo, segale cornuta ecc). Mai però viene stabilita per legge la bontà di una simile azione: per questo il fenomeno dell'uccisione dei bambini rimane limitato. Intorno al Cinquecento l'uccisione dei bambini viene talora praticata dalle cosiddette "streghe", persone superstiziose che in taluni casi uccidono i piccoli innocenti per fare filtri d'amore o pozioni magiche di qualche tipo. Si tratta di una perversione già presente nell'antichità, come ci racconta anche il poeta latino Orazio (I sec. a. C)., allorché ci parla della strega Canidia nel suo quinto epodo. Vi si descrive un puer, un fanciullo, che viene sepolto in una buca, fino al mento: "col midollo raschiato e il fegato secco si farà il beveraggio dell'amore" ( un'altra bevanda di Canidia è fatta di fichi selvaggi, piume di civetta, uova di rospo, erbe di Iolco...). L'uccisione di un fanciullo rientra nella logica tipica del sacrificio antico: il sacrificio più prezioso è quello di creature giovani, innocenti (se si tratta di animali, i vitelli, di vegetali, le primizie). Una celebre maga greca è invece Medea, anch'essa creatrice di filtri magici per mezzo di erbe: per salvare il suo Giasone finisce per uccidere e fare a brandelli il suo fratellino Absirto. Tali pratiche terribili, ancora nel Cinquecento, vengono compiute sotto l'effetto di sostanze allucinogene, presenti in alcune erbe, soprattutto nella segale cornuta, che viene usata nel contempo come abortivo e come stupefacente, contenendo un alcaloide, l'ergonovina, da cui nel 1943 verrà sintetizzato in laboratorio l'acido lisergico dietilamide (LSD); le streghe usavano anche l'amanita muscaria, un fungo velenoso, e la butofenina, una sostanza contenuta nelle secrezioni della pelle del rospo (si capisce allora il senso degli strani ingredienti delle pozioni: "erbe" di Iolco, code o uova di rospi…). Culti e riti di questo tipo esistono ancora in paesi africani e a Cuba. Tutto ciò, dicevo, rimane comunque un fenomeno limitato e riprovato dalla gente comune oltre che dalle autorità e dalla legge.

Fonti fin qui: Orazio, Odi, BUR; Messori, Pensare la storia, Paoline; Ginsborg, Il sabba, Einaudi; Blondet, I mostri del XX secolo, Effedieffe; Gatto Trocchi, La magia, Newton.

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