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lunedì 12 ottobre 2009

Come funziona la Ru486

31/7/2009 (13:23) - LA SCHEDA
Come funziona la Ru486
Ecco come funziona la Ru486, il farmaco che consente di interrompere la gravidanza senza sottoporsi ad intervento chirurgico, autorizzato ieri in Italia dal Cda dell’Aifa. È da premettere che ogni Paese in cui la pillola abortiva è commercializzata ha delle regole e delle scadenze precise: la Ru486 può infatti essere assunta entro un certo periodo di tempo, calcolato in settimane, che varia da nazione a nazione.

1) In Italia, accertato con un’ecografia che la gravidanza sia all’interno dell’utero e di un periodo inferiore a sette settimane, e completate le procedure della legge 194, il medico somministra il mifepristone. Questa molecola blocca i recettori del progesterone sulla mucosa e sulla muscolatura dell’utero, aumentandone l’eccitabilità e favorendo la dilatazione del collo. Nel 70% dei casi l’interruzione della gravidanza avviene entro le 4 ore dalla somministrazione del primo farmaco, nel restante 30% entro le 24 ore successive.

2) Trascorse 24-36 ore, viene somministrata una prostaglandina che induce contrazioni uterine ed espulsione dei tessuti embrionali. È prevista la permanenza della paziente per 3/4 ore in ospedale. Mel 70% dei casi l’espulsione del feto avviene entro le 4 ore. Il ricorso all’intervento chirurgico è necessario nel 2% dei casi.

3) Dopo circa 10/14 giorni la donna torna in ospedale per il controllo. L’Emea, nelle sue indicazioni, non prevede il ricovero.

http://www.lastampa.it:80/redazione/cmsSezioni/cronache/200907articoli/46024girata.asp

la Santa Sede: «scomunica per chi la usa e per chi la prescrive»

la Santa Sede: «scomunica per chi la usa e per chi la prescrive»
La Ru486 arriva in Italia
Dura condanna del Vaticano
Via libera a maggioranza dall'Agenzia del farmaco
alla commercializzazione della pillola abortiva



ROMA - La Ru486 arriva in Italia. Dopo una riunione durata più di quattro ore, è arrivato giovedì in tarda serata il via libera a maggioranza (quattro contro uno) dall'Agenzia italiana del farmaco alla pillola abortiva. Il Consiglio di amministrazione dell'Aifa ha infatti approvato l'immissione in commercio nel nostro Paese del farmaco già commercializzato in diverse altre Nazioni. Nel Cda dell'Aifa hanno votato a favore della pillola il presidente Sergio Pecorelli e i consiglieri Giovanni Bissoni, Claudio De Vincenti e Gloria Saccani Jotti. Ad esprimersi negativamente è stato invece Romano Colozzi, assessore alle Risorse e Finanze della Regione Lombardia. La Ru486 potrà essere utilizzata in Italia solo in ambito ospedaliero, così come la legge 194 prevede per le interruzioni volontarie di gravidanza. Nelle disposizioni, ha spiegato l'assessore Bissoni, c'è un «richiamo al massimo rispetto della legge 194 e all'utilizzo in ambito ospedaliero. Dopo una lunga istruttoria è stato raccomandato di utilizzare il farmaco - ha aggiunto - entro il quarantanovesimo giorno, cioè entro la settima settimana». Entro questo termine, infatti, le complicanze per l'uso del farmaco sono sovrapponibili a quelle dell'aborto chirurgico, ha concluso l'assessore.

LA CONDANNA DEL VATICANO - Ancora prima che l'Aifa si pronunciasse, il Vaticano era tornato all'attacco contro la pillola abortiva. L'Osservatore Romano aveva affrontato in mattinata il nodo della Ru486 riportando le preoccupazioni espresse dalla sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella. «La decisione dell’Aifa a favore della commercializzazione - secondo il sottosegretario, non è scontata, alla luce delle 29 morti tra donne in vari Paesi del mondo causate dalla Ru486. Sulla sicurezza della pillola, dunque, "persistono molte ombre"», ha scritto il quotidiano vaticano. È stato poi monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita, a spiegare che l'uso della pillola in questione comporta la scomunica per le donne che vi fanno ricorso così come per i medici che l’hanno prescritta perché la sua assunzione è analoga a tutti gli effetti dell’aborto chirurgico. «Dal punto di vista canonico è come un aborto chirurgico» sottolinea il vescovo. «L’assunzione della Ru486 equivale ad un aborto volontario con effetto sicuro, perché se non funziona il farmaco c’è l’obbligo di proseguire con l’aborto chirurgico. Non manca nulla. Cosa diversa è la pillola del giorno dopo, che, pur rivolta ad impedire la gravidanza, non interviene con certezza dopo che c’è stato il concepimento. Per la Ru486, quindi, c’è la scomunica per il medico, per la donna e per tutti coloro che spingono al suo utilizzo». «Rimango allibito dall'atteggiamento dell'Aifa (agenzia italiana per i farmaci)» ha anche detto Sgreccia e « spero - ha aggiunto - che ci sia un intervento da parte del governo e dei ministri competenti» perché la pillola abortiva RU486 «non è un farmaco, ma un veleno letale».

«L'AGGRAVANTE DEL RISCHIO PER LA MADRE» - La pillola«ha effetto abortivo, quindi valgono - prosegue Sgreccia - tutte le considerazioni che valgono quando si parla di aborto volontario. C’è, inoltre, un’aggravante che dovrebbe far riflettere anche chi appoggia la legalizzazione dell’aborto chirurgico, ed è il rischio per la madre. Più di venti donne sono morte per effetto della somministrazione di questa sostanza. Questo farmaco assume, quindi, la valenza del veleno. È una sostanza non a fine di salute, ma a fine di morte. Si va contro la regola fondamentale della vita della madre. Bisognerebbe, per questo motivo, sospendere tutto. Inoltre - prosegue il vescovo - si cerca di scaricare sulla donna sola la responsabilità della decisione. Si torna a una forma di privatizzazione dell’interruzione di gravidanza. All’inizio si è legalizzato l’aborto proprio per toglierlo dalla clandestinità, ora il medico se ne lava le mani e il peso di coscienza ricade sulla donna».

«SULL'AIFA PRESSIONI POLITICHE ED ECONOMICHE» - Sgreccia poi non ha dubbi sulle cause che spingono l’Aifa alla liberalizzazione del farmaco: si tratta, secondo il presule, di «pressioni politiche ed economiche».


30 luglio 2009(ultima modifica: 31 luglio 2009)

Corriere.it
ABORTO: FIORE (FN), PRONTI PER CAMPAGNA INFORMATIVA SU RISCHI RU486

(ASCA) - Roma, 30 lug - Nel caso la RU486 ricevesse il via libera dall'Aifa ''Forza Nuova preparera' una intensa campagna informativa sulle conseguenze del prodotto''. Ad annunciarlo Roberto Fiore, Segretario di Forza Nuova.

''Mentre il dibattito sulla pillola abortiva si fa sempre piu' intenso - prosegue Fiore - e aumentano di giorno in giorno i contrari, che ormai sono la maggioranza degli italiani, le grandi multinazionali farmaceutiche si compattano per far valere i loro immensi interessi economici sulla pelle delle donne e di tutti i cittadini. Tale pillola e' pericolosissima per la salute delle donne, oltre a inaugurare una nuova frontiera dell'assassinio disinvolto. Mi auguro che il Cda dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) non approvi la legalizzazione della vendita della Ru486, anche se temo cedra' alle fortissime pressioni delle case produttrici''.



ROMA - Sarebbero almeno 29 i decessi registrati tra le donne in seguito all'utilizzo della pillola abortiva RU486 secondo dati forniti dall'azienda produttrice Exelgyn al ministero della Salute e quindi all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Tale dato "non risulta però nei verbali del comitato tecnico scientifico dell'Aifa né dell'Autorità europea per i farmaci Emea". Lo ha confermato il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, durante la presentazione della relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 194 per l'interruzione volontaria di gravidanza. Il dato relativo ai decessi collegati all'utilizzo della pillola RU486 in vari Paesi era circolato nelle scorse settimane pur essendo stato secretato dall'azienda per motivi di privacy.

Domani il Cda dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) valuterà l'immissione in commercio in Italia della pillola abortiva RU486, ma il via libera non è scontato: "La valutazione dell'Aifa non è solo un passaggio burocratico". Lo ha affermato il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, durante l'illustrazione della relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 194 sulle interruzioni volontarie di gravidanza. "Domani - ha detto Roccella - il Cda dell'Aifa avrà valutazioni da fare e non si tratta di un passaggio burocratico, anche se il via libera da parte del Comitato tecnico-scientifico dell'Aifa risulta già essere un atto fondamentale". Riferendosi quindi all'utilizzo della pillola RU486 nell'ambito di protocolli regionali da parte di alcuni istituti sanitari, Roccella ha reso noto il dato riportato nella relazione al Parlamento ed in base al quale nel 2007 "alcuni istituti hanno utilizzato tale approccio farmacologico per l'interruzione della gravidanza per un totale di 1.010 casi, pari allo 0,8% di tutte le interruzioni di gravidanza (ivg)". Attualmente, ha spiegato Roccella, dato che l'iter di autorizzazione all'immissione in commercio in Italia non risulta ancora concluso, per questa procedura abortiva non esistono rilevazioni sistematiche. I dati forniti da alcune Regioni, ha aggiunto, "indicano però una prassi di ricovero in day hospital, con una discrepanza rispetto all'uso consigliato per questo farmaco da due diversi pareri del Consiglio superiore di sanità, secondo i quali l'aborto con la RU486 deve essere completato all'interno della struttura ospedaliera".

Tutti i rischi ammessi da chi la produce
La notizia era trapelata alla fine di giugno: un dossier dettagliato sulla pillola abortiva era stato inviato al ministero della Salute dall'azienda produttrice della Ru486, la francese Exelgyn, e da questo «girato» per competenza all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per una valutazione tecnico-scientifica.

E da quanto era stato rivelato da alcune agenzie di stampa, nel dossier per la prima volta si ammettevano 29 morti dall'uso della pillola abortiva, anche se non in tutti i casi l'utilizzo del farmaco era finalizzato all'interruzione di gravidanza, ma anche per un «uso compassionevole». Il che apre ancora più ampi dubbi sulla decisione del cda dell'Aifa. Infatti la massima trasparenza nella valutazione dei dati era stata invocata dal sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, per rispondere con criteri di oggettività scientifica ai dubbi che la pillola abortiva continua a sollevare. Ma evidentemente questo, alla fine, non è stato fatto.

Dell'azione della Ru486, Avvenire è stato tra i più assidui a parlare per pretendere che le notizie sulle morti e sugli eventi indesiderati fossero resi noti e analizzati per una valutazione il più possibile obiettiva del farmaco. Soprattutto dopo che un editoriale del «New England Journal of Medicine» di quattro anni or sono aveva rivelato che, pur nella differenza di numeri assoluti, la mortalità in seguito all'aborto medico (o chimico) è dieci volte più alta di quella per aborto chirurgico, a dispetto della «favola» che vuole far credere più facile e moderno il ricorso al farmaco per l'interruzione di gravidanza.

Il dossier dell'azienda produttrice, pur non ammettendo legami diretti tra l'assunzione della Ru486 e i decessi, comunica che non sono solo 16 (o 17 come già segnalato da Avvenire nei mesi scorsi) i casi di morte per l'uso del mifepristone, bensì 29 nel periodo compreso tra il 28 dicembre 1988 e il 28 febbraio 2009. Ai quali andrebbero però aggiunti due decessi avvenuti solo dopo l'assunzione del secondo farmaco (il misoprostolo) che però è indispensabile al completamento della procedura abortiva, ma che l'azienda produttrice non ha mai indicato per uso abortivo.

Non solo morti però, emergono tra gli effetti avversi. Il caso più grave – pubblicato su «Obstetrics and Gynecology» – è relativo a una donna alla quale, dopo un aborto chimico con la Ru486, è andata incontro a un'infezione da Streptococco che ha reso necessario amputarle la gamba sotto il ginocchio. Del resto molti dei casi di morte sono stati attribuiti all'azione di un raro batterio (Clostridium Sordelli), che si è presentato in misura straordinariamente frequente dopo l'uso del mifepristone.

Va ricordato che, per la sua azione sugli ormoni, il mifepristone è da tempo indicato per la cura del morbo di Cushing, ed è stato anche sperimentato (come testimoniato da pubblicazioni scientifiche) nella terapia antidepressiva. E che il secondo farmaco, il misoprostolo, è un antiulcera: la stessa casa produttrice lo ha sconsigliato per uso abortivo in tutto il mondo e in Italia dovrebbe essere utilizzato «off label».

http://www.avvenire.it/Cronaca/ru+rischi_200907310940103200000.htm


http://www.tradizione.biz/forum/viewtopic.php?p=180919#180919

La pillola abortiva divide gli imperiesi

La pillola abortiva divide gli imperiesi
01 agosto 2009 | Natalino Famà

Si accende anche in provincia il dibattito sull’uso della Ru486 per interrompere la gravidanza. L’Asl 1 attende istruzioni dalla Regione ed è cauta, la Diocesi ribadisce la sua condanna, le associazioni femminili difendono il diritto delle donne alla libera scelta
Un metodo ancora troppo recente che non ha completamente dimostrato l’assenza di rischi, eticamente molto criticato ed avversato da una parte, accolto con i favori della liberazione dallo stress e dai rischi di un intervento chirurgico, dall’altra. Anche la provincia di Imperia, medici compresi, al di là delle fedi politiche e delle credenze religiose, è divisa sulla Ru486, la pillola abortiva approvata l’altro ieri dall’Agenzia italiana del farmaco.


Il professore Franco Gorlero, primario del reparto di ginecologia e ostetricia dell’ospedale di Imperia, una divisione fiore all’occhiello della Asl, è tra i primi a porre innanzi a tutto una grande cautela a proposito del mifepristone, il principio attivo della pillola Ru486.

«In questo momento è decisamente prematuro esprimere anche un solo commento, un parere scientifico sulla somministrazione della Ru 486 - dice il professor Gorlero - Peraltro è necessario attendere quel che la Regione disporrà in merito alla diffusione e somministrazione del farmaco. Nessuno di noi conosce con esattezza tutte le risultanze della sperimentazione eseguita in Italia. Per cui, escludendo interpretazioni e decisioni che riguardano l’etica o quant’altro, ritengo che sia necessaria grande cautela, prudenza prima di esprimersi».

Proprio per la professionalità e l’alta qualità dell’assistenza, il reparto che Franco Gorlero dirige, qualora fosse comunque approvata la somministrazione, anche con l’opposizione rigida del Vaticano, è senza dubbio tra quelli che risultano attrezzati. La somministrazione della Ru486 infatti può avvenire soltanto presso le strutture ospedaliere e prevede un iter di assistenza non meno complesso dell’aborto chirurgico. Molto articolata ma netta nel suo rifiuto della Ru486 l’analisi che arriva, sul fronte della Chiesa, da don Luca Salomone, parroco alla cattedrale di Ventimiglia Alta, teologo moralista e dottorando in bioetica: «Innanzitutto è importante conoscere la tipologia farmaceutica e la funzionalità del prodotto che l’agenzia italiana del farmaco ha approvato dando il via libera dell’uso. La pillola Ru486 è un prodotto chimico a base di mifepristone, antiormonale che interrompe l’annidamento dell’embrione nell’utero e provoca l’aborto. Non fermandomi sulle controindicazioni e i danni alla salute che può apportare (vedere una adeguata bibliografia e letteratura medica), peraltro importanti, la problematica è certamente di carattere morale e la Chiesa cattolica ribadisce la sua posizione poichè si tratta chiaramente di attentato, o/ e se vi fosse stato un concepimento, un vero e proprio aborto». Continua don Salomone: «In effetti non è il mezzo che può alterare la leiceità di un atto che è già intrinsecamente un male (omicidio volontario di un essere umano innocente), non può renderlo buono solo perchè l’assunzione del farmaco non ha una visibilità di impatto emotivo come potrebbe avere una operazione chirurgica. Il cattolico che vive responsabilmente la propria fede, riconosce immediatamente la negatività dell’uso del prodotto insieme a tutto ciò che produce l’atto dell’aborto, diverso l’atteggiamento e il giudizio di chi non vive un cammino cristiano e che potrebbe vedere nel farmaco un metodo più sbrigativo e sicuro (ma non tutti la pensano così). La Chiesa cattolica conferma i credenti nella loro responsabilità nel favorire la vita sin dal concepimento e dunque ricorda la prassi canonica plurisecolare che ai cattolici consapevoli della pena medicinale (la scomunica) per chi procura l’aborto, essa verrà inflitta per ricondurli alla verità dalla quale si sono allontanati. In una società pluralista la Chiesa cattolica (e quindi anche quella porzione del popolo di Dio che è la Diocesi) vive con sofferenza questi attentati alla vita, e richiama con semplicità e attenzione ai più deboli ma con fermezza la strada indicata da Gesù Cristo».

Secondo don Lucio Fabbris, telogo imperiese molto seguito e amato dai giovani, «qui siamo sullo stesso piano dell’aborto: la Chiesa non potrà mai sostenere una pratica che consente la soppressione della vita. Un aborto, sotto qualsiasi forma venga compiuto, provoca sempre la distruzione di una vita umana. E la Chiesa, lo ripeto, difende la vita, in tutti i suoi aspetti… Prendere una pillola per impedire la nascita di una vita è esattamente come sopprimerla effettuando un intervento abortistico, non ci sono dubbi».



http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/imperia/2009/08/01/AMy2xNnC-imperiesi_pillola_abortiva.shtml



«La Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società»: lo sostiene monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia della Vita, ribadendo, in un articolo pubblicato in prima pagina sull’Osservatore Romano, la condanna della pillola Ru486, la cosiddetta “pillola abortiva”, la cui commercializzazione ha avuto il via libera dall’Aifa, l’agenzia italiana del Farmaco.


È «una tecnica abortiva», ha aggiunto Fisichella, perché sopprime una «vita umana vera e piena»; fare ciò, ha scritto il monsignore, «è una responsabilità che nessuno può permettersi di assumere senza conoscerne a fondo le conseguenze».

Il ministro Meloni: brutto messaggio per le nuove generazioni
Parere negativo, sulla Ru486, anche di Giorgia Meloni, ministro della Gioventù: «Che brutta Italia, quella in cui si festeggia un nuovo, “rivoluzionario” metodo per sopprimere la vita. Ammesso che siano fugati i dubbi sulla pericolosità di questa pillola, e spero sia davvero così, altrimenti l’Aifa avrebbe delle responsabilità enormi sulle potenziali conseguenze per le donne italiane, resta la totale negatività del messaggio culturale ricompreso nella diffusione della Ru486».

«Continuiamo a preoccuparci politicamente e a speculare economicamente - ha aggiunto il ministro in un comunicato - su come impedire la vita nella maniera più redditizia, comoda e indolore possibile, piuttosto che occuparci seriamente di come favorirla. Non credo affatto che sia questo il testimone migliore di saggezza da lasciare in eredità alle giovani generazioni».

Margherita Boniver (Pdl): la si userà in day-hospital
Più prudente l’opinione di Margherita Boniver, collega di Pdl del ministro Meloni: «Il via libera dell’Aifa all’uso della Ru486 nella strutture ospedaliere italiane chiude una lunghissima fase di perplessità, che ha caratterizzato il dibattito politico nel nostro Paese. La pillola, che è un alternativa all’aborto chirurgico, viene usata in quasi tutti i Paesi europei dagli anni ‘80».

«Dopo la rassicurante informativa sull’ulteriore calo degli aborti in Italia, fornita al Parlamento pochi giorni fa, ci auguriamo che le obiezioni che provengono da autorevoli esponenti delle gerarchie ecclesiastiche non incidano più di tanto sull’alternativa all’interruzione della gravidanza chirurgica. Se aborto deve esserci, questo avvenga in casi rari, precoci, ma anche in piena sicurezza. La pillola non potrà essere venduta in farmacia, ma somministrata con le apposite garanzie in day-hospital e questo credo dovrebbe porre fine a molte polemiche».

Silvana Mura (Idv): ci mette al passo con l’Europa
Positivo, infine, il giudizio di Silvana Mura (Idv) e membro della commissione affari sociali: «Il via libera dell’Aifa ci mette finalmente al passo con il resto d’Europa. Le donne che si troveranno costrette a ricorrere all’interruzione di gravidanza ora potranno sceglie di avvalersi di una tecnica farmacologia sicuramente molto meno invasiva dell’intervento chirurgico».

«La decisione dell’Aifa - ha aggiunto la Mura - chiude un lungo iter di natura esclusivamente tecnica, che ha accertato che la pillola Ru486 può essere somministrata senza pericolo negli ospedali italiani. Le polemiche e le crociate che si stanno immediatamente scatenando non hanno ragione di esistere e si basano solo su motivazioni di natura politico-ideologica, ma soprattutto hanno molto poco a che vedere con i diritti di una donna che si trova a dover effettuare una scelta drammatica come quella di interrompere una gravidanza».



http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/italia/2009/07/31/AMc9zMnC-pillola_abortiva_italia.shtml

Ru486,Bagnasco:crepa nella civiltà

Ru486,Bagnasco:crepa nella civiltà
Aifa: "Punito ogni uso fuori dalla 194"
La pillola abortiva Ru486 è "una crepa nella nostra civiltà". Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, rinnova le critiche alla pillola abortiva che ha avuto il via libera dall'Agenzia del farmaco. In un'intervista ad Avvenire, Bagnasco critica la "cultura individualista" che ha portato all'adozione della pillola. Intanto il presidente dell'Aifa, Guido Rasi, rende noto che "ogni uso della pillola abortiva fuori dalla legge 194 sarà illegale".


Dopo il via libera tra le polemiche alla commercializzazione della pillola abortiva Ru486 anche in Italia, si apre un nuovo terreno di scontro: quello relativo alle modalità per l'utilizzo del farmaco. Un aspetto sul quale il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella ha voluto fare chiarezza: "Il trattamento in day hospital è escluso - ha detto - e bisognerà prevedere un ricovero di almeno 3 giorni".

Un chiarimento arriva al direttore generale dell'Aifa, Guido Rasi: "Ogni uso della pillola abortiva fuori dalla legge 194 sarà illegale", precisa, annunciando la disponibilità del farmaco da settembre.

Ma che la questione sia tutt'altro che risolta, lo dimostrano le dure prese di posizione che, a tre giorni dall'approvazione della pillola abortiva da parte dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), arrivano dal quotidiano dei vescovi, Avvenire. "Ho provato tristezza, amarezza, preoccupazione. Questa decisione - dice il cardilale Bagnasco in un'intervista riportata in prima pagina - rappresenta una discesa di civiltà per il nostro Paese".

Secondo Bagnasco, "non si può dire che la civiltà cresca" nel momento in cui "la vita nella sua integra dignità non è riconosciuta, ma ulteriormente offesa". E a quanti sostengono che la Ru486 offre una possibilità di scelta in più per abortire, il capo della Cei replica che "il criterio della libera scelta è solo apparentemente buono, umano, rispettoso", mentre, "a ben vedere, il discorso della libertà di scegliere ciò che si preferisce afferma solo il diritto del più forte".

Il cardinale che guida la Cei fa poi notare che "la nuova modalità abortiva certamente aumenta una mentalità che sempre di più induce a considerare l'aborto come un anticoncezionale, cosa che la legge 194, nella sua prima parte, assolutamente esclude".

http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo456731.shtml

Cosa dire quando si parla di aborto

RU 486

Cosa dire quando si parla di aborto





La recente decisione dell'Agenzia del Farmaco in merito alla RU486 (la pillola abortiva) richiede una "rinfrescata" in merito all'aborto e soprattutto a come rispondere relativamente a questo crimine, che frequentemente viene presentato e creduto come un'inevitabile "conquista civile". Tra i credenti coloro che si dichiarano antiabortisti (purtroppo non sono tutti!) spesso non sanno cosa dire ed eventualmente tenere una discussione su questo argomento per difendere i sacri princìpi della vita. I

ll Cammino dei Tre Sentieri offre -schematicamente- alcune "idee" da far circolare.

Tali parole sono state tratte da una precedente circolare (la n.85).






Una precisazione: alcune di queste obiezioni sono molto banali, ma sono quelle che più facilmente si sentono in giro.



1. Bisogna essere contro l’aborto, ma in alcuni casi non se ne può fare a meno.

Risposta: La vita umana o c’è o non c’è. Se non c’è, è inutile complicarsi l’esistenza: si potrebbe abortire sia se la motivazione è grave sia se è banale. Ma se la vita umana c’è, può un motivo, per quanto gravissimo, giustificare la soppressione di un essere umano innocente? Quale motivo può essere anteposto alla vita umana?



2. Quando si sa che il bambino dovrà soffrire, perché non impedirgli questa sofferenza?

Risposta: Prima di tutto chi può decidere se una vita umana è degna o non è degna di essere vissuta? Inoltre, chi stabilisce quale debba essere il criterio per stabilire l’entità della sofferenza? Per alcuni potrebbe essere un’entità grave, per altri un’entità oggettivamente meno grave, ma, soggettivamente, ugualmente grave. Per esempio, per chi ha un’idea corporeista ed atletica della vita già sapere che il proprio figlio può avere un braccio o una gamba più corta dell’altra può essere un motivo di grave sofferenza. Ma ci si rende conto che, secondo questo ragionamento, si ritorna all’antico concetto del pater familias dell’antica Roma? In quel tempo i bambini deformi (e molto spesso anche femminucce) dopo il parto venivano scaraventati a terra o esposti nelle pubbliche cloache dove morivano di stenti o divorati dai topi. Molti inorridiscono: poveri bambini! Ma dov’è la differenza con l’aborto moderno? I “poveri” antichi romani facevano (dopo) quello che non potevano fare prima. Se avessero avuto anche loro l’ecografia o l’amniocentesi…che ipocrisia! Si legittima l’aborto perché non si vede il bambino (ecco perché ha dato e dà tanto fastidio il documentario The silent scream del dottor Nathanson dove si vedono, ecograficamente, le reazioni del feto al momento dell’aborto), ma se si vedesse…Quando vi fanno questa obiezione, aprite la mano davanti al vostro interlocutore e ditegli: “Qui sulla mia mano c’è un feto vivente, schiaccialo se hai il coraggio!” Al 99 per cento non riuscirà a farlo…e cambierà discorso.



3. Ma se non ci fosse l’aborto legale, ci sarebbe quello clandestino, le donne abortirebbero ugualmente e, per giunta, rischiando di più.

Risposta: Cosa pensereste se qualcuno dicesse: “Dal momento che i rapinatori, facendo le rapine, rischiano la vita, sarebbe opportuno legalizzare le loro malefatte”? Un conto è non infierire penalmente su chi decide per l’aborto, altro è legalizzare questo crimine.



4. È giusto che la donna decida di diventare madre quando desidera di diventarlo.

Risposta: Ammesso e non concesso che sia così. “Non concesso”, perché sarebbe un discorso, questo, che ci porterebbe fuori argomento. Dicevamo: ammesso e non concesso che sia così, la donna non diventa madre quando partorisce, ma quando concepisce. La donna, dal concepimento, avverte dentro di sé che è cambiato tutto. Ci sono donne che non sopportano un determinato cibo, poi, dopo il concepimento, desiderano quel cibo (evidentemente l’embrione prima e il feto dopo danno degli impulsi per cui hanno bisogno di quelle sostanze nutritive); quindi, dopo il parto, i gusti ritornano come prima. Se, dunque, la mamma diventa mamma dal concepimento e non dal parto, allora si capisce bene perché la donna non può rinunciare ad essere mamma quando già lo è.



5. Ma non è un’ingiustizia nei confronti della donna costringerla a proseguire la gravidanza?

Risposta: Lo abbiamo appena detto: se si è già papà e mamma non si può rinunciare ad esserlo. Ma perché io e non altri? Rispondiamo facendo questo esempio. Sono su un’auto e sto percorrendo una strada deserta, una strada su cui passano automobili ogni mezz’ora. Sto andando ad un appuntamento importante, decisivo per il mio futuro lavorativo. Ad un tratto sul ciglio della strada vedo un uomo sanguinante che ha bisogno di essere trasportato urgentemente all’ospedale. Se vi fosse un’altra auto dietro di me, potrei chiedere la cortesia a qualcun altro di trasportare quel disgraziato. Ma, sapendo che non passeranno altre auto per tanti minuti, io (appuntamento o meno) dovrò caricare quel poveraccio e trasportarlo in ospedale. Se non lo facessi, sarebbe per me gravissimo. In quel momento io solo (e non altri!) ho la possibilità di salvare la vita a quell’uomo. Così è per la donna che è già mamma: solo da lei dipende la vita o la morte di quel bambino.



6. Nei casi di violenza carnale come è possibile pretendere che la donna si tenga un bambino che le possa ricordare continuamente il trauma subito?

Risposta: Indubbiamente la donna che subisce una violenza rimane fortemente traumatizzata. Ma –chiediamoci- è giusto ritorcere una violenza subita su chi non ha nessuna colpa, ovvero sul bambino concepito? Inoltre, la donna che ha subito una violenza già è fortemente traumatizzata e la cosa da evitare è proprio aggiungere trauma su trauma. La donna che abortisce, infatti, sa che ha la vita in sé e sa anche che, in ultima analisi, è stata lei a decidere. Questo (come documenta ormai una fornita letteratura scientifica che parla di “sindrome depressiva post-abortiva”) può aggravare, non alleviare, la sua già drammatica situazione psicologica.



7. Il feto non è uomo perché non ha nessuna possibilità di relazionarsi consapevolmente con l’ambiente.

Risposta: Anche il bambino appena nato non è capace di relazionarsi consapevolmente con l’ambiente. Lo stesso si deve dire per il demente e per il malato in coma. La consapevolezza è certamente una componente dell’essere uomo, ma non la componente. Se così fosse –lo ripetiamo- potremmo uccidere i bambini anche dopo nati, potremmo uccidere i dementi, i malati in coma. La logica è logica!



8. Il feto non è uomo perché non è ancora totalmente formato.

Risposta: Prima di tutto va detto che l’organogenesi (la formazione degli organi) si completa ad appena sessanta giorni dal concepimento, il che vuol dire quando la donna sa di essere in cinta da un mese o poco più. Piuttosto questo discorso potrebbe valere per l’embrione. Ma –ragioniamo- non è la crescita ciò che conferisce dignità umana. Se così fosse, dovremmo dire che un uomo alto due metri è più uomo di uno alto un metro e mezzo. Oppure che un adulto è più uomo di un bambino. Si potrebbe inoltre fare questo esempio: un milligrammo d’oro è ugualmente oro rispetto ad un quintale dello stesso metallo. La differenza è quantitativa, non qualitativa!



9. L’antiabortismo della Chiesa non è credibile, perché il suo essere contro gli anticoncezionali fa sì che molti decidano dopo ciò che potrebbero decidere prima.

Risposta: Falso. Statisticamente parlando, le zone d’Italia in cui è più diffusa la contraccezione sono anche quelle in cui è più diffusa la pratica abortiva. O tutt’al più non c’è significativa differenza. La contraccezione sottende una mentalità in cui l’uomo e la donna si arrogano il diritto di decidere categoricamente sulla vita. In questo caso: assolutamente no! E’ evidente che quando fallisce la tecnica contraccettiva (cosa che può succedere) si può passare all’aborto come “ultimo contraccettivo”.



10. La Chiesa non è credibile perché, se fosse davvero a favore della vita, approverebbe tutte le tecniche per favorire le nascite. Per esempio la fecondazione in vitro.

Risposta: Dire “voglio un figlio a tutti i costi” o dire “non lo voglio assolutamente” è la stessa cosa. Dinanzi al mistero della vita l’uomo può solo proporre, non disporre seconda una sua presunta volontà di potenza.



11. La legge 194/78 ha fatto diminuire il numero degli aborti, anche quelli clandestini.

Risposta: Sciocchezze! Prima di tutto gli aborti se sono clandestini vuol dire che non sono computabili. Seconda cosa: non è affatto vero che gli aborti sono diminuiti, se per aborti intendiamo anche quelli che avvengono con la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, che, proprio perché è “del giorno dopo” non impedisce il concepimento ma l’annidamento del concepimento. Il che vuol dire che è abortiva.



Dunque, o siamo nel campo della stupidità o in quello del volontario accecamento dell’intelligenza. Attenzione: con questi giudizi non siamo duri. Ogni errante va sempre affidato alla misericordia di Dio, ma contro l’errore non è possibile alcuna mediazione e tentennamento. Ed è contro ogni errore (quindi anche contro l’errore dell’aborto) che si deve alzare la voce. Al Signore dovremo rendere conto di ogni nostro compromesso con il male…quindi anche con il terribile crimine dell’aborto.






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Per leggere, o eventualmente scaricare le circolari precedenti, si può andare al sito de Il Cammino dei Tre Sentieri (www.itresentieri.it).

Si informa inoltre che si può visitare il sito degli Studi apologetici Joseph oboedientissimus (www.studiapologeticijo.com), editrice legata al Cammino dei Tre Sentieri.

Romano: «Con la Ru486 aborto 10 volte più rischioso» / di Maria Lombardi

Romano: «Con la Ru486 aborto 10 volte più rischioso» / di Maria Lombardi

di Maria Lombardi
ROMA (1 agosto) - Contro la pillola abortiva c’è stato un attacco molto forte. Al di là dell’aspetto etico, quali sono le vostre critiche?
«Abbiamo delle serie perplessità sotto il profilo scientifico, procedurale, oltre che etico. Innanzitutto la pillola abortiva non può assolutamente essere considerata una semplificazione», spiega il professore Lucio Romano, ginecologo e copresidente dell’Associazione ”scienza e vita”.

Quali sono le perplessità scientifiche?
«In base ai dati di una vasta letteratura scientifica l’aborto chimico è 10 volte più rischioso di quello chirurgico, lo confermano anche recentissimi studi pubblicati su prestigiose riviste di settore. E’ stato evidenziato anche che c’è una difficoltà di monitorare le donne dopo l’assunzione del farmaco perché la maggior parte non si presenta ai controlli successivi. Senza contare poi che c’è una totale incompatibilità tra la pillola Ru486 e la legge sull’aborto».

In che cosa?
«L’articolo 8 della legge 194 prevede che l’interruzione di gravidanza avvenga all’interno dell’ospedale. E invece con la Ru486 accade che la donna, una volta assunto il farmaco, torni a casa e lì abortisca. Eppure ci sono due documenti del Consiglio superiore di Sanità, uno del marzo 2004 e un altro del dicembre 2005, che a proposito sono chiarissimi: l’aborto farmacologico ha una sicurezza equivalente a quello chirurgico solo a condizione che sia effettuato all’interno di un ospedale pubblico e che la donna resti ricoverata fino a interruzione di gravidanza avvenuta».

E invece cosa accade solitamente?
«Nella maggior parte dei casi, laddove la pillola è adottata, alla paziente viene somministrata la Ru 486 in day-hospital e poi l’espulsione dell’embrione avviene a casa a distanza di giorni. Nel 95-98% dei casi l’evento si verifica entro i 14 giorni. Impensabile che una paziente sia trattenuta in ospedale per un periodo così lungo. Ci dovranno essere dei protocolli che rendano la pillola abortiva compatibile con la legge 194. Comunque sia, con la Ru486 l’aborto è vissuto dalla paziente nella solitudine della sua casa, viene privatizzato e banalizzato. Si dimentica la complessità dell’evento, si trascurano le possibili reazioni emotive della donna che assiste all’espulsione. Inoltre l’aborto farmacologico va deciso entro il 49° giorno, non c’è tempo per ripensamenti».

Come vi opporrete alla decisione dell’Aifa?
«Ancora non lo sappiamo. Ci chiediamo però come mai non venga reso noto il parere del comitato scientifico dell’Aifa. Da quel che ne sappiamo nel corso del dibattito si è parlato molto della pericolosità della pillola».

http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=20503&sez=HOME_INITALIA&npl=&desc_sez=

Cei, governo blocchi vendita Ru486

» 2009-08-01 11:31
Cei, governo blocchi vendita Ru486
Rasi (Aifa), avute pressioni ma nessun motivo per dire no
(ANSA) - ROMA, 1 AGO - Il presidente della commissione Cei per la famiglia, mons. Giuseppe Anfossi, auspica che il governo blocchi la vedita della pillola RU486. Ma al tempo stesso, afferma mons. Anfossi in un'intervista ''e' compito del governo investire in capillari campagne di prevenzione e informazione''. Dal canto suo il direttore dell'Agenzia del farmaco Guido Rasi dice:''abbiamo subito pressioni ma non c'era motivo per dire no'' e ''abbiamo disegnato le regole piu' restrittive d'Europa sull'uso del farmaco''.







http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/topnews/news/2009-08-01_101324312.html

La Chiesa insorge contro la pillola abortiva

La Chiesa insorge contro la pillola abortiva
"Garanzie sull'uso della Ru486"


Roma, 01-08-2009

Il Ministero del Welfare "si aspetta dall'Aifa indicazioni certe circa i modi di utilizzo del farmaco affinchè esso sia vincolato nella prassi al rispetto" dei profili della legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. Lo ha affermato il ministro del Welfare Maurizio Sacconi dopo il via libera dell'Agenzia italiana del farmaco alla commercializzazione in Italia della pillola abortiva Ru486.

"La Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società", ha detto mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia della Vita, ribadendo la condanna della pillola Ru486.

Chiesa: non subiremo
Dopo la decisione dell'Agenzia per il farmaco di dare il via libera in Italia alla pillola R486, le alte gerarchie vaticane intensificano la loro protesta, sapendo di avere davanti una campagna "difficile" e "faticosa". Da parte sua il quotidiano 'Avvenire' lancia una stoccata contro la responsabilità di alcune componenti politiche che non hanno fatto ciò che "potevano e dovevano".

Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Vita, il dicastero della Santa Sede competente, avverte dalle colonne dell'Osservatore Romano che "la Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società".

E quello che sta avvenendo, a suo avviso, è la 'banalizzazione della vita', in nome di interessi di mercato che introducono un farmaco abortista, senza tenere conto degli aspetti etici, del messaggio alle giovani generazioni, e dei casi di morte dovuti alla sua assunzione. "Inutile tergiversare - afferma - la Ru486 è una tecnica abortiva perché tende a sopprimere l'embrione da poco annidato nell'utero della madre".

Pur non citando esplicitamente la parola "scomunica", l'esponente della Santa Sede (che è anche cappellano di Montecitorio) fa capire che chiunque prescriverà o utilizzerà la RU486 incorrerà nella punizione della Chiesa. Per l'aborto, a cui la pillola viene assimilata, è prevista infatti la scomunica 'latae sententiae': il 'peccatore' o la 'peccatrice' si ritrova automaticamente fuori della comunità, senza provvedimenti formali; vi può rientrare solo dopo un processo di sincero pentimento e di perdono.

Quanti faranno ricorso alla pillola Ru486 - avverte Fisichella - devono essere coscienti che "stanno compiendo un atto abortivo diretto e deliberato; devono sapere delle conseguenze canoniche a cui vanno incontro, ma soprattutto devono essere coscienti della gravità oggettiva del loro gesto".

Avvenire: nuovo scempio contro al vita umana
Il quotidiano della Cei "Avvenire", sul suo sito on line, parla di "un nuovo scempio contro la vita umana" e punta il dito: "se infatti una parte del governo si è battuta per non far entrare nei nostri ospedali pubblici e a spese dei contribuenti un farmaco che banalizza l'aborto trattandolo alla stregua di un malessere che passa con una pasticca, altre componenti non hanno fatto quello che dovevano e potevano", si legge nella rubrica 'Secondo noi' curata da Francesco Ognibene.

"Non possiamo chiudere gli occhi, soprattutto adesso che una volta ancora la vita viene oltraggiata ferendo un Paese che mostra nel suo profondo di volerla, invece, onorare e servire. No - è la conclusione del commento - l'Italia non si meritava la RU486". Nè può essere portato ad alibi - aggiunge mons. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita - il fatto che anche Roma doveva allinearsi con la normativa di altri 11 Paesi europei.

http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=126701

«Ai medici dico: contro la pillola fate obiezione di coscienza»

il Giornale.it


articolo di sabato 01 agosto 2009

«Ai medici dico: contro la pillola fate obiezione di coscienza»
di Enza Cusmai

L’assessore lombardo Colozzi è l’unico dei 5 membri del Cda dell’Agenzia del farmaco ad aver votato contro la commercializzazione della Ru486: «Può essere pericolosa»
L’assessore Romano Colozzi, membro del Cda dell’Aifa e assessore alle Finanze della regione Lombardia, è già al lavoro a Milano dopo la maratona notturna romana che si è conclusa con il via libera alla pillola abortiva in Italia. Una scelta approvata a maggioranza dagli altri quattro consiglieri. Con il suo parere contrario.
Assessore Colozzi, è deluso da questa scelta?
«Pensavo ci fosse più condivisione, bisognava ragionare ancora un po’. Più che deluso mi è sembrata una forzatura chiudere così velocemente. Ci sono diversi nodi da risolvere».
Cominciamo dal nodo centrale.
«L’Aifa ha deciso che tutto il procedimento, dall’assunzione della prima pillola all’espulsione del feto, debba avvenire in ospedale entro la settima settimana di gravidanza. Regola che rischia di essere vanificata».
Perché?
«Nessuno può costringere una donna a rimanere in clinica salvo nel caso di malattia infettiva. Di conseguenza potrebbe assumere la prima pillola e poi tornare a casa ad abortire. Con parecchi rischi».
Quali per esempio?
«Innanzitutto le complicazioni mediche, le emorragie. Inoltre, il nostro comitato scientifico ci ha spiegato che nel caso di un ripensamento dopo l’assunzione della pillola abortiva, il feto può subire danni. Insomma nascerebbero bambini con gravi malformazioni».
Da qui la vostra richiesta di un controllo assiduo in ospedale.
«Assolutamente. Però mi domando se noi dell’Aifa abbiamo il potere di imporre delle regole certe. Insomma, credo che si debba fissare un protocollo molto severo e invito il ministero della Sanità a vegliare su questo fronte».
Viale ha già detto che un aborto entro la settima settimana si può fare anche a casa.
«La sua è una provocazione, ma questo rafforza la mia richiesta: servono regole certe a cui tutte le regioni devono attenersi».
La Lombardia ad esempio, come si comporterà?
«La pillola abortiva tra un paio di mesi sarà a disposizione in tutte le strutture ospedaliere pubbliche della regione. Però usarla non sarà un obbligo».
Si riferisce ai medici?
«Esattamente. Io credo che nella distribuzione della pillola debba prevalere un’obiezione di coscienza come in quella chirurgica. Nessun medico deve sentirsi costretto a procedere. Soprattutto perché l’aborto chimico potrebbe essere dannoso per chi lo sceglie».
Vuol dire che il farmaco non è sicuro?
«La Ru486 va abbinata ad altri due farmaci che provocano l’espulsione del feto. Il Cts ha consigliato il Misopristolo, però l’Aifa ha deciso che sarà utilizzato il Geneprost che invece può avere conseguenze maggiormente avverse».
Può causare danni alla salute?
«I tecnici lo sconsigliano ma non dicono perché. E così ho chiesto chiarimenti in sede di Cda. Ma mi è stato detto che il Misopristolo non si può usare perché è commercializzato per un altro scopo».
Allora, visto che un medicinale non si può usare, se ne sceglie un altro meno sicuro?
«Esatto. E questa fretta di approvare i farmaci mi ha sorpreso. Qui stiamo parlando di medicinali che possono avere degli effetti collaterali. Avrei aspettato a capirne di più prima di dire sì all’aborto chimico».
Il sottosegretario Roccella ha parlato di morti «sospette».
«E io ho chiesto chiarimenti anche su questo, ma mi hanno risposto che quelle segnalazioni non sono significative e che non aggiungono nulla all’istruttoria effettuata».
Non c’è un po’ di leggerezza dietro questo sì dell’Aifa?
«È sicuramente stata una decisione affrettata. Qualcuno ha detto che dovevamo mettere un punto fermo altrimenti la ditta produttrice della pillola avrebbe potuto chiedere la commercializzazione in farmacia in fascia C».
C’è il pericolo di un uso incontrollato della Ru486?
«La circolazione dei farmaci clandestini esiste eccome. E io temo che per molte donne l’aborto chimico possa diventare una pratica ordinaria. Si prende solo una pillola, come nel mal di testa, ma si elimina un bambino».

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Arriva la pillola Ru486, è polemica

31/7/2009 (15:19) - ABORTO
Arriva la pillola Ru486, è polemica


ROMA
La pillola abortiva Ru486 arriva in Italia e le polemiche divampano. «È assolutamente inconcepibile definire farmaco un prodotto che ha come unico effetto la soppressione di un altro essere vivente diverso da chi assume il farmaco stesso»: Romano Colozzi, esponente del Cda dell’Aifa e assessore alle Finanze della Lombardia spiega il suo no (l’unico su quattro voti positivi) al via libera al commercio della Ru486 in Italia. E rincara: «Il mio no convinto è stato determinato soprattutto dalla consapevolezza che questo nuovo strumento abortivo, messo a disposizione dal nostro sistema sanitario, darà meno garanzie e procurerà più danni alle donne che ne faranno uso rispetto all’intervento chirurgico, già traumatico di per sè».

Dopo una riunione fiume durata quattro ore, l’Agenzia italiana del farmaco ha dato quindi nella notte la sua approvazione: la pillola abortiva arriva in Italia (al momento l’unico Paese Ue nel quale non è in commercio è l’Irlanda), potrà essere utilizzata solo in ambito ospedaliero, così come la legge 194 prevede nelle interruzioni volontarie di gravidanza. Inoltre il farmaco dovrà essere somministrato entro la settima settimana. Sul commercio della discussa pillola, prima del giudizio dell’Aifa, era intervenuto il Vaticano con monsignor Elio Sgreccia che aveva ieri annunciato la scomunica per le donne che ne avrebbero fatto ricorso e per i medici che l’avrebbero prescritta. Il fronte politico è diviso. Gabriella Carlucci, parlamentare del Pdl parla di una legalizzazione dell’«aborto fai da te», e accusa la sinistra di aver portato avanti «una campagna ideologica e relativista» che ha «condizionato» l’Aifa. Il via libera dell’Agenzia del farmaco mette l’Italia «finalmente al passo con l’Europa», afferma Silvana Mura, deputata di Idv. «Le donne che si troveranno costrette a ricorrere all’interruzione di gravidanza ora - sottolinea - potranno sceglie di avvalersi di una tecnica farmacologia sicuramente molto meno invasiva dell’intervento chirurgico». Conciliante Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl,che si dice fiducioso «di ciò che ha deciso l’Agenzia del farmaco sulla Ru486» ma considera «del tutto legittima l’obiezione di fondo della Chiesa».

Posizioni diverse anche all’interno del governo con il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo che si dice d’accordo all’introduzione della Ru486 mentre è contraria il ministro della Gioventù Giorgia Meloni che sottolinea la «totale negatività del messaggio culturale ricompreso nella diffusione» del farmaco. Duro il commento di Luca Volontè che precisa: «Con la commercializzazione della pillola assassina trionfa la cultura della morte».

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200907articoli/46028girata.asp

domenica 22 febbraio 2009

Ru486, circa 4mila aborti dal 2005

U.E. - ITALIA
Ru486, circa 4mila aborti dal 2005

19 Febbraio 2009


Il via libera definitivo per l'immissione in commercio anche in Italia della pillola abortiva Ru486 ancora non c'e', ma ormai i tempi sembrano stretti. Procede infatti il processo di valutazione da parte dell'Agenzia del farmaco (Aifa) ma intanto la Ru486 nel nostro Paese si utilizza gia', sia pure attraverso una speciale procedura. Circa 4.000, a partire dal 2005, sono infatti gli aborti medici effettuati proprio utilizzando tale farmaco. A rendere noti i dati di utilizzo della pillola abortiva, in attesa dell'autorizzazione alla vendita da parte dell'Aifa, e' stato il ginecologo dell'ospedale S.Anna di Torino Silvio Viale, 'padre' della prima sperimentazione sulla Ru486. L'occasione per questo primo bilancio, la Conferenza nazionale dell'associazione ginecologi consultoriali (Agico) in corso a Roma. Proprio oggi, mentre ginecologi provenienti da tutta Italia sottolineavano l'esigenza che anche il nostro paese approvi 'finalmente' l'immissione in commercio della Ru486, i rappresentanti dell'azienda Exelgyn (produttrice della pillola abortiva) hanno appunto incontrato i responsabili Aifa, ha reso noto Viale. E successivamente e' stata la stessa Agenzia, con un comunicato, a precisare che 'continua il processo di valutazione della Ru 486' e che 'il farmaco e' stato esaminato oggi dal Comitato Prezzi e Rimborso dell'Aifa secondo quanto previsto dalle procedure valutative necessarie alla registrazione dei farmaci'. A questo punto, ha sottolineato Viale, 'il processo per la commercializzazione in Italia della Ru486 attraverso il procedimento di mutuo riconoscimento europeo, e' in dirittura d'arrivo'. L'auspicio e' che i tempi siano brevi, anche perche' 'se l'Italia dovesse ancora ritardare o bloccare l'arrivo in commercio della RU486 - ha precisato Viale - si andrebbe in sede europea e, sia pure con ritardo, arriverebbe in ogni caso l'autorizzazione per la commercializzazione'. Intanto, Viale ha reso noto i primi dati di utilizzo della pillola abortiva, suscitando la dura critica dell'esponente della Lega Nord Massimo Polledri: 'Sono dati allarmanti - ha commentato - che devono far riflettere'.
- DAL 2005 EFFETTUATI 4.000 ABORTI CON PILLOLA RU486: Circa 4 mila gli aborti effettuati in Italia utilizzando la pillola abortiva. Nel 2008 la Ru486 e' stata utilizzata da 25 centri italiani mediante una procedura di importazione caso per caso. Viale ha monitorato in particolare l'esperienza di otto centri che hanno utilizzato la pillola abortiva per un totale di 1.778 interventi di aborto. Piu' che soddisfacenti, secondo il ginecologo, gli esiti registrati: solo il 5,5% delle pazienti ha dovuto ricorrere comunque all'intervento chirurgico successivo. Quanto ai sintomi, il 23% ha accusato dolore, il 13% nausea, il 5% diarrea e per lo 0,07% si sono rese necessarie trasfusioni. Le regioni in cui la pillola e' stata utilizzata sono Piemonte, Toscana, Trento, E.Romagna, Marche, Puglia e Lombardia.
- OLTRE 10.000 PILLOLE ABORTIVE IMPORTATE: Sono 10.154 le pillole Ru486 importate in Italia a partire dal 2005, quando la prima sperimentazione e' stata avviata all'ospedale S.Anna di Torino. La Ru486 e' stata gia' registrata nella maggior parte dei paesi europei e negli Usa. La procedura di registrazione e' invece in fase di esame per Italia, Portogallo, Ungheria.
- VIALE, METODO SICURO: Con l'archiviazione dell'indagine relativa alla sperimentazione con Ru486 condotta all'ospedale Sant'Anna, ha detto Viale, 'e' caduto l'ultimo diaframma, quello legale, che ipotizzava l'incompatibilita' dell'utilizzo della pillola abortiva con la legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. Il metodo e' efficace e sicuro'.
http://www.aduc.it/dyn/eutanasia/noti.php?id=250723

martedì 16 dicembre 2008

Si accende la polemica sulla nuova pillola Ru486

14 dicembre 2008
Si accende la polemica sulla nuova pillola Ru486



«La prossima somministrazione della pillola Ru486 in Italia impone a tutti il dovere di informare correttamente le donne italiane che intenderanno farne uso». Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, interviene nel dibattito sull'utilizzazione di questa pillola abortiva anche in Italia, ipotesi che è stata duramente criticata dal cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del dicastero vaticano per la pastorale sanitaria.

Il ministro Meloni ha sottolineato che si tratta «di un farmaco potenzialmente pericoloso per la loro salute (delle donne, ndr), la cui vendita è stata autorizzata dall'agenzia farmaceutica in virtù di un accettabile rapporto costi-benefici purché il suo impiego sia coerente con la legge 194 e purché sia previsto esclusivamente in ambito ospedaliero. Ciò vuol dire che si è ritenuto questo farmaco non più pericoloso della tecnica normalmente usata per gli aborti, ma sempre di aborto si tratta».

Sulla stessa linea la deputata del Pdl, Isabella Bertolini, che parla di «kill pill» e ricorda che «chi ha a cuore davvero la salute delle donne italiane non può che essere contrario all'introduzione della Ru486».
Intanto Guido Rasi, direttore generale dell'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco, ha annunciato che entro il 19 dicembre il consiglio di amministrazione dell'Agenzia esaminerà la questione Ru486. Dall'incontro potrebbe uscire il via libera al farmaco, la cui somministrazione è previsto che avvenga in ospedale. Il Governo, ha chiarito Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare, non può impedire l'introduzione della pillola, che - ricorda Roccella - è stata autorizzata dal comitato tecnico scientifico dell'Aifa durante il Governo Prodi.

«Siamo delusi dall'incomprensibile inerzia del governo nei confronti della Ru486. Dopo sette mesi non solo l'esecutivo non è stato in grado di impedire l'introduzione della pillola abortiva ma anche la sospensione delle linee guida sulla legge 40 e i nuovi regolamenti per una più corretta applicazione della 194 sono rimasti lettera morta» ha commentato il deputato Udc Luca Volontè.


14 dicembre 2008
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2008/12/Pillola-polemica-Ru486.shtml?uuid=a9956bba-c9f1-11dd-bdaf-ab013e6d2ce1&DocRulesView=Libero

domenica 24 febbraio 2008

IL MEDICO DELLA PILLOLA Ru486

Il Giornale 24.9.2005

Il medico che tifa per la morte

Stefano Lorenzetto

Vi sentireste garantiti se una ricerca sulla pranoterapia venisse affidata a Giucas Casella? E se una commissione d'indagine sul disturbo dell'identità di genere fosse presieduta da Platinette? Questo, grosso modo, è avvenuto a Torino con la Ru486, la pillola brevettata per sopprimere il concepito entro il secondo mese di vita: a coordinarne la sperimentazione, poi bruscamente interrotta dal ministro della Salute, è stato chiamato il dottor Silvio Viale, ginecologo dell'ospedale Sant'Anna, presidente dell'associazione radicale Adelaide Aglietta (pace all'anima sua, la militante del Centro italiano sterilizzazione aborto che in un appartamento del capoluogo piemontese praticava illegalmente l'interruzione di gravidanza con il metodo Karman, isterosuzione la chiamano i c—lti, con una pompa per bicicletta, in sostanza) nonchè consigliere di Exit Italia, il sodalizio pro eutanasia già inquisito per omicidio del consenziente. Un medico che dal 2000 si batte con tutte le sue forze per introdurre la Ru486 su vasta scala, manco avesse intravisto nella morte, anzichè nella vita, la cifra della sua crescita professionale.

Lo guardavo due giorni fa al telegiornale, questo dottor Viale, e m'impressionava la spensieratezza con cui, a uso e consumo delle telecamere, pescava la chiave giusta dal mazzo, apriva la cassaforte, afferrava uno dei flaconi di pillole affidati alla sua custodia e lo esibiva con orgoglio, quasi dovesse ingolosire le potenziali clienti. Ma che c'era da mostrare? Fossi stato nel suo camice bianco, avrei maneggiato quella roba con prudente riserbo, come si conviene a un veleno, a uno strumento di morte che - cito la Sociètè suisse de gynècologie & obstètrique - «nel 5% dei casi provoca un'interruzione incompleta della gravidanza per cui è necessario effettuare un'aspirazione o un raschiamento dell'utero» e «in casi eccezionali fa sì che la gravidanza prosegua apparentemente intatta», per cui «è vivamente raccomandata un'interruzione chirurgica, perchè i medicamenti assunti possono provocare malformazioni del feto». Altro che panacea incruenta e indolore.

è l'intero curriculum del dottor Viale a lasciare interdetti. All'università di Torino rappresenta gli studenti con una lista chiamata «Il clistere»: sorvoliamo sugli effetti conseguiti. Divenuto uno dei leader di Lotta continua, viene arrestato, passa sei mesi in galera, esce e scappa all'estero. Nell'83 è l'unico latitante al processo per gli scontri culminati col rogo del bar Angelo azzurro, in cui morì arso vivo uno studente-lavoratore che si trovava lì per caso: lo assolvono per insufficienza di prove.

Emigra nei Verdi e viene fermato dalla polizia mentre fuma spinelli davanti alla prefettura. Eletto in Consiglio comunale, nel '96 fa passare un ordine del giorno «per la sperimentazione di somministrazioni controllate di oppiacei» e l'anno dopo chiede lo stesso per l'eroina. Per convincere i colleghi meno fumati, nel '99 organizza un «cannabis buffet» in sala consiliare e regala piantine di canapa indiana. Nella campagna elettorale per le regionali offre migliaia di bustine di cannabis, sostenendo che l'omaggio «è adatto per tisane, confezionare torte o insaporire arrosti».

Candidato sindaco di Torino nel 2001, Viale inserisce nel suo programma «una politica innovativa sulle droghe» e, già che c'è, aggiunge: «Pure le attività legate alla prostituzione, sia femminile sia maschile, devono essere affrontate con soluzioni di tolleranza per tutelare la parte più debole (la persona che si prostituisce)».

Ormai è lanciatissimo. Propone che a Torino si tengano i Giochi olimpici gay. Si batte per far rimuovere il crocifisso dall'aula civica. Reclama l'intitolazione di una strada a Che Guevara. Manifesta davanti all'eros center Viva Lain, frequentato da calciatori e divi, per invocare la legalizzazione della prostituzione. Lancia un appello perchè sia mandata in onda a Domenica in l'intervista con Monica Lewinsky, la stagista che intratteneva il presidente Clinton nello Studio ovale.

Riccardo Ferracini gli dedica un capitolo del libro Medici (Edizioni Sonda). Viale, nell'occasione, si descrive così: «La mia categoria si divide in due fazioni: i playboy e i frustrati. Io, ahimè, appartengo alla seconda, ma a dispetto dei primi confesso che loro raccontano un mucchio di barzellette sporche». Dal che si deduce che i ginecologi o sarebbero impegnati a sedurre le pazienti e a divertire gli amici con racconti pecorecci oppure a rosicchiarsi le unghie e a eseguire aborti. Bella categoria, davvero.

Ma è sulle questioni di vita o di morte che il dottor Viale cava fuori il meglio di sè. L'8 marzo 2004 firma 100 ricette che prescrivono la cosiddetta «pillola del giorno dopo» e si mette a distribuirle alle studentesse universitarie: è il suo modo di celebrare la festa della donna. Due mesi dopo, in conferenza stampa, inghiotte una pillola di Norlevo («al massimo mi procurerà un po' di nausea», rassicura i colleghi di partito perplessi), per dimostrare che «non vi è alcuna obiezione medica che impedisca di vendere liberamente la contraccezione d'emergenza senza ricetta». E quando nel marzo di quest'anno Theresa Marie Schindler Schiavo, l'americana in stato vegetativo, viene lasciata morire di fame e di sete dopo una terribile agonia durata 14 giorni, detta trionfante all'Ansa: «Terri è finalmente libera e lo sono anche i suoi familiari». La coerenza, innanzitutto: attraverso Exit Italia il dottor Viale vorrebbe accompagnarne verso l'uscita un bel po', di comatosi e malati terminali, mediante la legalizzazione dell'eutanasia «passiva, attiva e l'assistenza al suicidio», come specificato in un ordine del giorno fatto approvare dal Consiglio comunale.

Exit Italia è un'associazione in cui vige una straordinaria libertà di pensiero. Infatti il suo presidente, Emilio Coveri, mi confidò d'essere sì favorevole alla dolce morte ma contrario all'aborto, un trapasso che evidentemente giudica a basso contenuto zuccherino. «Ritengo che sia un omicidio, però non lo scriva, per favore», aggiunse spaurito. Indovinate chi temeva di mettersi contro.

L'ospedale Sant'Anna pare abbia stabilito un record nazionale: pratica ogni anno circa 4.000 interruzioni chirurgiche, che corrispondono al 37% di quelle eseguite in Piemonte e al 3% di quelle eseguite in Italia. Una catena di montaggio, o di smontaggio, fate voi. Nel giugno scorso i carabinieri dei Nas hanno avviato accertamenti dopo che un parroco, don Piero Gallo, ha denunciato che feti di 5-6 mesi, usciti vivi da aborti terapeutici avvenuti nella divisione di ostetricia e ginecologia, vengono lasciati morire dai medici. A riferirglielo sono stati alcuni dipendenti dello stesso ospedale.

Una delle prime gestanti ammesse a inghiottire la pillola Ru486, tale Carla, trentenne, ha dichiarato a Repubblica : «Non è mai superfluo ricordare che per una donna quella dell'aborto è sempre una scelta difficile e dolorosa». Parlava per esperienza personale, visto che nel 1995 aveva già abortito col metodo tradizionale. Sono ben sfortunate le donne che si rivolgono all'ospedale Sant'Anna: due scelte «difficili e dolorose» nel giro di soli dieci anni non si augurano alla peggior nemica. La prossima volta che cosa le faranno sperimentare?

Intralciato nei suoi piani, il dottor Viale l'ha subito buttata in politica, dando del fascista a Francesco Storace con questa elegante perifrasi: «Un ministro del Ventennio proiettato nel XX secolo». Saremmo già nel XXI, ma gli veniva bene la battuta.

Conta niente che le due pagine con cui gli ispettori ministeriali hanno bocciato la sperimentazione della Ru486 rechino la firma del dottor Nello Martini, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco, conosciuto nella sua città - che è anche la mia - come un ex socialista che ha fatto carriera quand'era ministro Rosy Bindi.

Conta niente che il procuratore Raffaele Guariniello, formatosi alla scuola dei noti reazionari Norberto Bobbio e Alessandro Galante Garrone, avesse aperto fin dal 2003 un'inchiesta sulla sperimentazione della Ru 486 e proprio per i medesimi motivi che hanno indotto Storace a intervenire.

Conta niente che il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Giuseppe Del Barone, abbia dichiarato fin dal 2002: «Non riesco a considerare l'adozione della pillola abortiva come una conquista o un segno di evoluzione e di modernità. Il fatto che sia adoperata da anni negli Stati Uniti e in quasi tutti i Paesi europei non rende meno penoso il suo uso».

Il dottor Viale tira dritto per la sua strada: «Procediamo finchè non arriverà la lettera del ministero: abbiamo 20 donne in lista, tre abortiranno domani». Cioè ieri. Oggi quante? Va di fretta, il dottor Viale. Il paradiso non può attendere.



http://www.stranocristiano.it/news/news_0509/lorenzetto_050924.htm

RU OVVERO ABORTO LEGGERO

Avvenire 11.9.2005

RU ovvero aborto leggero

L'altro come assente. La banalizzazione della vita

Eugenia Roccella

Nella legge italiana, e nella gran parte dei documenti internazionali sui cosiddetti diritti riproduttivi, si specifica che l’aborto "non può essere utilizzato come mezzo di controllo delle nascite". In realtà l’interruzione volontaria di gravidanza sta diventando il mezzo più comune per regolare la natalità, non solo nei paesi terzi, ma anche nell’area occidentale.
Negli anni della rivoluzione sessuale e delle lotte femministe, ci si aspettava che l’informazione e la diffusione dei metodi contraccettivi avrebbero fatto scendere drasticamente le percentuali del ricorso all’aborto. E’ avvenuto esattamente il contrario: per un paradosso che a rigor di logica appare inspiegabile, accade che paesi come la Svezia, in cui gli anticoncezionali sono d’uso comune, abbiano un numero di aborti tra i più alti in Europa, e che complessivamente il livello degli aborti stenti a diminuire, o addirittura aumenti. I comportamenti umani, più che rispondere a una ferrea razionalità, seguono i processi di adattamento culturale; la banalizzazione dell’aborto, che viene proposto come un "diritto", lo rende sempre meno una scelta consapevole, e sempre più un’opzione automatica, svuotata di risvolti etici. Gli elementi di conflitto, come la realtà dell’eliminazione dell’embrione o del feto, le sue sofferenze, la sua stessa presenza, tendono ad essere oscurati, ridotti ad argomenti indicibili o marginali. Nella scelta di abortire, sempre più "l’altro" è assente, è un fantasma a cui non si deve alludere, per non aumentare il disagio e il dolore della donna.
Non credo che questa sorta di eufemismo delle coscienze porti a una vera riduzione del danno per le donne che abortiscono, al massimo a una rimozione, a una clandestinità del conflitto emotivo. Il processo culturale di banalizzazione ha però conseguenze di altro tipo: per esempio permette che i nuovi metodi anticoncezionali si avvicinino sempre più alle pratiche abortive, fino ad annullare ogni distinzione. La stampa salutava ieri l’int roduzione in Italia, ancora in via sperimentale all’Ospedale Sant’Anna di Torino, della RU 486 (la pillola abortiva) come una conquista femminile, un nuovo "abortirai senza dolore". Più che altro si tratta di un aborto meno costoso per le strutture sanitarie pubbliche, perché praticabile in day hospital, ma molto pesante per le donne. La RU 486 viene somministrata insieme ad antidolorifici, sotto stretto controllo medico, perché non è certo priva di controindicazioni. Ma non è questo il solo problema. Si continuano ad infliggere ferite all’idea di maternità, insistendo su metodi contraccettivi che ne bistrattano e svalorizzano il senso. Aborto e contraccezione si confondono fino all’indistinzione: pillola abortiva, pillola del giorno dopo, pillola contraccettiva… Difficile operare vere distinzioni tra ormoni che impediscono l’impianto, che provocano l’espulsione dell’embrione, o che impediscono l’ovulazione. Un nuovo metodo, in fase di sperimentazione clinica, dovrebbe impedire l’impianto grazie alla risposta immunitaria a una proteina prodotta dall’embrione: si chiama vaccino anti-hCG, o immunocontraccezione: dal rischio di maternità, come da quello del vaiolo, ci si potrà vaccinare. La contraccezione abortiva non solo mira ad utilizzare forme di aborto "leggero" come mezzo di controllo delle nascite, ma, mascherandone il significato di morte, rende l’aborto, non solo di fatto, ma anche sul piano simbolico ed etico, un anticoncezionale come gli altri.




http://www.stranocristiano.it/news/news_0511/roccella_050911.htm

LA PILLOLA ABORTIVA E' FALSO CHE SIA FACILE E COMODA!

Il Foglio 18.11.2005

RU 486, l'equivoco più difficile da dissipare

Il falso dilemma fra "aborto amichevole" e aborto colpevolizzante

Eugenia Roccella

C’è un terribile equivoco, nel dibattito sulla Ru486, che non si riesce a dissipare, e che è già un segnale di vittoria per chi sostiene le meraviglie della pillola abortiva. Favorevoli e contrari partono dall’ingannevole presupposto che l’aborto chimico sia facile e indolore: in fondo non si tratta che di mandare giù una pillola. Come sulla procreazione assistita, si propone un’inedita e simbiotica alleanza tra medici e donne, che implica di fatto un affidamento cieco delle seconde ai primi; in un attimo si cancellano anni di pensiero critico femminista sulla medicina, di controinformazione, di abitudine al vaglio dei dati e alla verifica delle pratiche sul nostro corpo.

L’autodeterminazione femminile, a cui tanti si appellano (spesso a sproposito), non può cominciare che con il controllo in prima persona dell’informazione medicoscientifica. Solo grazie a questo ostinato equivoco, una studiosa sensibile come Claudia Mancina può chiedere, sul Riformista di ieri, se “lo scandalo dell’aborto deve essere pagato col dolore fisico, l’umiliazione, i disagi della degenza ospedialiera”, e se “il gesto di rifiutare una gravidanza deve avvenire nel sangue e nel pericolo”. Ma è proprio l’aborto chimico che avviene nel sangue (le emorragie sono molto più lunghe e abbondanti), che presenta rischi ancora ignoti (quattro donne morte di shock settico in due anni nella sola California), che provoca nausee e dolori assai più gravi (tutti i rapporti, anche quello del dottor Silvio Viale, il supersostenitore della Ru486, concordano su questo punto). Tanto che il 70 per cento delle donne che hanno assunto la Ru486 all’interno di una sperimentazione dell’Oms, ben lontane dall’apprezzare sofferenze e paure solitarie, lo rifarebbero esclusivamente in ospedale.

La Food and drug administration americana, a soli cinque anni dall’autorizzazione del mifepristone, è già stata costretta a modificare le avvertenze sul foglietto illustrativo e a emanare una seconda, più allarmata, comunicazione, mentre l’inchiesta sul caso californiano della morte della diciottenne Holly Patterson presenta tuttora molti lati oscuri. E moltissime inspiegate stranezze emergono dalla storia del farmaco, in fase di sperimentazione e di commercializzazione.

Come scrivono i genitori di Holly, nella lettera aperta riportata sul Foglio di mercoledì, “non esistono rimedi veloci o pillole magiche per interrompere una gravidanza”. Dire il contrario significa illudere l’opinione pubblica e creare un dilemma inesistente e tutto ideologico tra aborto buono, amichevole, e aborto cattivo, colpevolizzante. Il risultato di questa impostazione sarà che insieme alla Ru486 entrerà la sottovalutazione culturale e simbolica dell’interruzione di gravidanza, non tanto come insostenibile leggerezza del gesto e maggior ricorso all’aborto, ma come solitudine femminile. La conquista della libera scelta si rovescia nella condanna a una responsabilità solitaria, in mezzo a medici irresponsabili, maschi irresponsabili, società irresponsabile. Nessuno vuole avere a che fare con l’arcaica e terribile carnalità dell’aborto, nessuno ne vuole condividere il peso: trasformarlo in procedura asettica e astratta è una soluzione che maschera e nega sia la violenza esercitata sul feto sia quella sulle donne. E’ l’aborto (illusoriamente) ripulito, infiocchettato e rispedito al mittente. Care donne, è roba vostra, l’avete voluto, tenetevelo voi. Anche quando l’interruzione di gravidanza si svolgeva nella clandestinità vigeva una forma drammatica ma incoercibile di libera scelta, sia pure espulsa dalla parola pubblica e confinata tra le segrete “cose di femmine”. Oggi, con un’operazione di candeggiatura dell’immaginario, che rimette a nuovo la consapevolezza sociale, ancora una volta solo nel segreto si saprà del sangue e della pena: la macchia non c’è più, non si vede a occhio nudo.

Poche storie, una pillola, un bicchier d’acqua e via. Soltanto in questa banalizzazione, tutta a carico delle donne, consiste la “facilità” della procedura chimica, e in nient’altro. Come non insospettirsi, del resto, dell’improvvisa accensione di interesse per la kill pill da parte di ginecologi obiettori? Non c’è solo il professor Garzarelli del San Paolo di Savona; a Otto e mezzo il dottor Srebot di Pontedera confessa con orgoglio che tanti obiettori gli hanno telefonato per sapere come ottenere il mifepristone. Si conferma quello che i movimenti per la salute della donna hanno sempre sostenuto, cioè che l’obiezione ha costituito spesso una risposta di comodo, dovuta a scelte di opportunità più che di coscienza. Il problema etico, con la Ru486, rimane inalterato. A cambiare è il coinvolgimento della struttura sanitaria, il grado di impegno dei singoli operatori e dei reparti di ostetricia e ginecologia, finalmente sollevati dalla responsabilità dell’intervento abortivo. Per questo l’intera classe medica si affanna a ripeterci che l’aborto chimico è facile, e che bisogna assolutamente introdurlo per il bene delle donne.



http://www.stranocristiano.it/news/news_0511/roccella_051118.htm

MEGLIO L'OSPEDALE CHE LA Ru486

Il Foglio 16.11.2005

Meglio l’ospedale di quell’inferno”

Ombre e dolore sulla kill pill (e gli effetti collaterali si moltiplicano)

Assuntina Morresi, Eugenia Roccella


Roma. La RU486, la pillola abortiva, sembra avere un merito: aver convertito alcuni medici obiettori. Su Repubblica di ieri, il dottor Salvatore Garzarelli dell’ospedale San Paolo di Savona, che ha chiesto alla Asl di sperimentare il farmaco, proclama: “Aiutare le donne è un mio dovere”. Nessuno chiede all’intervistato perché il semplice fatto che l’aborto sia effettuato con una tecnica diversa faccia crollare all’improvviso le sue obiezioni “di coscienza”.

La verità è che la classe medica vede, nella RU486, la propria liberazione (non quella delle donne) dalla “tristezza infinita” degli aborti. Con la nuova tecnica non si compromettono carriere, non si impegna la struttura sanitaria, non si immobilizza la sala operatoria, non si candida il proprio reparto a farsi carico della massa di interventi abortivi. Il coro è univoco: la RU486 è sicura, semplice, rivoluzionaria per la salute delle donne.

Eppure, dietro la “kill pill” si addensano ambiguità irrisolte. Poco si sa, in Italia, delle quattro giovani donne morte in meno di due anni in California, tutte per shock settico dovuto a infezione da Clostridium Sordellii, contratta immediatamente dopo la somministrazione della pillola abortiva. Lo ha confermato lo scorso quattro novembre la Food and Drug Administration (Fda). Perché solo in California? Adesso anche la Fda è costretta a chiederselo, ma la risposta non c’è. E’ forte il dubbio che queste morti siano state diagnosticate solamente laddove cercate, e quanto è successo in California dovrebbe far riflettere i medici travolti da improvvisa passione per una tecnica abortiva che, dati alla mano, appare meno sicura per la salute delle donne delle attuali procedure disponibili, e consente enormi profitti a pochi produttori farmaceutici.

Vediamo con ordine i fatti americani. Nel settembre 2000 la Fda permette l’aborto chimico, autorizzando l’uso del Mifepristone. Si scatenano proteste e contestazioni, che vengono formalizzate nel 2002 con una durissima petizione in cui la Fda è accusata di aver seguito un protocollo accelerato, destinato solo a farmaci salvavita per la cura dell’Aids, del cancro e della lebbra, e di aver sottovalutato gravi complicanze, alcune della quali letali, sopravvenute durante la sperimentazione. Nel settembre del 2003 muore a San Francisco Holly Patterson, 18 anni: uno shock settico immediatamente successivo all’aborto chimico, con una dolorosissima agonia di alcune ore. I genitori iniziano un’azione legale per l’accertamento delle cause di morte, e delle effettive responsabilità del farmaco abortivo. Nel 2004 la battaglia dei Patterson ottiene un primo, notevole risultato: cambiano le avvertenze sul foglietto illustrativo. La Fda comunica che “le nuove informazioni ricordano agli operatori della salute che infezioni batteriche serie e sepsi possono avvenire senza i segni usuali dell’infezione, come febbre e debolezza”. E’ del 19 luglio 2005 la seconda comunicazione della Fda, dopo ulteriori monitoraggi sul farmaco: “La Fda è consapevole che negli Usa quattro donne sono morte di sepsi (grave malattia causata da infezione del sangue) dopo un aborto medico con Mifeprex e misoprostol. La sepsi è un noto rischio legato a ogni tipo di aborto. I sintomi in questi casi non sono stati quelli usuali della sepsi. Non sappiamo se è l’uso del Mifeprex o misoprostol a causare queste morti. I pazienti dovrebbero contattare immediatamente un operatore professionale della salute se hanno assunto queste medicine e sviluppato dolore allo stomaco o disagio, debolezza, nausea, vomito o diarrea, con o senza febbre, per più di 24 ore dopo aver ingerito misoprostol”. Pochi giorni dopo, il 26 luglio, appare l’anteprima on line di un articolo del “The Annals of Pharmacotherapy” a firma Ralph Miech, Professore di Farmacologia Molecolare, Fisiologia e Biotecnologie della Brown Medical School. Sostiene che fin dal 1992 alcuni studi suggeriscono che il Mifepristone potrebbe predisporre ad infezioni dovute a contaminazioni batteriche, suscettibili di progredire in shock settici. E’ un’ipotesi che merita di essere verificata, soprattutto dopo la conferma recente della Fda che a causare i quattro decessi da shock settico sono state infezioni riconducibili allo stesso batterio, e senza febbre. I più recenti studi a carico di singoli gruppi di ricerca nazionali insieme alle sperimentazioni portate avanti dall’Oms, evidenziano come la RU486 non sia affatto il metodo più sicuro e meno doloroso per interrompere una gravidanza, e anzi sia necessario un rigoroso follow-up da parte dei medici.

Soprattutto parlano le donne che lo hanno fatto, e che hanno riversato sulla Danco centinaia di segnalazioni spontanee: perdite di sangue molto abbondanti e di maggior durata rispetto a quelle registrate per aborto chirurgico, maggior frequenza di dolori uterini, vomito e diarrea, ma anche febbre e esantema. In uno studio della Oms pubblicato nel luglio 2004 si fa presente che circa il 10 per cento delle donne sottoposte a sperimentazione si è sottoposta a ulteriori visite di controllo rispetto a quelle programmate, e di queste il 15 per cento è dovuta poi ricorrere al ricovero ospedaliero, soprattutto per trattamenti di gravi emorragie, che hanno compreso anche trasfusioni. Il 70 per cento delle donne oggetto della sperimentazione ha dichiarato che, nel caso di un ulteriore aborto medico, sceglierebbe l’ospedale. La grande maggioranza delle donne che ha assunto la pillola abortiva, insomma, lo rifarebbe solo se garantita dalla permanenza in una struttura sanitaria, come peraltro richiede la 194.

http://www.stranocristiano.it/news/news_0511/morresiroccella_051116.htm

MUORE PER ABORTO CON LA Ru486

Il Foglio 16.11.2005

Nessuno ha saputo salvare Holly, 17 anni. Ritirate quella pillola

Lettera di due genitori per la figlia morta di RU486

Quando Holly Patterson si è sentita male, i genitori erano all’oscuro del fatto che si fosse rivolta all’Ippf per abortire. Secondo le leggi della California, una minorenne (Holly aveva allora 17 anni) non può partecipare a una gita scolastica senza il consenso dei genitori, ma può abortire in perfetta solitudine, senza comunicarlo a chi è responsabile per lei. Holly aveva scelto (o le era stato suggerito) l’aborto chimico. Forse avrà pensato che fosse più facile, come si sente dire; soprattutto avrà pensato che così poteva tornare a casa subito. Nella sua stanza, da sola, ha ingerito la seconda pillola, il misoprostol, e subito dopo sono cominciati i dolori. La sua agonia si è conclusa in clinica, dietro una tenda che la isolava, mentre la famiglia, impotente e sconvolta, ancora faticava a capire quello che stava succedendo. I genitori di Holly, però, non si sono rassegnati, e non solo hanno iniziato una dura lotta per mettere fuori legge la RU486, ma il 6 novembre 2003 hanno scritto una lettera aperta ai media, in cui raccontano la loro storia e denunciano la pericolosità dell’aborto chimico.

Gentili signori e signore, il rapporto dell’Alameda County Coroner ha ratificato la verità che già sapevamo. Holly è morta a causa di un aborto chimico provocato dalla RU486. Non esistono rimedi veloci o pillole magiche per interrompere una gravidanza. La nostra famiglia, gli amici, la nostra comunità è profondamente addolorata, e per sempre segnata dalla morte, tragica ed evitabile, di Holly (…). Holly era una ragazza forte, intelligente, in buona salute, che è rimasta vittima di un processo che l’ha perduta, a cominciare dall’uomo di 24 anni che ha avuto con lei rapporti non protetti, l’ha messa incinta, e ha collaborato a mantenere segreti la sua gravidanza e il suo aborto. In questa cospirazione del silenzio, la sicurezza di Holly è stata affidata alla pillola approvata dalla Fda e somministrata dalla Ippf al pronto soccorso del Valley Care Medical Center, dove le hanno dato antidolorifici, mandandola a casa. Sabato e domenica Holly si è lamentata di dolori gravi e di crampi, permettendoci di confortarla ma senza dirci cosa realmente era accaduto. Il 7 settembre 2003 alle 17 ha ceduto allo shock settico ed è morta.
Holly non era una ragazza sola, disamata, senza protezione o appoggio; aveva una grande famiglia disposta ad aiutarla, nella sua breve vita e nella sua tragica morte. Adesso possiamo ricordarla e dividere la memoria dei suoi scintillanti occhi azzurri, del suo sorriso coinvolgente, della sua determinazione e della sua grazia gentile, che sollecitava il nostro naturale istinto di proteggerla e amarla, ma non riusciremo più a dimenticare i suoi ultimi momenti, quando era troppo debole per parlare e poteva appena stringerci la mano, in risposta ai nostri incoraggiamenti (…). Come genitori, non possiamo permettere che la morte orribile della nostra bellissima Holly avvenga invano.
La Fda ha fallito nella sua missione di assicurare che la RU486 sia un farmaco abortivo sicuro (…) La RU486 non dovrebbe nemmeno costituire un’occasione di divisione tra “Pro Choice” e “Pro Life”, tra chi è per la vita e chi è per la scelta: il primo problema dovrebbe essere la salute e il benessere dei nostri figli e delle giovani donne. Noi speriamo che tutti i genitori imparino dalla tremenda morte di Holly e dalla nostra perdita. Secondo i laboratori Danco, che distribuiscono la pillola abortiva, la RU486 fallisce nel 7/8 per cento dei casi. Più di un anno fa la Fda ha ricevuto 400 rapporti su reazioni negative al farmaco, inclusi numerosi decessi. Holly dunque è soltanto un’altra vittima, sottoposta a un inaccettabile rischio, grazie a un farmaco che ha significativi tassi di fallimento. Chiediamo che il commissario della Fda Mark Mc Clellan e il segretario della Human Services Tommy Thompson tolgano immediatamente la RU486 dal mercato, e che si svolga un’inchiesta esauriente, prima che altri genitori soffrano e altre donne muoiano. Oltre ai pericoli connessi al farmaco, crediamo che le strutture sanitarie non siano pienamente preparate a valutare e trattare i pazienti in situazioni di emergenza dovute a complicanze da pillola abortiva. Holly è stata due volte in ospedale ed è morta 20 minuti prima dell’appuntamento con i medici previsto dalla Ippf.
Abbiamo perso nostra figlia, Holly, ma crediamo di poter almeno aiutare ad evitare che terribili tragedie come la nostra colpiscano altre famiglie. La memoria e lo splendore di Holly vive nei nostri cuori, tra i familiari e gli amici, e nel nostro impegno.


Monty e Helen Patterson

http://www.stranocristiano.it/news/news_0511/holly_051116.htm

GIULIANO FERRARA: LA PILLOLA Ru486

Il Foglio 12.9.2005

L'RU486 ovvero: l'infanticidio non sarà che un aborto a nove mesi

Giuliano Ferrara



L'appello referendario a trattare l'embrione di un essere umano come un'appendice dei nostri desideri ha raccolto il consenso di un elettore su quattro a metà giugno. La cosa potrebbe non avere un grande valore, perché su simili questioni in linea di principio non ci si dovrebbe contare: l'etica pubblica non è un'appendice della politica e della statistica elettorale, è piuttosto cultura e pensiero per i non credenti, religione e fede per i credenti. Ed è angoscia esistenziale per tutti, o dovrebbe esserlo. La decisione su vita e morte di un essere umano concepito richiederebbe altre procedure che non il consenso della maggioranza. (Per esempio un potere affidato ai "saggi", indipendente in modo rigoroso dalle pulsioni della politica di massa. Fino a ieri si tutelava con le Authority indipendenti e sovrane come Bankitalia perfino la moneta o la stabilità delle banche, valore superiore ad ogni altro nel mondo contemporaneo; e sulle tasse non è ammesso referendum per chiari motivi di conflitto di interessi in seno al popolo elettore. Esistono dunque le procedure che sottraggono alla volatilità dell'opinione le cose ferme, le questioni importanti: ma quella della vita è evidentemente e stranamente meno importante della vita del denaro).



Si chiamano non a caso guerre culturali, quelle che riguardano la persona umana e il suo statuto di fronte alla comunità e allo stato, e non campagne elettorali. Però è significativo che a settanta giorni dal referendum sull'embrione, l'ospedale Sant'Anna di Torino abbia avviato la sperimentazione dell'aborto chimico a mezzo della pillola Ru486, banalizzando e incentivando per via tecno-farmacologica la soppressione di una vita embrionale nascente e gettando nel solito cestino dei rifiuti, oltre a un numero dato di vite che non contano, anche un numero accertato di scelte referendarie e di argomenti pro embrione che evidentemente non contano anche se sono stati contati accuratamente.



Ma lasciamo da parte il tema del consenso, e consideriamo la sostanza della cosa. I difensori della Ru486, che consente l'evacuazione dalla vita alla morte di un embrione umano senza intervento chirurgico, dunque senza anestesia e altre sgradevoli invasività, per così dire "serenamente", riformulano lo stesso superargomento a testata multipla impiegato nel referendum sull'embrione, e battuto dal voto. Dicono: è in gioco la salute delle donne. Dicono: bisogna rendere più facile l'aborto nell'interesse delle donne e del loro corpo. Dicono: decide chi accoglie o non accoglie dopo avere concepito, e chi ha da venire è in caso negativo un frutto già appassito di un atto d'amore andato a male, il suo diritto è nullo di fronte al dovere di assecondare il nostro desiderio. Dicono perfino, rimescolando di nuovo bizzarramente etica e turismo, questa volta non riproduttivo ma antiriproduttivo: così nessuna donna sarà più costretta ad andare all'estero per procurarsi la Ru486 e rimediare senza sforzo alle conseguenze non volute di un impollinamento indigeno. Cazzo, per fare figli o per eliminarli sempre all'estero ti tocca andare.



In realtà la salute non c'entra con l'allegra sperimentazione del Sant'Anna, perché niente è insalubre come un aborto, chimico o chirurgico. Niente è insalubre come espellere nel sangue non un figlio, si chiama parto, ma la negazione di un figlio, si chiama aborto. Insalubre per il corpo di una donna, per la vita di una società, per la psiche o anima degli individui, per una intera civilizzazione. Salubre è una nascita conseguente un atto d'amore. La vera questione è ideologica, lo sappiamo: ne va della libertà sessuale; ne va della separazione tra sesso e riproduzione, pubblicamente assistita e predicata come virtù sociale piuttosto che empiricamente perseguita nel privato come limite profilattico della virtù personale; ne va del potere femminile sulle pretese del patriarcato. Sul piano religioso, lasciamo da parte il creazionismo e i comandamenti, in fondo siamo devoti ma laici. Basta pensare che nell'ondata di girotondismo neodarwiniano si afferma, perché non lo si può impunemente negare, che anche il maestro dell'evoluzionismo e della selezione naturale delle specie considerava una curvatura biologica mica male, quasi un disegno intelligente, il nesso tra piacere e riproduzione fissatosi in non so quanti milioni di anni di storia naturale del vivente.



Il gentile ginecologo dell'ospedale torinese che sta aprendo la strada all'aborto chimico, il dottor Silvio Viale (meglio noto, al fronte pro-life piemontese, come dott. Morte, ndr) annuncia garrulo su Repubblica l'alto numero di aborti non traumatici possibili d'ora in poi in Italia per suo merito («ne sono felice»), si mette con baldanza verde (verde?) e radicale (radicale? diritti dell'uomo?) sulla scia della Francia, che introdusse nel 1988 la Ru486 e da trent'anni garantisce la fabbricazione seriale di duecentomila aborti l'anno, e degli Stati Uniti, già a quota centomila con la sola pilloletta. Complimenti. Ci rivediamo quando anche la cultura laicista e neosecolarista avrà capito che l'aborto legale nacque legittimamente solo per sottrarre le donne all'aborto clandestino, non per rendere più facile l'aborto (affermazione, questa di Ferrara, non condivisibile, nè corrispondente ai reali intenti degli abortisti anni '60; e comunque non legittima l'accoglimento in un ordinamento positivo del principio della liceità dell'uccisione di persone innocenti o del fatto che non potendo proibire l'aborto, allora, sia meglio renderlo sicuro; ndr). Ci rivediamo quando si sarà capito che la donna tedesca madre di quattro figli amorevolmente allevati, che ne aveva fatti e seppelliti altri nove, in buche con fiorellini nel giardino di casa sua, non è un'assassina seriale, ma un rigorosa abortista del nono mese. Differenza quantitativa, non qualitativa.


http://www.stranocristiano.it/news/news_0511/ferrara_ru.htm

IL FOGLIO: LA PILLOLA Ru486-PERICOLI

Il Foglio 14.1.2006

Di che cosa parliamo quando diciamo aborto chimico

Tutte le morti da Ru486. Solo una pillola, “il metodo meno invasivo”

Assuntina Morresi



"L’interruzione è andata bene e la paziente stava bene. La notte la paziente è andata in un night club. Si è lamentata di un dolore alla gamba, mal di testa, e del cuore in affanno. Ha avuto un collasso al night club ed è stata ricoverata in ospedale. La paziente è morta più tardi, la notte del sabato o la domenica mattina. L’amico, che era con lei al night club, ha dichiarato che la donna non aveva bevuto né preso farmaci. L’ostetrica ha ricevuto una chiamata dal coroner, che sta investigando sul caso. L’autopsia ha rivelato un litro di sangue nello stomaco della paziente e due ulcere gastriche. Il coroner ha preso in considerazione i farmaci utilizzati per l’interruzione della gravidanza, che potrebbero aver causato un problema cardiaco ed eventi trombotici”.

Sembra l’incipit di un horror movie, ma è uno dei 607 “eventi avversi” a seguito dell’aborto con la pillola Ru486 e segnalati spontaneamente alla Food and drug administration (l’ente americano preposto alla registrazione dei farmaci) fra il 2000 e il 2004. Il decesso descritto è avvenuto in Gran Bretagna. Tra i 607 casi si contano anche le morti di una sedicenne, in Svezia, per emorragia, e di tre americane: una per gravidanza extrauterina (la Ru486 non la interrompe ma ne maschera i sintomi) e due per shock settico. E ci sono altre due morti americane e una canadese per shock settico, e una in Francia per problemi cardiaci, per un totale di nove.

I 607 casi sono stati analizzati in un articolo pubblicato sugli Annals of Pharmacotheraphy, disponibile in rete. L’accesso è libero, può applicarsi alla lettura anche Silvio Viale, il ginecologo radicale che ha avviato la sperimentazione della pillola abortiva all’ospedale di Sant’Anna a Torino e che lo scorso 29 dicembre sulla Stampa denunciava “la malafede di chi insiste sugli aspetti negativi della Ru486. Peccato però che… non siano mai stati rilevati decessi o conseguenze devastanti per la salute della donna”. I decessi ci sono invece stati. E sono documentate almeno centinaia di emorragie, alcune gravissime, che in 42 casi hanno messo in pericolo di vita le donne. Altre quattro donne – di cui una quindicenne – sono sopravvissute a uno shock settico, mentre in 43 casi di infezione, iniettando una massiccia dose di antibiotici, si è scongiurato l’esito letale. 513 sono stati gli interventi chirurgici, quasi la metà d’urgenza. Tutto questo, solo negli Stati Uniti.

“Il tasso allarmante di morti di donne giovani e in salute nel Nord America deve essere attentamente esaminato prima di un uso generalizzato di questi farmaci nei paesi in via di sviluppo.”: lo scrivono a proposito della pillola abortiva due medici francesi dell’Hospital Cochin di Parigi, sempre sugli Annals of Pharmacotheraphy. Uno dei due è Didier Sicard, dal 1999 presidente del Comitato consultivo nazionale di etica francese, esperto di Aids e autore di saggi. Scrive Sicard: “Un recente caso fatale (in California) è stato quello di mia figlia di 34 anni, madre di due bambini, cinque giorni dopo aver preso mifepristone e misoprostol… è morta in poche ore per infezione e shock settico. Il giorno prima della sua morte ha avuto perdite di sangue, forti dolori addominali e capogiro… la mancanza di consapevolezza della gravità della situazione in questo momento è pericolosa”.

Sicard si dichiara preoccupato per la diffusione della Ru486 nei paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli africani, dove il tasso di infezioni batteriche genitali è alto e le strutture mediche scarse: teme “un significativo numero di morti” se non si rivedono le modalità d’uso della pillola abortiva. Suggerisce un uso sistematico degli antibiotici, prima, durante e dopo la somministrazione e l’assorbimento della pillola, e consiglia l’uso di un altro farmaco (corticosteroide) se si sospetta un inizio di shock settico. Questo sarebbe dunque “il metodo più semplice per interrompere la gravidanza”, come dichiarava ieri Carlo Flamigni sul Corriere, il meno invasivo rispetto all’aborto per aspirazione, che richiede pochi minuti?


Il Foglio 1.2.2006



I produttori della Ru486 non la registrano perché temono i controlli



Assuntina Morresi, Eugenia Roccella



Il 22 novembre scorso, Silvio Viale, il medico noto per aver avviato la sperimentazione della pillola abortiva Ru486 all’ospedale Sant’Anna di Torino, dichiarava: “Sembra un’epidemia… tutti a chiedersi come mai la ditta produttrice non abbia chiesto la registrazione del farmaco, insinuando che ci sia qualcosa di losco o di scientificamente poco valido”.

Perché, chiedeva accorato Viale, tanti sospetti nei confronti della Exelgyn, “piccola ditta nata con lo scopo di garantire la produzione di mifepristone”?

Gli rispondiamo subito. Contrariamente a quanto la campagna dei sostenitori dell’aborto chimico lascia capire, non esiste un divieto, un impedimento burocratico o legislativo che impedisca l’ingresso del farmaco in Italia. Semplicemente, la Exelgyn, che distribuisce la Ru486 in Europa, non ne ha mai chiesto la registrazione in Italia. Ai medici che vogliono proporre alle donne l’aborto chimico non resta che procurarsi i farmaci sfruttando le pieghe della legislazione, comprandoli all’estero o passando attraverso la finzione della sperimentazione.

Dopo i primi entusiasmi, accompagnati da roventi accuse al Vaticano o a Storace, tra i supporter della pillola abortiva si è creato un consistente imbarazzo. Più volte, infatti, è stato detto e scritto che l’iter per la registrazione italiana del farmaco era stato avviato, ma agli annunci non sono mai seguiti i fatti. Per settimane le notizie sulla Exelgyn si sono accavallate e inseguite fino a diventare ridicole: lo fa, lo sta per fare, l’ha già fatto, non l’ha ancora fatto ma lo farà. Alla fine, sulla questione è calato un velo pietoso di silenzio.

La citata dichiarazione di Silvio Viale si chiudeva con un invito ai giornalisti a chiedere direttamente alla Exelgyn i motivi per cui non promuove la procedura di mutuo riconoscimento per l’Italia. A noi il suggerimento è piaciuto, e l’abbiamo raccolto.

Il 15 dicembre abbiamo quindi inviato una prima mail con una serie di domande, che la Exelgyn ha ignorato. Due settimane dopo abbiamo mandato un cortese sollecito; dall’altra parte nessun segnale di vita. A tutt’oggi, la ditta non ha risposto, e ormai disperiamo lo faccia mai: il mistero sulla mancata richiesta di registrazione è ben custodito.

Nella lettera avevamo posto varie domande. Per esempio, perché l’azienda ha mai chiesto la registrazione del mifepristone all’Emea (l’ente europeo) come farmaco abortivo, ma solo per la sindrome di Cushing (una rara disfunzione endocrina); o perché non l’ha chiesta quando nel governo di centro-sinistra c’era un ministro come Veronesi, favorevole alla Ru486. Adesso il ministro Storace chiude i rubinetti che dall’estero rifornivano alcuni ospedali, sollevando grande indignazione.

Anche chi protesta dovrà però ammettere che comprare il farmaco in altri paesi non è una soluzione, come non lo è promuovere nuove sperimentazioni. L’unica sperimentazione effettiva è stata condotta dal ginecologo Giampiero Crosignani già nel 1988, a Milano, nell’ambito di una ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non si può dunque fingere di sperimentare all’infinito, né si può continuare a lambiccarsi il cervello su come ottenere la pillola di straforo. Forse sarebbe bene che i sostenitori dell’aborto chimico si appellassero pubblicamente alla Exelgyn, chiedendo i motivi di tanta pudica ritrosia.

Chissà che a loro l’azienda non risponda?

La verità è che la distribuzione della Ru486 è sempre avvenuta con modalità molto particolari, seguendo procedure d’urgenza, come negli Usa, o su richiesta esplicita dei governi, come in Francia. Lo ha ammesso lo stesso Viale, invitando le regioni a esprimersi ufficialmente in favore della pillola abortiva, nell’ottobre scorso: “Nel 2004 la ditta francese mi disse che avrebbe agito solo su richiesta italiana”.

Così il farmaco può evitare controlli accurati sui protocolli e sui criteri delle sperimentazioni. La Exelgyn infatti non teme – come qualcuno ha detto – i boicottaggi degli antiabortisti: non producendo altri farmaci, non c’è boicottaggio che possa produrre effetti peggiori della mancata distribuzione. E’ più probabile che tema le verifiche.

Solo in mezzo ai tamburi e alle fanfare ideologiche, o nel silenzio di un’accettazione acritica, l’aborto chimico può passare come facile e sicuro, e persino “dalla parte delle donne”. Le riviste scientifiche cominciano a pubblicare dati sugli effetti negativi, la scarsa sicurezza, la minore efficacia, le controindicazioni mediche e logistiche del metodo. Se si alzano voci discordi, se si diffonde un’informazione più seria, la commercializzazione del farmaco potrebbe subire contraccolpi anche nel terzo mondo, il mercato più vasto e promettente per la Ru 486.

Va detto che, grazie alle denunce di molti gruppi femministi e ad un vivace movimento d’opinione, il rifiuto nei confronti della pillola abortiva, a livello internazionale, sta crescendo. Domenica in Australia si è svolta la giornata contro la Ru486, e in un sondaggio è emerso che solo il 33 per cento delle donne australiane sarebbe favorevole all’aborto chimico.


Il Foglio 23.12.2005



Quattro morti da RU486. Ora lo scrive anche il New York Times



Roma. Anche il New York Times di ieri, dopo che su questo giornale lo aveva anticipato una settimana fa (“Ombre e dolore sulla kill pill, e gli effetti collaterali si moltiplicano”, di Assuntina Morresi ed Eugenia Roccella, Il Foglio del 16/11/05) ha dato ampio spazio alla notizia che sono diventate quattro, solo in California e solo dal settembre 2003 fino al giugno di quest’anno, le donne morte per shock settico provocato dall’uso della pillola abortiva Ru486. Quella, per intendersi, che medici come Silvio Viale del Sant’Anna di Torino o come Massimo Srebot dell’Ospedale Lotti di Pontedera presentano come il metodo più sicuro, indolore e “amichevole” per interrompere gravidanze indesiderate.

Il NYT prende spunto, come aveva fatto il Foglio, dall’allarme diffuso in una nota dello scorso 4 novembre dalla Food and drug administration statunitense. Che quattro decessi da Ru486 siano stati accertati solo in California dipende dal fatto che laggiù, nel settembre del 2003, è morta per shock settico da pillola abortiva la diciassettenne Holly Patterson, e che i suoi genitori hanno intrapreso una battaglia legale che ha portato, per ora alla modifica del foglietto illustrativo della Ru486 (che in America si chiama Mifeprex) e soprattutto all’attivazione di una rete di controllo sui suoi effetti.

Per questo è stato possibile far risalire all’assunzione della Ru486 le altre tre morti californiane per infezione letale da Clostridium sordellii. Dallo scorso 19 luglio la Fda (che ha escluso l’ipotesi di una contaminazione batterica della pillola venduta in California) raccomanda ai medici di verificare che le donne in procinto di usare la Ru486 non abbiano infezioni in corso. E ha annunciato che la valutazione dell’intera vicenda sarà fatta in un meeting organizzato con i Centers for Disease control and prevention federali per l’inizio del prossimo anno.


http://www.stranocristiano.it/news/news_0511/quattro_morti.htm